- Parole in forma di carezze [leggi qui]
- Il volto e le facce
- Sempre connessi mai congiunti [leggi qui]
- Persi dentro schermi magnetici e luccicanti [leggi qui]
- Ambienti digitali e forza delle parole [leggi qui]
- La ricchezza delle parole [leggi qui]
- Parole inflazionate, parole ricche di significati [leggi qui]
- Le parole dell’etica [leggi qui]
- Una riflessione necessaria [leggi qui]
- Oltrepassare come azione etica [leggi qui]
- Serve uno sguardo diverso [leggi qui]
- Alla fine del viaggio dentro le parole [leggi qui]
- Siate cauti con le parole [leggi qui]
“Ci sono parole importanti, di uso quotidiano, il cui significato nel tempo si è dilatato fino a diventare incerto, fino a renderle vaghe e prive di contorno, così che oggi, come i liquidi prendono la forma dei recipienti che li contengono, possono essere adatte a contesti diversi senza però significare più nulla di sicuro.” – Massimo Angelini, Ecologia della parola
“Sì, pensare non basta. Le parole non pronunciate diventano briciole, ci saziano per un istante ma si dimenticano altrettanto in fretta. Solo quando escono dalla bocca rivelano il loro valore… Però possiamo scriverle. Sì, ma allora occorre qualcuno che sappia leggerle […]”– Cucinare un orso, Mikael Niemi
“Lasciaci oltrepassare la gioia e il dolore - Lasciaci oltrepassare l’astio e l’affetto - Lasciaci oltrepassare le parole dure e quelle vane, le parole vuote dell’amoreLasciaci oltrepassare.” -- Abbas Kiarostami
“Non voglio parole che mi spieghino e nemmeno che sgroviglino né chiariscano. Non voglio parole che mi riempiano e nemmeno che mi facciano sentire sciocca e con poca scuola alle spalle. Non voglio parole che complichino senza un cuore al centro. Non voglio parole che si diano arie. Ho bisogno di parole leggere eppure capaci di sfamare e dissetare, parole che mi domandino tanto, tutta la testa da mozzare e un cuore ingenuo da allenare al passo delle bestie nella foresta, vigile e sempre a casa, eppure sempre in pericolo. Voglio parole disobbedienti ma anche candide. Parole capriole e parole solletico, parole lampi, fulmini e tuoni, parole aghi che cuciono e parole che strappano la stoffa del discorso.” Chandra Livia Candiani - Salutare le parole - articolo della rivista Doppiozero
Serve uno sguardo diverso
La ripartenza dopo l’intervallo comatoso determinato dalla pandemia e quello cancerogeno e patologico ascrivibile alla infodemia non può che partire da uno sguardo diverso sulla realtà, da una riflessione approfondita, personale e collettiva, etica e politica, sulle parole usate, nel tentativo di descrivere ciò che è successo provando a dare forma mentale, prima ancora che verbale, a ciò che succederà.
Il richiamo di uno sguardo diverso suggerisce di andare Oltre. Verso un Oltre-verso (μετά, meta, in greco), capace di comprendere anche le parole che lo raccontano. Rimanendo però sempre dentro contesti umani (il Nostroverso di Nausica), ibridati tecnologicamente ma non ancora modificati dai sogni transumanisti dei big della tecnologia. Personaggi come Elon Musk (“Voglio morire su Marte ma non schiantandomi all’impatto”), Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, Sundar Pichai, Satya Nadella, Peter Thiel e molti altri che stanno proponendo un oltre non più trascendentale e neppure utopico ma macchinico, oltremodo tecnico, automatizzato e programmabile nella forma di meta-realtà di cui non ci è dato conoscere né il codice né le finalità.
