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Il mio libro 𝗧𝗘𝗖𝗡𝗢𝗖𝗢𝗡𝗦𝗔𝗣𝗘𝗩𝗢𝗟𝗘𝗭𝗭𝗔 𝗘 𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝗧𝗔' 𝗗𝗜 𝗦𝗖𝗘𝗟𝗧𝗔 condiviso per intero sulla Stultiferanavis. Molte emozioni sono oggi il semplice prodotto di reazioni chimiche. Ci si rivolge a medicine, pillole e cocktail vari per gestire le emozioni. Così facendo ci si affida a entità sconosciute dalle quali rifornirsi di quanto serve per dormire, eccitarsi artificialmente, fare sesso, curare depressioni e ansie, alimentare desideri, ma anche per un colloquio di lavoro o per un incontro organizzato attraverso una piattaforma digitale di dating. La chimica serve all’individuo a trovare nel privato l’eccitazione che manca. Viene usata da altri per contenerne o per canalizzarne l’eccitazione, l’euforia e le emozioni (vedi l’odio e la rabbia verso i migranti) pubbliche e politiche.


Frenare le emozioni ci riesce più o meno quanto trattenere uno starnuto. Possiamo sforzarci di dissimulare le emozioni e riuscirci in parte, ma non del tutto […] le emozioni possiamo educarle, ma non domarle e i sentimenti che abbiamo dentro sono una conferma del nostro insuccesso.”– Emozione e coscienza, Antonio R. Damasio


Emozioni chimiche digitali 

Chimiche sono anche molte delle emozioni che si sperimentano online e quelle generate artificialmente da macchine in grado di estorcere emozioni da chi interagisce con esse. Sia nella forma di piattaforme mediali che fanno da intermediatrici relazionali, sia di videogiochi costruiti per dare modo agli utenti di vivere esperienze relazionali virtuali con avatar digitali, usati come persone reali, anche emozionalmente. 

Le piattaforme di social networking e i media sociali in generale sono palestre per socializzare qualsiasi tipo di esperienza, comprese le emozioni[1].

La socializzazione è però omologata, immediata e automatizzata, favorita e controllata da automatismi, funzioni, schemi e processi algoritmici non individuali o personali ma privati, di proprietà delle società che possiedono le piattaforme tecnologiche. Su di esse la complessità delle emozioni umane si traduce in strategie comportamentali caratterizzate da irrazionalità (ἄλογος, privo di discorso o logos) ed elevata velocità, nella loro rappresentazione visuale in forma di semplici icone o emoji, di profili e altre entità digitali che possono essere codificate, standardizzate, semplificate e automatizzate dall’azione degli algoritmi. Delegando a questi segni e icone l’espressione e la manifestazione delle proprie emozioni si finisce per dare loro significati in qualche modo pre-codificato, definiti da componenti, codici software e logiche sviluppati da altri. 

Nulla di strano o di nuovo, le emozioni umane nascono sempre in contesti culturali, oggi anche tecnologici, prodotti dalle interazioni e dalle menti degli individui che compongono una società. Si trasformano nel tempo, possono essere autentiche o deformarsi in modelli di inautenticità che alla fine generano sentimenti negativi e infelicità. Possono essere emozioni ferite come quelle di cui parla Eugenio Borgna nei suoi libri. Ferite perché travolte dalla fretta e dal cinismo che caratterizzano molti degli universi paralleli nei quali viviamo. 

Le emozioni codificate dagli algoritmi sono finalizzate alla prestazione e alla produttività e come tali usate per dare forma a sentimenti di tipo cinico e utilitaristico. Come quelli che si sperimentano su piattaforme di appuntamenti online come Tinder, Bumble, Meetwo, Hinge e molte altre con le quali ci illudiamo di soddisfare i nostri desideri più reconditi legati alle nostre passioni[2]. Come novelli Don Giovanni diamo forma al nostro carnet di appuntamenti (“Madamina il catalogo è questo…”) con l’obiettivo di innamorarci ma in realtà siamo incatenati dentro logiche combinatorie gestite da algoritmi che programmano incontri sessuali e appuntamenti galanti così come nell’Ottocento gli aristocratici inglesi organizzavano incontri pomeridiani per il Tè, per pianificare i matrimoni futuri dei loro discendenti o per scalare socialmente da borghesi la società del tempo. 

