“Dal punto di vista psichico, Internet consente una fuga sistematica dalla realtà. Perché viviamo in una realtà virtuale con varie personificazioni del Sé. I nostri doppi, ci consentono di parlare attraverso personalità alternative che consentono un coinvolgimento con l’altro online. Tuttavia, sebbene Facebook sembri mettere in mostra un Sé cristallino, di fatto offre soltanto semplici istantanee di coinvolgimento nel mondo reale.” - Christopher Bollas
Anche se non ce ne siamo accorti, siamo lo stesso coinvolti. Il mondo che conosciamo è diventato interconnesso e si è quasi tutto virtualizzato (il mio orto non ancora! Mi manca una APP!), non solo l’informazione e la comunicazione, ma l’economia, il mercato, le imprese, la socialità, l’arte, le professioni, le relazioni, i sensi e il corpo.
Il reale sembra scomparso o assumere le sembianze dell’apparenza, ma non è diventato più reale, meno falso o meno illusorio e ingannevole di quanto non lo sia il virtuale. Reale e virtuale convivono, si integrano e si compenetrano, partecipando entrambi al gioco interessante e potente dell’evoluzione umana. Come scriveva il filosofo francese Pierre Levy nel lontano 1995, nel suo libro Il virtuale: “Reale, possibile, attuale e virtuale sono quattro differenti modi di essere, ma quasi sempre in atto insieme, in ogni fenomeno concreto analizzabile”. Una riflessione critica sulla virtualizzazione del mondo in atto non può che partire dall’accettazione del ruolo che il virtuale ha assunto come forma di esistenza attuale e come forza dinamica di cambiamento. L’unico modo per partecipare attivamente alla trasformazione digitale in atto, per cercare di dettarne i passi e i ritmi, di dargli un senso e una direzione più umani, a partire dai propri saperi, dalle proprie conoscenze e soprattutto dalla propria capacità (si siamo ancora capaci) e volontà di pensare.
Reale e virtuale convivono
Abituati come siamo a passare dal reale al virtuale senza percepirne la differenza, forse non ci rendiamo conto di vivere in molteplici realtà parallele, dentro una specie di multiverso[1] (uno dei tanti possibili vista l’infinità dell’universo reale) composto da universi alternativi possibili (Brian Greene nel suo libro La realtà nascosta – universi paralleli e leggi profonde del cosmo, ne ha individuati nove, secondo Mersini-Houghton ne esistono 10 alla 500 universi), da noi abitati con quello che Sherry Turkle ha descritto come l’itself, un sé con cui oggi sperimentiamo in simultanea sia gli universi fisici sia quelli virtuali. Tutti ormai colonizzati da forze tecnologiche potenti e pervasive che agiscono come elemento ambientale (ossigeno) necessario per la vita sul pianeta Terra, come strumenti di interpretazione di una fase dell’evoluzione umana denominata Antropocene, e come mezzi relazionali per la socialità del terzo millennio.
Questi universi che oltrepassiamo attraverso sliding doors, spesso da veri e propri sonnambuli, coesistono e sono simili, ci obbligano ad adattamenti quotidiani continui, comportamentali, relazionali e cognitivi, con l’obiettivo di cercare di dare loro un senso. Non sono troppo diversi tra di loro e forse nemmeno infiniti[2], visto che l’unico universo che conosciamo è quello osservabile. Sono vissuti sempre più dentro le cornici di uno schermo che li trasformano in mondi chiusi, iconizzati, sovrapposti, sfogliabili e contigui, abitati con molteplici versioni di noi stessi in forma di profili digitali (semplici sequenze di bit). Sono mondi chiusi nella forma di gabbie di vetro, voliere di Twitter, acquari-mondo di Facebook, o gabbie di acciaio dell’automazione, caratterizzati da spazi circoscritti anche se sono percepiti da molti come globali, senza barriere e senza limiti.
Chiuso e lontano dall’essere infinito è l’intero universo digitale e virtuale. Noi terrestri digitali vi abbiamo trasferito da tempo le nostre residenze, per sostarvi numerose ore al giorno dopo averlo eletto a universo reale, accogliendo in esso assistenti personali, Chatbot, robot e macchine intelligenti come nostri fratelli e nostre sorelle.