per andare oltre, verso un oltre-verso di cui abbiamo tutti bisogno serve uno sguardo diverso capace di comprendere anche le parole che lo raccontanoRauli Westerstrand
Un oltre ben diverso dai concetti a cui lo abbiamo associato in questo testo perché sacrifica il presente a futuri immaginari illusori e irreali dentro i quali l’uomo reale, in carne ossa, raccontato dai volti e dagli sguardi che si incontrano per una strada di paese o sulle metropolitane cittadine, finisce per confondersi con un uomo ideale(izzato) e digitalizzato, abitante di metaversi e realtà aumentate. Un uomo anch’esso aumentato ma forse per questo molto diminuito. Un naufrago che deve affrontare la tempesta da solo e naufragare da solo, la cui voce si perde nel vento, impossibilitato a identificarsi con le situazioni nelle quali è inserito, angosciosamente alla ricerca balbettante di un Altro che possa salvarlo traendolo a riva. Un naufrago che, ancor prima di annegare, muore per mancanza di comunicazione e di dialogo, per il nulla che arriva al suo udito, per la paura che nessuno ascolti la sua parola, per non riuscire ad ascoltarne l’eco vitale che altri potrebbero generare.
Lo sguardo complesso sulla realtà, da noi proposto nella pratica dell’Oltrepassare, suggerisce di sviluppare quello che Edgar Morin definiva come il “lavorare e pensare bene[97]” che riconosce la complessità umana e la necessità della vigilanza etica, nell’ottica della solidarietà e della responsabilità. Deve portare al recupero dell’attenzione verso l’Altro, alla congiunzione con esso, anche dentro i mondi virtuali della Rete. Deve spingere a ricercare l’empatia, applicare la simpatia per entrare in sintonia con gli altri, praticando sempre la generosità e la gentilezza, la compassione e la solidarietà, che con la responsabilità sono alla fonte dell’etica. Senza empatia, senza comportamenti empatici, senza la capacità di mettersi nei panni degli altri non c’è vita etica, c’è solo competizione.
grazie alla potenza della tecnologia l'uomo si sente oggi aumentato, in realtà e forse per questo un uomo diminuito, un naufrago
Guardare è volgere gli occhi per mettersi nella condizione di superare continuamente il vedere, di andare al di là dell’immagine, prendendone coscienza. Come ha scritto Lamberto Maffei nel suo Elogio della parola: “[…] nel vedere sono attivi i meccanismi del pensiero lento, soggetto a ripensamenti […] il vedere è parente stretto del parlare e in definitiva del pensare. Vedere, riflettere, Oltrepassare, rinnovare il nostro modo di pensare cogliendone le sue ricadute sulle cose del mondo, lavorare sul linguaggio e le sue forme attuali (social, digitali), sulle parole, è un compito diventato oggi necessario, indilazionabile. Un esercizio utile per contribuire a una ripartenza, alla mutazione culturale di cui abbiamo tutti bisogno per affrontare seriamente le crisi future in (tras)formazione che stanno emergendo, in primo luogo quella ambientale, per far emergere quanto serve e contribuire a un passaggio paradigmatico ormai inevitabile, per evitare quella che alcuni studiosi descrivono come l’Apocalisse in arrivo o la sesta estinzione.
Ripartire dalle parole significa (ri)scoprire la loro bellezza. Parole come tolleranza, uguaglianza, diritto, solidarietà, parole vaccinali e anticorpali contro l’epidemia di autocompiacimento con sé stessi che si alimenta con varianti virali in forma di narcisismo, egocentrismo e individualismo. Tanti segnali patologici che stanno segnando la decadenza della democrazia, mettendola a rischio e trasformandola in demagogia, della convivenza civile, uccidendo l’empatia e la disponibilità a aiutare gli altri, come (con)cittadini, oltre che come individui e persone.
Riscopriamo la bellezza di parole come tolleranza, uguaglianza, diritto, solidarietà, parole vaccinali e anticorpali contro l’epidemia di autocompiacimento con sé stessi che si alimenta in forma di narcisismo, egocentrismo e individualismo.