Emozioni algoritmiche 

Le emozioni algoritmiche e artificiali sono diverse da quelle profonde e interiori che caratterizzano l’essere umano (Una macchina può innamorarsi? L’innamoramento di Samantha protagonista del film Her è un semplice esperimento macchinico senza alcuna interiorità) e che, come tali, agiscono in profondità, fanno perdere tempo, richiedono silenzio e capacità di ascoltarsi. 

Emozioni capaci di rompere il codice binario di stimolo e risposta permettendo le pause che servono alla riflessione cosciente. Emozioni che non nascono dalla possibilità di soddisfare immediatamente un impulso come quello che si può appagare con un incontro sessuale grazie a Tinder, ma che accompagnino un’esperienza più grande e sublime come quella che si sperimenta quando ci si innamora di qualcuno. Più che la soddisfazione immediata di un impulso meglio ricercare e ritagliarsi intervalli utili alla traduzione dell’emozione, delle parole e delle urgenze che l’hanno provocata, in sentimenti che diventino strumenti per stare bene, con sé stessi, nella relazione, anche fisica e non solo virtuale senza la presenza di un corpo, e il dialogo con gli altri.

Più che ricercare risposte continue e rapide alle molte domande che ci assillano potrebbe servire l’attesa, un modo per battere i ritmi dell’istantaneità permanente sempre proiettata nel futuro, rendendosi disponibili e predisponendosi a risposte non scontate e avvenimenti non prevedibili, ma soprattutto per riprendere possesso del proprio presente e viverlo intensamente. Fermarsi per a(u)scultarsi eliminando il rumore di fondo e il brusio elettrico delle interazioni digitali, è un modo per vincere la paura di restare soli che attanaglia molti abitanti della Rete. Permette di trovare il tempo e il modo di interrogarsi (le emozioni si innescano automaticamente, senza una decisione cosciente, le piattaforme tecnologiche lo sanno molto bene!), riscoprendo la ricchezza di cui ogni individuo è portatore, trovando sbocchi positivi ai propri sentimenti in modo da generare situazioni di benessere e felicità. 

I nuovi sentimenti nascono da emozioni capaci di cambiare, come direbbe il neurologo Antonio Damasio, l’omeostasi, “la capacità, comune a tutti gli organismi viventi, di conservare l’equilibrio biochimico necessario alla sopravvivenza“, e lo stato di vita dell’organismo umano. Questa omeostasi dipende anche dalle culture nelle quali siamo immersi, dalla nostra capacità di pensare criticamente e in modo perseverante, di fare delle scelte e prendere delle decisioni. Oggi queste culture sono anche tecnologiche, determinate da artefatti digitali dalla elevata forza socioculturale. La tecnologia in particolare è diventata l’invenzione umana più potente nel determinare l’emergere di omeostasi capaci di provocare benessere e felicità. 

Sta portando alla creazione di macchine super intelligenti ma non riuscirà a trasformare un’intelligenza artificiale in un’entità dotata di coscienza e di anima o in macchine empatiche capaci di emozioni. Non lo potrà fare perché le macchine tecnologiche, siano esse chatbot o algoritmi dotati di intelligenza artificiale, robot[3] o cyborg, non possono sentire, non hanno un corpo umano e non possono essere coscienti, almeno non ancora. Samantha, la protagonista virtuale del film Her, è una macchina perfetta, intelligente ed efficiente, sa apprendere e impara continuamente dalla sua relazione con Theodore. Samantha (Scarlett Johansson nel film) non ha corpo, non ha emozioni reali, solo fittizie, determinate da un algoritmo intelligente, simulate e copiate da quelle dei molteplici interlocutori umani con cui sperimenta l’arte dell’innamoramento (il povero Theodore è geloso che Samantha sia innamorata di quasi 700 utenti contemporaneamente).