Entrambe le tipologie di universi, virtuali e reali, non sono tra loro inconciliabili o in conflitto. Sono dominati da regole affini seppure differenti, appaiono confinanti e alimentati da scambi reciproci. Possono essere entrambi illusori o meno reali di quanto possiamo immaginare. Nel mondo digitale a creare l’illusione sono il potere visuale dei display e la potenza degli algoritmi. Nella realtà attuale, sono gli strumenti di cui siamo dotati come individui, a partire dal nostro cervello e dai nostri occhi. Tutti strumenti potenti e ingannatori, che ritornano delle medie e delle elaborazioni, sulla base di ciò che è stato percepito all’esterno del corpo e di ciò che il subconscio ha deciso di tenere in considerazione. Per esempio, ciò che sfugge al campo visivo della fovea dei nostri occhi e delle sue saccadi continue e ripetute, che trova un corrispettivo anche nelle modalità con cui si naviga online.
Finzioni digitali e realtà
Online ci alimentiamo di finzioni digitali trasformate in realtà, in un continuo gioco degli specchi che finisce per cancellare la distinzione tra ciò che è originale, la persona che ha creato un profilo Facebook e ciò che è una sua semplice rappresentazione, simulacro o avatar, il suo profilo digitale online. Nel mondo reale, che oggi comprende anche quello virtuale, ci illudiamo di vedere tutto in modo nitido perché crediamo che il nostro campo visivo coincida con quello che percepiamo.
Un grave errore! Paesaggi, panorami, contesti percepiti sono il frutto dell’attività del nostro cervello. Anche l’ampia gamma di colori che associamo alle nostre percezioni visive sono semplici elaborazioni e approssimazioni, a partire dai tre colori fondamentali che la retina dei nostri occhi è in grado di cogliere, il rosso, il verde e il blu. La stessa profondità dell’immagine deriva dalla collaborazione dei due emisferi cerebrali che elaborano quanto loro trasmesso dai due occhi, non a caso tra loro separati.
L’immagine sul display così come quella di un semplice panorama terrestre è una semplice riproduzione e rappresentazione del reale, una copia. Oggi sempre più frequentemente costruita e mediata tecnologicamente. Una mediazione di cui non siamo consapevoli come non lo siamo di quella del nostro cervello. Conviviamo con un’infinità di immagini, potenzialmente false e ingannatrici, i cui effetti piscologici, personali e sociali non siamo in grado di comprendere e valutare, soprattutto perché non ne conosciamo le cause. Immagini che alimentano le nostre esperienze personali, sociali e relazionali, con le quali amiamo però immedesimarci e convivere.
Dentro gli universi digitali, con una memoria volatile, menti mutate psichicamente e intrappolate nelle loro gabbie cognitive, trovare il tempo per una riflessione non è facile, in particolare se finalizzata a generare pensiero critico e controcorrente. Bisognerebbe imparare a bilanciare meglio il tempo digitale online con quello analogico offline o viverli entrambi come una infosfera[3], della quale fare esperienza con lentezza, prestando maggiore attenzione al proprio Sé, resistendo alle numerose sollecitazioni che provengono dai molteplici segnali dell’onlife[4] e delle sue numerose piattaforme e realtà.
La pratica della lentezza può aiutare a comprendere meglio quanto il multiverso infosfera si sia uniformato e omogeneizzato. La sua componente virtuale si sperimenta online ma quella reale è sempre più un ambiente tecnologizzato e automatizzato per la presenza di una miriade di oggetti fisici nella forma di reti wireless e loro apparecchiature, reti degli oggetti con i loro sensori, dispositivi vari, videocamere e sistemi di controllo, robot e macchine intelligenti. Sposando la lentezza si può sperimentare la frenata e la decelerazione, il distacco dall’urgenza del feedback immediato e istantaneo, e dalla ricerca forzata del consenso.
