FOMO: La Generazione Sull’Orlo della Crisi Cognitiva

FOMO, sigla dell'espressione inglese Fear Of Missing Out, può essere tradotta in italiano come "timore di essere esclusi" o "ansia di perdersi qualcosa di importante". Questo fenomeno psicologico, riconosciuto ufficialmente nel 2013 con l'inclusione nell'Oxford English Dictionary, ci induce a confrontare costantemente la nostra esistenza con quelle che osserviamo online, portandoci a domandarci se queste siano più stimolanti e appaganti della nostra. Si manifesta come un disturbo d'ansia sociale che spinge gli individui a voler rimanere perennemente aggiornati sulle attività altrui, alimentando il sospetto che gli altri stiano conducendo vite più soddisfacenti e ricche di esperienze. Non va confuso con la semplice invidia, ma rappresenta un'autentica condizione di preoccupazione che genera un bisogno ossessivo di monitorare i social network e le comunicazioni digitali, come meccanismo di difesa contro la sensazione di esclusione.

Sulle orme del selvatico: una riflessione sul gesto e la conoscenza

La conoscenza, nelle organizzazioni, è spesso trattata come un bene archiviabile, misurabile, replicabile. Ma il sapere più rilevante – quello che guida le scelte, riconosce gli scarti, risponde all’imprevisto – emerge in contesti situati, attraverso gesti che integrano memoria ed esperienza. In questo articolo esploro un’analogia tra il gesto dell’osservazione naturalistica e quello della conoscenza operativa: due forme di attenzione che non si affidano al linguaggio esplicito, ma alla capacità di percepire relazioni, leggere segnali, agire con misura. Una riflessione sull’ecologia del sapere, per tornare a pensare le organizzazioni come sistemi viventi, non solo macchine informative.

Etiam capillus unus habet umbram suam. (Anche un singolo capello ha la sua ombra.)

Non ho mai capito se l’invidia sia davvero un’emozione o piuttosto un pensiero con pretese metafisiche. Essa non si accontenta di dolere, vuole spiegare, interpretare, insinuare un ordine delle cose in cui tutto – soprattutto il nostro malessere – abbia una ragione. E quella ragione, naturalmente, non siamo noi. Siamo stati danneggiati. Qualcun altro ha avuto ciò che, per una geometria astrale o per tacito accordo universale, spettava a noi. L’invidia è l’irruzione del destino in una casella sbagliata. È la percezione che il mondo, quel mondo che pur non ci era mai stato amico, ora si prenda pure gioco di noi.

De Ratione Scientiae Administrandae. Sul dovere del project manager di imparare di nuovo a pensare.

Non tutto ciò che conta si conserva, ma tutto ciò che vale si coltiva. È una differenza sottile, ma decisiva. Il lavoro quotidiano, nelle sue pieghe più ordinarie, ci trasforma. Ma cosa resta, se il fare si svuota del suo senso? Questo testo è un invito a guardare di nuovo — dentro il progetto, dentro l’organizzazione, dentro di noi. Non per trovare formule, ma per ritrovare connessioni. Scrittura, visualizzazione, relazione: sono strumenti per vedere meglio, non per semplificare. Perché ogni gesto, ogni parola, ogni documento può essere un atto di cura, oppure un'occasione persa. Sta a noi decidere.