Non sembra neppure avere alcun limite come hanno tutte le persone che nella vita reale sperimentano emozioni umane, filtrate dal corpo, faticose, conflittuali, capaci di fare stare male e spesso determinate dalla difficoltà del vivere quotidiano. Emozioni che non possono trovare soluzione in un semplice delete, perché troppo legate al ricordo di situazioni emotive vissute, autentiche e incancellabili, che non possono essere rimosse ma lasciano rimpianti e continui flashback sulle esperienze fisiche provate, sulle carezze e i baci, sui sentimenti collegati a una fisicità che mai potrebbe essere sperimentata con una semplice voce elettronica o un algoritmo autoreferenziale, programmato per soddisfare il narcisismo individuale così come le numerose solitudini nelle quali annaspano le vite di molte persone dell’era social e tecnologica. 

Macchine intelligenti e assistenti personali 

Dotate di intelligenza artificiale e reti neurali sintetiche, le macchine stanno diventando sempre più brave nel comprendere domande e nel fornire risposte. Lo sanno bene i possessori di assistenti personali come Amazon Echo con Alexa (solo nel 2018 ne sono stati venduti 90 milioni), Google Home, Sky Q, Mbux, Pepper, Cortana, o Siri, che si rivolgono a loro per evitare di scrivere e per soddisfare bisogni concreti come prenotare un ristorante o un taglio di capelli, di eseguire un brano musicale in auto o di inviare una e-mail all’Esselunga. Le macchine intelligenti crescono, si evolvono e parlano sempre di più e meglio ma non sono ancora in grado di comprendere i molteplici significati, le analogie e le numerose nuance del linguaggio umano. A un bambino basta lo schizzo di un elefante per riconoscerlo come tale, l’algoritmo dovrebbe acquisire migliaia di immagini per identificare un elefante per quello che è e per poterlo confrontare e distinguere (con altre immagini da caricare e confrontare) da altri animali. 

Gli algoritmi potranno diventare sempre più capaci nell’arte della simulazione, ma resteranno incapaci nel creare o dare forma ai sentimenti. Gli esseri umani al contrario sono dotati di un corpo (anche quello virtuale lo è, pur se virtuale e rappresentato da un profilo digitale ma l’assenza della corporeità fa la differenza), inscindibile dalla mente come la mente lo è dal corpo. Le emozioni derivano da un’azione, prima ancora che la mente ne sia coinvolta. Il sentimento che ne deriva è l’esperienza che qualcosa è stato messo in movimento con quell’azione. Le emozioni non possono essere facilmente domate o educate e caratterizzano il profilo emotivo delle persone, anche online. 

Su questa particolarità le piattaforme tecnologiche giocano oggi a dare forma a sentimenti in qualche modo manipolati, frutto del lavoro intelligente che molti algoritmi sanno fare. Giocano con sentimenti come l’energia e l’affaticamento, l’eccitazione e la tensione, l’equilibrio e la mancanza di equilibrio, il benessere e il malessere. Facile generare sentimenti di paura in persone paurose, sentimenti di soggezione in persone timide e con scarsa autostima o eccitare gli animi di persone facilmente eccitabili. Facile trasformare politicamente queste paure ed emozioni forti in condizionamenti della vita individuale così come dell’opinione pubblica. Facile perché la gente sembra essere diventata sempre più stupida, non solo nei social network ma come condizione standard nella quale galleggia anche tanta mediocrità e superficialità. Una maggioranza di persone, alle quali non sembra interessare alcun tipo di profondità (basta seguire per una sera uno dai numerosi Talk Show e prestare attenzione all’applausometro in azione) o di completezza dell’informazione, politicamente silenziose ma digitalmente molto rumorose, incapaci di riflettere criticamente per acquisire conoscenze e competenze, per appropriarsene e trarne vantaggio. Troppo impegnate a far circolare in velocità ciò che arriva loro, per ritagliarsi il tempo utile a controllarne la verità e a valutarne le emozioni che ha provocato. 

Emozioni e sofferenza 

Anche se le emozioni non possono essere cambiate radicalmente, possono però essere modificate.