Multiverso lento
La tecnologia ci ha aperto le porte del multiverso offrendoci opportunità esperienziali diverse per viverlo. Farlo con lentezza permette di riconquistare il controllo della propria attenzione, di interpretare i segnali e i significati che emergono dallo scambio di messaggi e dalle conversazioni online, di superare la pigrizia indotta che spinge a soggiacere a automatismi tecnologici tendenti all’omologazione, nella forma manipolata della condivisione.
L’andamento lento serve a mantenere sempre attiva la coscienza
L’andamento lento serve a mantenere sempre attiva la coscienza sulla somiglianza degli universi che compongono il multiverso ma anche sulla loro diversità. Lo scambio di messaggi online non è come lo scambio faccia a faccia tra due interlocutori in carne e ossa. In rete il messaggio viene trasmesso attraverso canali digitali, non ci sono relazioni strette tra mittenti e destinatari. Nella vita reale il dialogo tra due persone cambia continuamente perché cambiano le espressioni, gli atteggiamenti e il modo stesso di interagire. Online molte sfumature che determinano il risultato di un dialogo, non sono percepibili e come tali non possono influire nel buon esito dello scambio che lo caratterizza.
Via dalla pazza folla
Il fatto che le nostre esperienze online siano trasparenti e condivise da molti evidenzia il livello di pressione oggi esercitato dalle piattaforme tecnologiche sul singolo individuo che, per non sentirsi escluso o espulso dalla comunità, tende a farsi moltitudine per seguire le orme dei più. La pressione è paragonabile a quella attrattiva della massa[5] di Elias Canetti, un’entità con una forza di seduzione alla quale è difficile resistere od opporsi. Una pressione esercitata per attrarre tutti senza esclusione, che si trasforma anche in un altro tipo di pressione, qualora qualcuno decidesse di resistere o abbandonare la massa per seguire strade diverse da quelle seguite dalla maggioranza dei suoi membri.
La massa vuole continuare a crescere, allargarsi e acquistare potere, tende alla densità e alla concentrazione, non vuole essere distratta dal suo cammino verso la destinazione che si è data. Ne è un esempio la massa (Canetti la paragonerebbe alla muta da caccia) che i leader sovranisti attuali alimentano in continuazione per tenerla aizzata contro i nemici da essi eletti a bersaglio politico per le loro mire di potere. Una massa, molto attiva in Rete, che non sembra interessata ad alcuna comunicazione razionale ma è alla costante ricerca dello spettacolo[6], dello sberleffo, della cattiveria verbale, seguendo stereotipi, simboli e segni sui quali non sente alcun bisogno di fare una riflessione in termini di significati ed effetti ma neppure sulla sostanza della socialità che sperimenta online e sul suo essere, in molti casi, semplice simulazione.
La mancanza di riflessione si traduce in un silenzio complice, rumoroso e politico su molti temi (verità e false notizie, etica, privacy, libertà, mercificazione delle persone, ambiente, disuguaglianza, e moltissimo altro) del dibattito pubblico che al contrario hanno bisogno urgente di confronto sociale e partecipazione reali, di approfondimenti e pensiero critico. Le informazioni non mancano, innumerevoli sono le fonti a cui fare riferimento per una falsificazione delle narrazioni correnti. Il surplus informativo e cognitivo di cui queste masse digitali godono dovrebbe permettere loro di attivarsi per una riflessione critica. In realtà, parafrasando quanto ha scritto Bradillard quasi quaranta anni fa, è vero il contrario. L’informazione disponibile non facilita la riflessione ma produce sempre più massa, non serve a dare forma e struttura all’informazione e alla comunicazione ma neutralizza e mediatizza qualsiasi cosa, creando masse inerti facilmente indirizzabili e disponibili a farsi manipolare online come offline. Masse capaci di digerire qualsiasi cosa senza reagire, adattandosi però a diventare potenti camere d’eco delle bestialità del momento, stupidamente felici di essere sempre coinvolte nei flussi della comunicazione e ignare di essere tagliate fuori dalle scelte e dalle decisioni del potere.
