3I/Atlas, l'Eternauta e il viaggiatore interstellare.

Malgrado ciò che l'uomo decide di fare di se stesso nel disporre della propria vita giorno per giorno, siamo esploratori. Lo siamo sempre stati. Se di una frase volessimo fare nostro prologo ed epilogo varrebbe la pena fosse: “Fatti non fummo per viver come bruti” poiché ci rappresenta come concezione del nostro Io. Com'è vero che da qualche parte ognuno di noi insegue il suo tesoro: esplorando la rotta maggiore nel suo personale grande blu.

SCINTILLA FLOTTILLA

Una riflessione, dalla pretesa filosofica, sugli eventi di questi giorni che hanno visto emergere con forza in Italia la voglia e la volontà di rompere la cornice dentro la quale sono quotidianamente, e anche violentemente, veicolate le narrazioni manipolatorie della realtà. Il tentativo è quello di provare (una forma di esercizio del principio speranza) ad assegnare all'iniziativa della Global Sumud Flottilla e alle manifestazioni che lunedì 22 settembre 2025 hanno riempito le piazze di Milano, l'anticipazione ela prefigurazione, forse, di quanto bolle in pentola e sta emergendo. Ho provato a paragonare l'evento (iniziativa) Flottilla alla scintilla. Nel farlo mi sono collegato a Elias Canetti e al suo libro, per me una bibbia da sempre, MASSA E POTERE.

Intervista ImPossibile a Gilles Deleuze (IIP #03)

AI e il desiderio di creare Gilles Deleuze (1925–1995) è stato uno dei filosofi più radicali e originali del Novecento. Tra le sue opere principali figurano Nietzsche e la filosofia (1962), Differenza e ripetizione (1968), Logica del senso (1969), L’Anti-Edipo (1972, con Félix Guattari), Millepiani (1980) e Che cos’è la filosofia? (1991). Il suo pensiero ha introdotto concetti chiave come il rizoma, il corpo senza organi, la deterritorializzazione, la critica alla psicoanalisi ed alla rappresentazione, e l’idea della filosofia come arte di creare concetti. Le sue analisi sul desiderio, sulla vita sociale e sulle “macchine” del capitalismo offrono ancora oggi strumenti utili per leggere e comprendere le tecnologie digitali. Che cosa direbbe oggi Deleuze, di fronte all’intelligenza artificiale?

Ritornare alla collettività

Un testo tratto dal mio ultimo libro 𝐍𝐎𝐒𝐓𝐑𝐎𝐕𝐄𝐑𝐒𝐎 -𝐏𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐮𝐦𝐚𝐧𝐢𝐬𝐭𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐥 𝐌𝐞𝐭𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨. - Il libro è nato dalla convinzione della necessità di una ribellione esistenziale. Nel libro ho fatto mie alcune domande filosofiche, su di esse ho provato ad argomentare, elaborando idee che possano essere utili per una maggiore conoscenza, comprensione e consapevolezza dei tempi tecnologici che viviamo. Le risposte alle mie domande le ho condensate nella proposizione di alcune pratiche umaniste elette a condizioni fondanti di un nuovo umanesimo planetario, fatto di umanità (humanitas come atteggiamento educativo, filosofico e culturale), mitezza, convivenza e cooperazione. Questo testo descrive una di queste pratiche umaniste.

HOMO HOMINIS DEUS

Un articolo tratto dal volume “Antropologia del sacro e delle religioni” (Fotograf Edizioni, ISBN 978-88-97988-69-4) nel quale un antropologo si pone alcuni interrogativi di fronte al fenomeno della fede e della teologia (o, meglio, delle teologie). Interrogativi da investigare perchè non bastano le risposte che ad essi vengono dati da teologi o studiosi di storia delle religioni.