Punto di partenza è la capacità di conoscerle nel loro venire a galla e manifestarsi, di cogliere i movimenti interiori da cui hanno origine, di sapersi addestrare a comprendere i sentimenti da esse generati e gli umori che ne derivano, di imparare a indagare le nostre azioni online, quanto siano utili per il nostro benessere e la nostra felicità, di diventare consapevoli sia dal punto di vista cognitivo sia da quello dei sentimenti ed emotivo. Un modo per riuscire a comprendere meglio origine e significato del dolore, della sofferenza e per individuare percorsi utili a porvi rimedio. 

Di sofferenza ha parlato il sociologo cileno Miguel Benasayag nel suo libro Passioni Tristi – Dalla solitudine contemporanea alla creazione condivisa. Secondo Benasayag la sofferenza genera sofferenza e tanto bisogno di comprensione. Per condividere il senso di impotenza del vissuto quotidiano che determina molta della sofferenza sperimentata, molti vanno alla ricerca di psicofarmaci ma anche di psicoterapeuti (cos’altro è oggi il politico Salvini?), consulenti, coach, persone percepite come abilitate a determinare cosa non funziona o è difettoso, cosa si è rotto, e a suggerire come e cosa usare per ripararlo. Altri si rivolgono a Her e pseudo partner simili, nell’illusione di dare forma, sostanza e significato a esperienze di vita che non riescono a vivere nella vita reale o ad emozioni che in essa sono diventate ingestibili. La speranza è di trovare l’amore, di sentirsi corrisposti, il risultato non è sempre quello desiderato.  

Molta sofferenza odierna nasce dal percepire l’artificialità crescente della propria vita, determinata dagli innumerevoli filtri tecnologici con cui sperimentiamo il mondo e abitiamo la vita. Questi filtri tendono a costruire realtà equilibrate (programmate) come risultato di semplici calcoli algoritmici e dei loro dati, semplificano ogni tipo di esperienza, nascondono la complessità del reale, trasformano l’ambiente virtuale codificato dal software nell’unico realmente esistente. Abitando queste realtà e adeguandosi ai loro meccanismi si finisce per allontanarsi da sé stessi, affidarsi a entità esterne con deleghe in bianco che, con la nostra complicità, interverranno a determinare i contesti in cui siamo inseriti a loro immagine e somiglianza. Una limitazione forte di libertà, un impedimento alla libertà di scelta e al provare emozioni vere. 

Di sofferenza individuale e di gruppo parlano anche psichiatri e psicanalisti come Vittorino Andreoli e Christopher Bollas che con i loro libri invitano a non sottovalutare quanto sta succedendo e a considerare gli effetti dell’era tecnologica per trarne qualche forma di insegnamento.

L’allarme da essi lanciato va oltre il fenomeno digitale, ma tiene conto di quanto la tecnologia abbia cambiato il modo di percepire la realtà, di relazionarsi a sé stessi e agli altri. Di fronte all’incertezza dei tempi, i social network sono diventati il luogo dove andare a ripararsi, nell’illusione di vivere una vita soddisfacente liberandosi dalle preoccupazioni del mondo reale, in modo da potersi dedicare a attività ludiche che tengano occupati il cuore e la mente. Il tutto senza mai porsi troppe domande ma agendo, come ha scritto Christopher Bollas: “da estensioni di tali oggetti [tecnologici] nello stesso tempo in cui questi oggetti lo sono diventati di noi”. E dimenticandosi che la vita di ognuno è un’esperienza continua di ricerca di libertà e verità resa possibile dalla potenza trasformatrice di ogni passione, comprese quelle che si sperimentano online. 

Indifesi e sempre coinvolti nel flusso costante delle emozioni, porsi delle domande aiuta a diventare consapevoli delle frequenti dissociazioni cognitive ed emotive che sperimentiamo. L’esempio più illuminante è quello dei passeggeri del metro, tutti connessi e chini sui loro display ma disconnessi dagli altri e incapaci di osservare il mondo che li circonda. Interrogarsi serve a differenziare tra loro i numerosi mondi multipli che abitiamo, valutarne la reale incidenza e consistenza nel favorire la vita interiore del Sé, quella che obbliga a fare i conti con sé stessi e a misurarsi con i vari gruppi sociali nei quali siamo inseriti socialmente. Gruppi fatti di persone reali, con un corpo, con personalità, contenuti, significati non riconducibili alla semplice comunicazione che caratterizza i mondi virtuali online. Persone vicine e non soltanto parte di una rete di contatti, persone con le quali interagire empaticamente, usando una comunicazione in grado di svelare e condividere la sfera personale del Sé, e di entrare in contatto con la complessità della sfera privata dell’altro. 