I primi a staccarsi o a resistere all’attrazione delle masse digitali fin qui descritte sono coloro che dubitano, che ragionano e pensano, che si interrogano sulla scelta da compiere dentro ognuno degli universi paralleli frequentati, sulla sua convenienza e utilità, che rivendicano spazi di libertà individuali e sociali per opporsi all’omologazione, all’indifferenziazione e alla massificazione. Chi dubita giudica e fa delle scelte, scegliendo fa delle differenze, trovatele assegna un significato e un senso a ciò che ha deciso di selezionare. La resistenza alla forza attrattiva degli universi digitali e alle sue piattaforme non nasce necessariamente da scelte razionali. Emerge e prende forma da emozioni incontrollate emergenti, dalla necessità di approfondimenti conoscitivi, dalla ricerca di senso, dall’esigenza di analisi critica dei messaggi, dei media e degli strumenti tecnologici utilizzati.
Tutto ciò conduce alla semplice razionalizzazione di qualcosa che è in realtà già emerso dal marasma di informazioni catturate dai sensi (anche dai sensori…) e da eventi in competizione tra loro per accaparrarsi le scarse risorse energetiche del cervello, sempre attento al risparmio di energia e in cerca costante delle scorciatoie che lo possano favorire. Il risparmio si traduce per molti nel rifiuto di elaborare una riflessione critica, nell’assuefazione e adattamento al medium usato, nell’assenza di pensiero, nella rinuncia a ricercare la verità, nell’accettazione e condivisione del senso e dei significati prodotti da altri. Per altri nell’esatto opposto, nella costante ricerca di una spiegazione e di comprensione di un mondo diventato e percepito come sempre più artificiale, perché basato sulla manipolazione digitale dei fatti e su tante false informazioni, sulle sequenze di bit, su oggetti e processi che tendono a nascondere la loro fisicità per presentarsi a noi in forma immateriale e digitale.
Grazie alle nuove tecnologie oggi possiamo sapere molte cose su di noi come esseri umani e pensanti. Conosciamo dove si agita la coscienza, dove si formano le parole, si sviluppano significati e analogie, il nostro procedere per tentativi ed errori, quali sono le componenti motorie, le dinamiche dell’apprendimento, il ruolo dei neuroni specchio, quello dei ricordi (come le connessioni sono assimilabili a link digitali) e molto altro. La mente però rimane ancora un grande e ostico mistero, che sfugge alla comprensione dell’essere umano e ai neurologi, alimentando ipotesi e teorie, immaginazione e curiosità.
Sappiamo che il nostro io è frammentato ma conosciamo ancora molto poco della nostra mente per poter comprendere cosa essa ci nasconda. Molte delle nostre scelte sono fatte in modo inconsapevole, spesso utilizzando solo una porzione limitata delle numerose informazioni di cui il cervello è in possesso. Conseguenza dell’evoluzione di esseri animali che non possono farsi sommergere da troppe informazioni, se vogliono sopravvivere o gestire con successo le emergenze. Le scelte associate a situazioni emergenziali raramente sono razionali, troppo il tempo di cui esse hanno bisogno, anche se valutabile in frazioni di secondi. A prevalere sono le emozioni, in genere molto veloci nel manifestarsi e nel determinare le scelte da fare.
Il ruolo delle emozioni
Le emozioni hanno un ruolo importante in ognuno degli universi paralleli che compongono il Multiverso nel quale ci muoviamo da pellegrini, su percorsi mai perfettamente ordinati e neppure assicurati. Nell’universo della vita reale permettono di districarsi rapidamente in situazioni problematiche o pericolose. In quello della vita online dettano semplicemente reazioni innestate e fagocitate da impulsi incontrollabili. In entrambi sono all’origine di comportamenti, scelte e decisioni che possono determinare la qualità della vita, il benessere personale e mentale, la sintonizzazione empatica, dialogica e relazionale con l’altro.
Sapersi districare tra emozioni e pensiero razionale non è semplice, in nessuno degli universi paralleli frequentati. Il rischio è di fare la fine del gatto di Schrödinger che, rinchiuso dentro una scatola-bunker insieme a un gas velenoso o a una bomba esplosiva con il 50% di probabilità di esplodere, non sa di essere vivo o morto finché qualcuno non aprirà la scatola determinando se è l’una o l’altra cosa. Nel chiuso del bunker il gatto può illudersi di essere entrambe le cose, non sentendosi forzato a ricercare un’unica alternativa.