Molte di queste parole hanno perso il loro vero significato e sono state sostituite da altre che esprimono rabbia, odio, disprezzo e rancore. Utilizzate e coltivate dentro il mondo iperconnesso corrente, hanno finito per alimentare da un lato la negatività e il pessimismo, dall’altro la rinuncia a pensare con chiarezza, in modo positivo e creativo. È come se le parole avessero perso la loro innocenza e nel linguaggio usato si manifestassero “[…] i sintomi della discriminazione sociale, delle derive liberticide[98]”. Per questo “è necessario andarci piano con le parole, stare attenti alla facilità con cui ritornano quelle che credevamo dimenticate (ne è stata una testimonianza il dibattito sul fascismo dopo l’assalto alla sede della CGIL di Roma).
Bisogna ridare fiducia e dignità a queste parole, renderle contenitori trasparenti, rielaborandone i significati e riempiendole di nuovi contenuti, riadattati ai tempi della crisi e della post-pandemia. Di fiducia e dignità ha parlato anche Ece Temelkuran nel suo ultimo libro (2021) La fiducia e la dignità. Dieci scelte urgenti per un presente migliore. Un libro scritto da una donna coraggiosa pensato per ridare speranza attraverso immagini spezzate e ricordi, riflessioni personali e narrazioni, raccontati con un vocabolario di parole fragili che l’autrice propone per una loro riappropriazione (presa di coscienza) da parte di tutti. Sono parole semplici, accoglienti, amicali, oggi da riscoprire, parole etiche come accoglienza, dignità, attenzione, gesto umano, amicizia (da non confondersi con quella associata al MiPiace) e partecipazione.
Riprendersi le parole è un modo per scoprire che la realtà virtuale non ha cancellato quella fattuale, che le innumerevoli novità e magie generate dalle narrazioni e dalle mirabolanti promozioni commerciali online non sono neppure paragonabili con la magia della realtà. È nella realtà che germoglia la magia (“ogni giorno può capitarci di vedere un papavero che si fa strada nel cemento […]”[99]) anche quando abbiamo smesso di saperla cogliere e raccontare, in modi diversi da quelli omologati e ripetitivi delle immagini e dei selfie che alimentano Instagram.
Per scoprire questa magia bisogna avere la forza di abbandonare gli spazi felicitari, gratificanti e omologati delle piattaforme online, spazi spesso abitati fino a notte fonda per non dover affrontare la paura (... non bisogna avere paura della paura) che sempre genera la realtà fattuale, per non fare i conti con le reazioni che questa paura sempre genera dentro di noi. Da gestire con intelligenza e consapevolezza sono anche le serie televisive che hanno trasformato le utopie in distopie, impedendoci di cogliere ciò che di utopico dalla realtà sta già emergendo come apertura verso altri mondi possibili, alternativi e proprio per questo da vivere (e)utopicamente, anche individualmente. L’abbandono degli schermi passa attraverso l’accettazione e l’esperienza della paura, dal superamento dell’indifferenza verso l’Altro e dalla riduzione della distanza che, al tempo della pandemia, ci ha trasformati in greggi di pecore (con il dovuto rispetto per animali intelligenti e affidabili) alle quali è stato imposto di stare a due metri di distanza, e da tempo ci impedisce l’empatia, la carezza, il bacio e l’abbraccio incarnati. Tutte azioni mai impedite da una mascherina eticamente indossata!
bisogna avere la forza di abbandonare gli spazi felicitari, gratificanti e omologati delle piattaforme online
Riaffermare il valore delle parole, oltrepassarle, è un modo per ridare loro dignità, attraversandole nelle differenze di classe, di disuguaglianza sociale, di povertà che caratterizzano la realtà odierna e lottando per superare la disumanità, la crudeltà, l’indifferenza dei tempi bui che viviamo. Il buio non deve spaventare. Non è mai perenne anche se esteso su tutti gli ambiti del nostro vivere quotidiano. L’orizzonte non è necessariamente distopico, non è ancora uno Squid Game. Può essere speranza intesa come un tendere e andare verso, perché il futuro è sempre incerto, imprevedibile, non è ancora determinato, è una frontiera che si sposta sempre più in là, ma al tempo stesso è una nostra proiezione culturale. Potrebbe anche rivelarsi ricco di cigni neri, in forma di caso e opportunità, sempre se saremo in grado di cogliere l’attimo e abbandonare le strade battute, sperimentandone altre più incerte. Nella consapevolezza dell’impossibilità di determinare in anticipo situazioni ed eventi, neppure algoritmicamente.