Vertigine della soglia - Una intervista filosofica a Davide Susanetti

"Agire da folli. Sono d’accordo ed è una via che percorro. Si tratta del mantenersi in una postura interiore, di uno scioglimento di legami, continuando ad attraversare il quotidiano, ma evitando di cadere in quei meccanismi meramente reattivi, proiettivi e identificativi che sono l’esatto contrario di quanto è necessario alla divina mania [follia]. Tutto ciò può provocare, nelle relazioni come nel lavoro, incomprensioni, fraintendimenti, anche rotture. Si diventa e ci si rende, per più versi, “irriconoscibili”. Ci sottrae a quelle dinamiche che, sul piano meramente psicologico, appaiono così rilevanti. Essere riconosciuti, che l’altro mi riconosca, con tutto ciò che implica, su diversi piani, il riconoscimento. Per lo sviluppo di un bambino l’essere riconosciuto da uno sguardo che lo accoglie così come il riconoscersi allo specchio è una tappa evolutiva. Ma bisogna poi anche andare oltre al riflesso della superficie. Entrare nello specchio. "

"Vita interactiva" - Intervista a Pietro Montani

Un pregiudizio umanistico profondamente radicato in noi ci induce a pensare all’essere umano come a un ente dotato di alcune proprietà caratterizzanti che le tecnologie avrebbero il potere di modificare, nel bene e nel male. Un esame più accurato, tuttavia, ci porta a deporre questa visione ingenua e ad accettare il fatto che l’essere umano ha un rapporto costitutivo con le tecnologie di cui si è via via dotato e con le quali co-evolve potendo esercitare su questo processo un controllo solo parziale.

Ha ancora senso parlare di bello? Critica di una categoria in tempi di saturazione estetica

Che cos’è il bello oggi? Dalla Grecia antica a Kant e Adorno, fino all’epoca dei social media e della tecnologia digitale, il bello è stato messo in discussione, frammentato e ridefinito. Per Leonardo Da Vinci la bellezza nasce dalla percezione dell’imperfetto e dell’incompleto, ma oggi la tendenza a eliminare ogni limite attraverso filtri, correttori e algoritmi di perfezione trasforma il brutto in pessimo, cancellando la funzione generativa dell’imperfezione. Ha ancora senso parlare di “bello” come categoria critica, o resta soltanto come resistenza al degrado estetico e alla banalizzazione digitale?

Alla ricerca del senso nascosto: Vincent Halles e l’arte di collegare i frammenti

Ho incontrato per caso Vincent Halles su Medium. I suoi scritti mi hanno subito colpito per un approccio che assomiglia al mio: la ricerca ossessiva di connessioni tra ciò che appare sconnesso. Come me, Halles non si limita a leggere o archiviare, ma attraversa testi, culture e discipline—da Fernando Pessoa a Westworld, da Deleuze alle parodie di videogiochi—per far emergere fili inaspettati. Per entrambi, l’incompiuto non è una mancanza, ma la traccia viva di un pensiero che si interroga, si corregge, si rimette in discussione. Giurista di formazione ma mosso da una curiosità senza confini, Halles dimostra che collegare l’apparentemente inconciliabile non è un esercizio intellettuale fine a sé stesso, ma un atto di resistenza culturale. In un’epoca dominata dall’efficienza algoritmica, il suo lavoro—e, per certi versi, anche il mio—ci ricorda che la ricchezza del pensiero sta proprio nelle esitazioni, nelle deviazioni, nella capacità di sbagliare e ricominciare. È questa vulnerabilità, questa umanità imperfetta, il cuore della sua ricerca e, in fondo, di ogni autentico processo creativo.

Il gioco di prestigio di Turing. Computabilità al posto della complessità

Turing propone di leggere gli stati del mondo -complessi, caotici, non lineari- attraverso una 'macchina a stati discreti'. Questo è il senso della 'computazione'. La proposta finisce per essere un gioco di prestigio: risolvere i problemi impliciti nella 'calcolabilità' tramite la 'computabilità'; porre la simulazione al posto dell'osservazione; guardare i sistemi complessi tramite modelli che sono sistemi meccanici. Sostituire al mondo la rappresentazione del mondo proposta da una macchina detta computer.

