Sonila Gruda nasce a Shkodër, in Albania. Per proseguire gli studi in psicologia si trasferisce in Italia, a Genova, dove inizia a frequentare la relativa Università.
Successivamente al conseguimento della laurea magistrale, svolge il tirocinio presso il Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura (SPDC) presso l'ospedale San Martino in cui fa affiancamento ai colloqui con i pazienti ricoverati.
Prende parte al gruppo di discussione casi clinici, al gruppo di discussione per la ricerca “Sogni dei pazienti” e poi al Consiglio Nazionale delle Ricerche, per il quale segue un progetto che studia le caratteristiche desiderabili e/o accettabili per un robot dedicato all’assistenza delle persone della terza età, con conduzione di interviste strutturate.
Si occupa in queste stesse sedi di ricerca su intelligenza artificiale e assistenza. Nel tempo libero scrive racconti e poesie, sin dall’adolescenza, con i quali vince alcuni concorsi.
Si innamora della fotografia che diventerà nella sua vita stabile hobby e passione.
Collabora con alcune riviste in Albania e in Italia per cui scrive diversi articoli e saggi nei quali tratta varie tematiche, dall'attualità, psicologia, le neuroscienze, la domotica, l'intelligenza artificiale, ecc.
Attualmente lavora come psicologa presso una RSA a Genova dove si occupa di Alzheimer.
Parole oltrepssate: [stu·pi·di·tà]
Stupidità s. f. [dal lat. stupidĭtas -atis, der. di stupĭdus «stupido»]. – 1. letter. Stato di torpore, insensibilità o sbalordimento, causato da condizioni fisiche o morali: [il succo del papavero] Lene serpendo per le membra, acqueti A te gli spirti, e ne la mente induca Lieta stupidità (Parini). 2. Lo stesso, e più com., che stupidaggine, per indicare scarsità o mancanza d’intelligenza: ha dato prova di grande s.; la s. degli altri mi affascina, ma preferisco la mia (Ennio Flaiano); la s. di un discorso; ma meno com. con sign. concreto, cioè detto, azione, comportamento non intelligente: dire, fare una s.; è stata una s. non accettare l’incarico. (Treccani.it)
Parole oltrepassate: [stra·niè·ro]
Stranièro agg. e s. m. (f. -a) [der. del lat. extraneus «estraneo, esterno»; cfr. il fr. ant. estrangier, der. di estrange «estraneo»]. – 1. a. Di altri paesi, di altre nazioni: emigrare, andare esule in terra s.; imparare una lingua s., le lingue s.; avere una pronuncia s.; parlare con accento s.; usi, costumi s.; respingere ogni ingerenza s.; un popolo s., i popoli stranieri. In partic., riferito a persona, che appartiene per cittadinanza a uno stato estero, ma che gode dei diritti civili attribuiti ai cittadini dello stato, a condizione di reciprocità e nell’osservanza di norme contenute in leggi speciali: i turisti s. in Italia; frequentissimo in questo sign. come sost.: i diritti degli s.; la condizione giuridica dello s.; università per stranieri. Per estens., appartenente a cittadini stranieri: beni s. in Italia; formato di elementi stranieri: la legione s. (v. legione, nel sign. 3). b. Con connotazione ostile, alludendo a popolazioni nemiche o comunque avverse e odiate: eserciti s.; l’invasione, l’occupazione s.; languire sotto il dominio s.; anche come sost.: essere soggetti agli s., oppressi dagli s.; spesso al sing. con valore collettivo: combattere lo s., cacciare lo s.; allearsi con lo s., passare allo straniero. 2. agg., letter. Estraneo: sentirsi s. in patria, in casa propria; Giovani madri che a s. latte Non concedean gl’infanti (Foscolo); quando la terra Mi fia s. valle, e dal mio sguardo Fuggirà l’avvenir (Leopardi). Meno com., strano: l’aria intorno avea di Sogni piena Di varie forme e stranier portamenti (Poliziano). (Treccani.it)
Parole oltrepassate: [per·fe·zio·nì·ṣmo]
Perfezionismo s. m. [der. di perfezione]. – 1. In psichiatria, tendenza nevrotica (generalmente di tipo ossessivo) che impedisce sovente all’individuo di attuare cose relativamente semplici perché il suo narcisismo e la sua autocritica, unitamente a uno scarso senso della realtà, spostano costantemente tale attuazione verso obiettivi ideali irraggiungibili. 2. Con sign. più generico, aspirazione a raggiungere, nel proprio lavoro o nella propria attività, una perfezione ideale non facilmente attuabile: il suo p. è esasperante; la direttrice ci ossessiona con un p. d’altri tempi. (Treccani.it)
Ğinn digitali, new era new prompt
Evocazioni invisibili