Il gatto moderno può farsi incantare dalla dimensione del reale o perdersi dentro la realtà incorniciata di uno schermo, può viaggiare come viaggiavano i grandi esploratori del cinquecento e immedesimarsi nei viaggi del capitano Achab a caccia di Moby Dick o navigare le mappe virtuali di Google, può rischiare l’esperienza della vulnerabilità e del dolore che nasce dalle emozioni o rinchiudersi nel mondo virtuale che le manipola (lo ha dimostrato un esperimento di Facebook condotto su 700.000 persone) limitando la capacità di dare un senso agli eventi e alle emozioni.
Accettare di scoprire di essere vivi o morti e in quale universo ci si trovi è una scelta di verità. Irrazionale ed emotiva, oppure razionale e determinata da una riflessione critica.
La quantità di informazioni a cui si è esposti è elevata. Grande è anche la velocità e l’intensità che la caratterizzano catturando l’attenzione, tenendo prigioniere le emozioni e rendendo difficile esercitare la facoltà cognitiva della critica. Prima di scoprire se la bomba è esplosa o meno, il gatto che noi siamo ha la possibilità di distinguere tra ciò che è vero o falso, buono o cattivo, ma per farlo deve elaborare con intelligenza le tante informazioni ricevute, analizzarle dedicando ad esse il tempo non binario necessario, resistere “all’assalto emozionale sul cervello”[7], sfuggire alle camere dell’eco dell’auto-conferma, per poi recuperare una visione d’insieme, valutare in modo autonomo la propria esperienza, discriminare, scegliere e decidere criticamente.
O sperare semplicemente che qualcuno apra la scatola, scoperchi l’acquario o liberi dal chiavistello la porticina della voliera dell’uccellino (Tweet) cinguettante ma prigioniero!
Indice del libro
- Osare pensare
- Una riflessione sulla tecnologia è necessaria
- In viaggio
- Qualcosa non funziona più
- Andare oltre la tecnologia
- Un appello per scelte non binarie
- Intelligenze artificiali e umane
- Libertà di scelta come possibilità
- Homo Sapiens: una evoluzione a rischio
- Ruolo e criticità della tecnologia
- Costruire narrazioni diverse
- Menti hackerate e azioni da intraprendere
- Tempi irreali e mondi paralleli
- Mondi virtuali, memi virali e contagiosi
- Il ruolo che dobbiamo esercitare
- In culo alle moltitudini
- πάντα ῥεῖ, tutto scorre
- Il dominio delle macchine
- Media digitali e dimensione umana
- Leggerezza virtuale e pesantezza del reale
- La realtà come gioco
- Il grande inganno
- Mettersi in cammino
- Il tempo tecnologico è viscoso e agitato
- L’illusione del tempo presente
- Immediatezza come registrazione
- Il recupero della lentezza
- Deleghe in bianco e scelte fuori dal coro
- Potenza, vitalità e velocità delle immagini
- Il tempo dimenticato
- Reale e virtuale convivono
- Finzioni digitali e realtà
- Multiverso lento
- Via dalla pazza folla
- Il ruolo delle emozioni
- Emozioni chimiche digitali
- Emozioni algoritmiche
- Macchine intelligenti e assistenti personali
- Emozioni e sofferenza
- Tecnologia strumento di libertà
- Trasformazioni cognitive
- Interazioni uomo-macchina
- Esseri umani o burattini
- Scimmie allevate per consumare
- Internet da spazio libero a mondo chiuso
- Libertà perdute, libertà simulate
- Libertà illusorie
- Scelte binarie e libertà illimitata
- La libertà non fa regali
- Sapere di non sapere
- Strade accidentate e coraggio
- Coltivare gli orti del pensiero
- Pratica del silenzio e tempi lenti
- Metterci la faccia
- Dubitare ora dubitare sempre
- Per dubitare serve una pausa
Gatti, asini e canarini, voliere, acquari e gabbie di vetro
- Comportiamoci da gatti
- Pesci in acquario
- Le voliere di Twitter
- La gabbia è di vetro ma riscaldata
- Cambiare aria
- Mura ciclopiche, barriere e porti chiusi
- La metafora dell’asino
Attraversare la cornice del display
- Oltre la cornice dello schermo