Intervista ImPossibile a Hannah Arendt (IIP #01)

Hannah Arendt (1906–1975) è stata una delle più importanti filosofe politiche del Novecento. Ebrea tedesca, allieva di Heidegger e Jaspers, dopo l’esilio negli Stati Uniti ha pubblicato opere fondamentali come Le origini del totalitarismo (1951) e La banalità del male (1963), che hanno cambiato il nostro modo di comprendere il potere, il male e la responsabilità individuale. La sua riflessione sulla fragilità della democrazia, sul linguaggio politico e sulla libertà rimane ancora oggi un riferimento imprescindibile. In questa “intervista impossibile” proviamo a immaginare cosa direbbe Arendt di fronte alle implicazioni dell’intelligenza artificiale.

Ikigai: tracce di un concetto ormai perduto?

Il concetto di ikigai, la sua genealogia storica e filosofica, e il suo significato nella contemporaneità. Dall’analisi di Platone, Aristotele, Heidegger e Kamiya fino alla dimensione relazionale con il concetto di aïda, l’articolo esplora come l’ikigai possa ancora orientare la vita in un’epoca segnata dall’individualismo e dal frastuono digitale.

L'uso dell'Intelligenza Artificiale alla luce del metodo socratico

Il 'prompt' è la forma di dialogo che pone alla macchina domande strategiche per far nascere risposte e percorsi di significato che diventano rilevanti a livello di senso. "La crescita dell’informazione e la sempre maggiore eterogeneità del sapere superano ogni capacità d’immagazzinamento e di trattazione da parte del cervello umano", sostiene Edgar Morin. Per questo può esserci utile l'Intelligenza Artificiale Generativa. Il modo di proporre 'prompt' lo si trova già descritto da Platone nei dialoghi socratici. Consiste in fondo nell'uso di due tecniche essenziali in ogni linguaggio evoluto: leggere e scrivere. Meglio ancora: leggere e scrivere bene. Per usare la AI non è necessario niente altro che scrivere in modo sensato, sapendo dove si vuole arrivare, con ottima forma.

La tecnologia non è mai stata neutrale. Ha sempre modificato la nostra relazione col mondo

Un cambio di prospettiva non si farà con una rivoluzione né con un gesto esemplare (in qualche maniera Snowden non è la critica ma la realizzazione del panottismo liquido contemporaneo). Si farà solamente con una lunga negoziazione e presa di coscienza collettiva. Le buone pratiche devono essere reiterate. Ancora una volta è la vecchia filosofia ad avere ragione, perché è Aristotele ad averci insegnato il valore del fare e avere esperienza. Non vivremo in armonia con le macchine o con le nostre estensioni digitali (ci saranno nuove pratiche e nuove forme di digital labor) ma certo, nel lungo termine, avremmo sviluppato una migliore praxis digitale (e forse avremo imparato a far valere i nostri diritti). 𝑼𝒏𝒂 𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒗𝒊𝒔𝒕𝒂 𝒅𝒂𝒕𝒂𝒕𝒂 (𝒑𝒖𝒃𝒃𝒍𝒊𝒄𝒂𝒕𝒂 𝒔𝒖 𝑺𝒐𝒍𝒐𝑻𝒂𝒃𝒍𝒆𝒕 𝒏𝒆𝒍 2017) 𝒎𝒂 𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒕𝒆𝒎𝒑𝒐.

Perchè si viaggia? Meditazioni solitarie durante un bellissimo viaggio in Madagascar

𝐑𝐞𝐝𝐮𝐜𝐞 𝐝𝐚 𝐮𝐧 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐢𝐬𝐬𝐢𝐦𝐨 𝐯𝐢𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐢𝐧 𝐌𝐚𝐝𝐚𝐠𝐚𝐬𝐜𝐚𝐫, reso tale dall’itinerario proposto dall’agenzia (Kailas) alla quale mi sono affidato, dalla guida (Mirko) che ci ha accompagnato e guidato magistralmente per quasi sedici giorni, e dall’affiatamento del gruppo (Anna, Marina, Federica, Massimo, Daniela, Andrea, Stefano, Lidia) che si è creato fin dal primo incontro, ho deciso di provare a rispondere a una domanda: perché si viaggia? Una domanda che, nelle conversazioni di gruppo o individuali, è emersa più volte, suggerendo risposte che quasi mai sono state capaci di soddisfare l’interlocutore o l’interlocutrice che, di volta in volta, la domanda aveva posto.