Il primo passo da compiere, non risolutivo ma fondamentale, è distogliere lo sguardo dal display, togliersi le auricolari dalle orecchie con le quali si dialoga con entità sintetiche e virtuali, smettere di parlare con Siri o Amazon Echo e interrogare un familiare o un collega, fare esperienza dei rumori, alzare lo sguardo verso l’alto o volgerlo all’ambiente circostante, spingerlo fuori da una finestra, per scrutare un tramonto o un plenilunio, un orizzonte e i suoi colori. E se possibile fare tutto questo in compagnia di qualcuno che ha appoggiato la testa, le mani o le braccia intorno alle vostre.

Indifesi e sempre coinvolti nel flusso costante delle emozioni, porsi delle domande aiuta a diventare consapevoli delle frequenti dissociazioni cognitive ed emotive che sperimentiamo.


 

Indice del libro

Premessa

  • Osare pensare
  • Una riflessione sulla tecnologia è necessaria
  • In viaggio
  • Qualcosa non funziona più
  • Andare oltre la tecnologia 

Introduzione

  • Un appello per scelte non binarie
  • Intelligenze artificiali e umane
  • Libertà di scelta come possibilità
  • Homo Sapiens: una evoluzione a rischio
  • Ruolo e criticità della tecnologia
  • Costruire narrazioni diverse
  • Menti hackerate e azioni da intraprendere

Tempi Moderni

  • Tempi irreali e mondi paralleli
  • Mondi virtuali, memi virali e contagiosi
  • Il ruolo che dobbiamo esercitare
  • In culo alle moltitudini 

Tempi tecnologici

  • πάντα ῥεῖ, tutto scorre
  • Il dominio delle macchine
  • Media digitali e dimensione umana
  • Leggerezza virtuale e pesantezza del reale
  • La realtà come gioco
  • Il grande inganno
  • Mettersi in cammino

Velocità e senso dell’urgenza

  • Il tempo tecnologico è viscoso e agitato
  • L’illusione del tempo presente
  • Immediatezza come registrazione
  • Il recupero della lentezza
  • Deleghe in bianco e scelte fuori dal coro
  • Potenza, vitalità e velocità delle immagini
  • Il tempo dimenticato

Immersi in realtà multiverso

  • Reale e virtuale convivono
  • Finzioni digitali e realtà
  • Multiverso lento
  • Via dalla pazza folla
  • Il ruolo delle emozioni 

Libertà di scelta ed emozioni

  • Emozioni chimiche digitali
  • Emozioni algoritmiche
  • Macchine intelligenti e assistenti personali
  • Emozioni e sofferenza

Siamo scimmie intelligenti?

  • Tecnologia strumento di libertà
  • Trasformazioni cognitive
  • Interazioni uomo-macchina
  • Esseri umani o burattini
  • Scimmie allevate per consumare 

Sentirsi liberi

  • Internet da spazio libero a mondo chiuso
  • Libertà perdute, libertà simulate
  • Libertà illusorie
  • Scelte binarie e libertà illimitata
  • La libertà non fa regali
  • Sapere di non sapere

Gli strumenti che servono

  • Strade accidentate e coraggio
  • Coltivare gli orti del pensiero
  • Pratica del silenzio e tempi lenti
  • Metterci la faccia 

Alimentare il dubbio

  • Dubitare ora dubitare sempre
  • Per dubitare serve una pausa

Gatti, asini e canarini, voliere, acquari e gabbie di vetro

  • Comportiamoci da gatti
  • Pesci in acquario
  • Le voliere di Twitter
  • La gabbia è di vetro ma riscaldata
  • Cambiare aria
  • Mura ciclopiche, barriere e porti chiusi
  • La metafora dell’asino