- Contestualizzare la tecnologia
- La potenza delle immagini che ci guardano
- Perdere la vista
- Attenzione distratta
- Algoritmo maggiordomo ruffiano
- Algoritmo invisibile ma non trasparente
- Un algoritmo fintamente autonomo
- L’algoritmo calcolatore
- Ribellarsi all’algoritmo
- Poteri totalitari ma sorridenti
- Fedeltà vado cercando
- Tecnocrazie nichiliste alla ricerca di delega
- Libertà, lavoro e diritti
- Preoccuparsi è meglio che non farlo
- L’esercizio politico della critica
- Le chiese della Silicon Valley
- La politica cinguettante
- Fake news e analisi dei fatti
- Domande, domande, domande
- Dipendenze e rinunce alle dosi quotidiane
- Esercitare l’arte delle domande
- Un elenco di domande possibili
- Le opzioni della scelta
- Difficoltà esistenziale della scelta
- Scelte lenti e consapevoli
- La libertà di scelta online
- Scegliere la gentilezza
- C’è bisogno di amicizia e solidarietà
- Reti di contatti e reti amicali
Note
[1] Il multiverso è sia un concetto fisico sia filosofico. In fisica il multiverso è una ipotesi (legata alla teoria delle stringhe, e dell’inflazione caotica) controversa che postula l’esistenza di universi coesistenti al di fuori del nostro spazio-tempo, universi paralleli. In filosofia indica la pluralità dei mondi simili alla Terra e vede tra i suoi sostenitori antesignani Giordano Bruno. La vera fortuna il termine multiverso l’ha però trovata nella fantascienza e nella letteratura fantastica. In questo e-book il concetto viene usato, nella sua potenzialità di multiverso simulato, per inglobare nell’esperienza umana i mondi virtuali come se fossero mondi paralleli a quelli reali. Non siamo ancora in grado di simulare online un intero universo come il nostro, ma i mondi virtuali che frequentiamo possono essere una prima espressione degli universi che arriveranno.
[2] Stephen Hawking è stato uno dei sostenitori dell’esistenza del multiverso e sosteneva che i vari universi paralleli di cui sarebbe composto sarebbero governati da leggi fisiche tra loro simili. Prima di morire, insieme a Hertog, ha però formulato l’idea che il multiverso non sia una realtà infinita come molti fisici continuano a pensare e che la gamma di possibili universi che lo popolano sia limitata.
[3] Concetto usato da Luciano Floridi nel suo libro La quarta rivoluzione per descrivere l’ambiente iperstorico tecnologico e fondato sui dati e sull’informazione nel quale siamo oggi immersi. “L’infosfera indica l’intero ambiente informazionale costituito da tutti gli enti informazionali, le loro proprietà, interazioni, processi e reciproche relazioni. È un ambiente paragonabile al, ma al tempo stesso differente dal, cyberspazio, che è soltanto una sua regione, dal momento che l’infosfera include anche gli spazi d’informazione offline e analogici.”
[4] Onlife (online life) è un neologismo coniato da Luciano Floridi per indicare l’esperienza basata sulla ricerca di un equilibrio offline e online, tra reale e virtuale, tra vita online e vita reale, tra umano e macchina. Onlife è riferito all’identità e alla costruzione del Sé, ma serve anche a suggerire l’abbandono di concetti dicotomici non più in grado di raccontare la realtà dell’infosfera attuale. Onlife suggerisce la necessità di una riflessione più approfondita sulla realtà tecnologica attuale, senza cedere a nessun tipo di ideologia tecnofobica o tecnofila.
[5] Il riferimento è al libro Massa e potere di Elias Canetti: “… la massa non si sente mai sazia. Fin quando resta un uomo non ancora catturato da lei, essa mostra il suo appetito… la massa manterrebbe il suo appetito anche quando avesse assorbito a sé tutti gli uomini”.
[6] Concetto ripreso dal libro del 1978 di Jean Bradillard All’ombra delle maggioranze silenziose ripubblicato recentemente da Mimesis
[7] Citazione da un articolo di Berardi Bifo