La sfida della (auto)coscienza: intelligenza artificiale e produzione di senso

L'intelligenza artificiale contemporanea ci pone di fronte a interrogativi fondamentali sulla natura della mente e della coscienza. Dagli anni Ottanta, programmi come BACON di Langley, sviluppato per simulare la scoperta scientifica attraverso l'analisi di dati numerici, e SME (Structure-Mapping Engine) di Gentner, progettato per modellare il ragionamento analogico umano, hanno tentato di riprodurre computazionalmente funzioni cognitive complesse. Tuttavia, questi sistemi operano su rappresentazioni già strutturate, eludendo il problema cruciale di come la mente costruisca significato a partire dall'esperienza grezza. Questo articolo esplora l'ipotesi che l'autentica agenzia cognitiva richieda una funzione sintetica capace di unificare percezione e concettualizzazione sotto un'identità soggettiva. Attraverso l'analisi critica dei modelli computazionali attuali e il confronto con dispositivi meramente reattivi, argomento che il problema della coscienza artificiale non può essere risolto solo mediante l'incremento della sofisticazione algoritmica, ma necessita di un ripensamento radicale della natura stessa della soggettività e dell'esperienza cosciente.

La tecnoconsapevolezza che ci manca

La tecnologia è elemento paradigmatico di tante tendenze emergenti che sembrano indicare grandi cambiamenti all’orizzonte, molti impensabili e dei quali non siamo in grado di percepire la profondità e la carica dirompente. Veri e propri Tsunami futuri emergenti in via di formazione, come la crisi del sistema capitalista neoliberista attuale e quella ambientale. Nonostante la globalizzazione tecnologica renda tutti interconnessi e tutto correlabile, comprendere il mondo che si sta profilando all’orizzonte è diventata una missione complicata, forse impossibile, ma anche una nuova urgenza, una necessità.

Quel che resta dell'ozio. Riflessioni sul vuoto che non riusciamo più a abitare.

Tra gite pianificate, selfie obbligatori e checklist di vacanza sempre aggiornate, sembra che il tempo non ci appartenga più. Ogni momento è già assegnato a un’attività, ogni pausa è una piccola performance da documentare. Ma se occupiamo tutto lo spazio con il fare, che spazio resta davvero per il pensiero, per quell’ozio che non produce nulla se non la possibilità di pensare?

Il recupero di una coscienza critica è auspicabile ma impossibile da produrre

Viviamo tempi di alienazione ed estraniamento ulteriore dalla realtà. Per quanto artificiale e artefatta a causa delle convinzioni o credenze su cui si basa, con l’avvento dell’era digitale ci pone di fronte all’attacco più importante mosso alle nostre capacità cognitive. Le persone non sono preparate, ripiene di cumuli di sciocchezze e ridotti a meri consumatori, all’impatto della tecnologia sulla loro psiche. È come avere un televisore personale che ci portiamo sempre appresso e con quale crediamo di avere una relazione col mondo, ma non è così. Le APP di messaggistica sono lo strumento più importante di questo isolamento che porta le persone a credere di avere una relazione con qualcuno solo perché gli ha mandato un emoticon. - 𝑼𝒏𝒂 𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒗𝒊𝒔𝒕𝒂 𝒅𝒂𝒕𝒂𝒕𝒂 (𝒑𝒖𝒃𝒃𝒍𝒊𝒄𝒂𝒕𝒂 𝒔𝒖 𝑺𝒐𝒍𝒐𝑻𝒂𝒃𝒍𝒆𝒕 𝒏𝒆𝒍 2021) 𝒎𝒂 𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒕𝒆𝒎𝒑𝒐.