Attraversare la cornice del display

  • Oltre la cornice dello schermo
  • Contestualizzare la tecnologia
  • La potenza delle immagini che ci guardano
  • Perdere la vista

Interrogarsi sulla solitudine

Isolati nella realtà, soli online
Costretti a stare soli
Voglia di comunità e social networking
Consapevolezza e responsabilità
Solitudine e impegno

Il potere degli algoritmi

  • Attenzione distratta
  • Algoritmo maggiordomo ruffiano
  • Algoritmo invisibile ma non trasparente
  • Un algoritmo fintamente autonomo
  • L’algoritmo calcolatore
  • Ribellarsi all’algoritmo

Poteri forti e monopolistici

  • Poteri totalitari ma sorridenti
  • Fedeltà vado cercando
  • Tecnocrazie nichiliste alla ricerca di delega
  • Libertà, lavoro e diritti
  • Preoccuparsi è meglio che non farlo
  • L’esercizio politico della critica
  • Le chiese della Silicon Valley
  • La politica cinguettante
  • Fake news e analisi dei fatti

Le domande da porsi

  • Domande, domande, domande
  • Dipendenze e rinunce alle dosi quotidiane
  • Esercitare l’arte delle domande
  • Un elenco di domande possibili

Scegliere è difficile

  • Le opzioni della scelta
  • Difficoltà esistenziale della scelta
  • Scelte lenti e consapevoli
  • La libertà di scelta online
  • Scegliere la gentilezza 

Addestramento alla gentilezza

  • C’è bisogno di amicizia e solidarietà
  • Reti di contatti e reti amicali

Alcune considerazioni finali

Webgrafia/Bibliografia


Note

[1] Prendendo spunto dal libro di Damasio Emozione e coscienza, le emozioni possono essere primarie (gioia, tristezza, paura, rabbia, sorpresa e disgusto), secondarie o sociali (imbarazzo, gelosia, colpa, orgoglio, ecc.), di fondo (benessere, malessere, tensione, calma, scoraggiamento, entusiasmo, allegria, ecc.). Il termine emozione è usato anche per descrivere impulsi, motivazioni, stati di dolore e di piacere.

[2] Sul tema in un’intervista al filosofo sloveno Slavoj Žižek ho letto questa storiella: “Un uomo e una donna flirtano. Si danno un appuntamento, lui arriva nel suo appartamento con una vagina di gomma e lei lo aspetta con un vibratore di plastica. Non si toccano, attaccano i loro attrezzi meccanici a una spina elettrica e li osservano copulare mentre loro intanto prendono il tè parlando d’altro, magari di filosofia e di Hegel.

[3] “Il vero problema con i robot non è la loro intelligenza artificiale quanto la naturale stupidità e crudeltà dei loro programmatori.” (Yuval Noah Harari, 21 lezioni per il XXI secolo)

StultiferaBiblio

Pubblicato il 20 marzo 2025

Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – Co-fondatore di STULTIFERANAVIS

c.mazzucchelli@libero.it http://www.stultiferanavis.it

Prendendo spunto dal libro di Damasio Emozione e coscienza, le emozioni possono essere primarie (gioia, tristezza, paura, rabbia, sorpresa e disgusto), secondarie o sociali (imbarazzo, gelosia, colpa, orgoglio, ecc.), di fondo (benessere, malessere, tensione, calma, scoraggiamento, entusiasmo, allegria, ecc.). Il termine emozione è usato anche per descrivere impulsi, motivazioni, stati di dolore e di piacere.

Sul tema in un’intervista al filosofo sloveno Slavoj Žižek ho letto questa storiella: “Un uomo e una donna flirtano. Si danno un appuntamento, lui arriva nel suo appartamento con una vagina di gomma e lei lo aspetta con un vibratore di plastica. Non si toccano, attaccano i loro attrezzi meccanici a una spina elettrica e li osservano copulare mentre loro intanto prendono il tè parlando d’altro, magari di filosofia e di Hegel.

“Il vero problema con i robot non è la loro intelligenza artificiale quanto la naturale stupidità e crudeltà dei loro programmatori.” (Yuval Noah Harari, 21 lezioni per il XXI secolo)