L’orizzonte (il sol) dell’avvenire si può provare a costruirlo diversamente con scelte e azioni individuali anche contrastando le narrazioni illusorie dei social network che cercano, con le parole, di farci credere di essere tutti uguali, sempre liberi, felici e gratificati. Come ogni tecnologia, anche quella digitale ha il potere di modellare l’umanità. La modellazione è cognitiva e passa prevalentemente attraverso il linguaggio e la comunicazione. In entrambi a fare la differenza sono sempre le parole con i significati a esse assegnati. Alcune si trasformano in memi, altre vengono al contrario bandite come superate e obsolete, solo perché incapaci di generare traffico di MiPiace e influenze, di far aumentare la vendita di prodotti e il loro acquisto. Ma le parole, come i fatti, hanno bisogno di verità che, essendo fatta di parole, dipende alla fine dal fatto che qualcuno la voglia ascoltare. Ma la verità non sta dentro i MiPiace delle interazioni binarie e virtuali online. Emerge da ciò che si pensa e/o si sa, dalla disponibilità all’incontro con l’altro e al dialogo, dalla pratica del conoscersi meglio e sempre più a fondo, portando alla luce le proprie tesi usando in modo attento e creativo le risorse offerte dalle tesi dell’altro[100].
Continuiamo a parlare di parole ma in realtà parliamo sempre dell’Altro, del suo ruolo costruttivo del nostro Sé (“L’Io è un altro” “Je est un autre[101]”, non “Je suis” ma un io in terza persona, diceva Rimbaud), che nasce dalla sua capacità di generare stupore e spaesamento, di dare forma alla nostra identità come soggetto. Uno stupore impossibile attraverso l’esperienza di dialoghi virtuali dentro schermi tecnologici, mai in presenza e sempre confinati in spazi nei quali è difficile essere sé stessi, il linguaggio è condizionato, soffocato, e le parole sono impoverite, dentro narrazioni superficializzate.
contrastiamo le narrazioni illusorie dei social network che cercano, con le parole, di farci credere di essere tutti uguali, sempre liberi, felici e gratificati
Prigionieri di mondi chiusi come quelli delle applicazioni di social networking, domani potremmo ritrovarci tutti dentro mondi virtuali immersivi o Metaversi, per ogni tipo di attività quali riunioni lavorative, pratiche di socializzazione, per giocare, visitare negozi e partecipare a concerti o spettacoli teatrali, ma sempre indossando caschi, occhiali o elmetti per la realtà virtuale e/o aumentata capaci di mediare tecnologicamente la nostra percezione, interpretazione e relazione con la realtà. Tanti mondi chiusi ricreati, a partire dalla realtà fattuale, da visori per la realtà virtuale come quelli già sperimentati per dare alle mucche l’impressione di pascolare in prati rigogliosi, soleggiati e con tanto di cinguettii mentre in realtà si stanno ingozzando di cibi artefatti, chimicamente maleodoranti dentro una stalla. Una tecnologia che mira semplicemente alla produttività di più latte (27 litri al giorno, più 5 di quelli prodotti pascolando in un prato) e meno alla felicità delle mucche. Un esperimento che se funzionasse potrebbe spingere qualcuno ad assimilare le mucche agli umani e a sperimentare applicazioni simili finalizzate all’efficienza e alla produttività.
L’esperienza pervasiva di queste realtà tecnologiche per la realtà virtuale o metaversi vari, rende il recupero dello sguardo fisico verso l’Altro, la ricerca dell’incontro con il suo essere diverso e con il suo pensiero, un esercizio faticoso (anche per l mucche verrebbe da celiare). Lo sarà ancor più in un futuro fatto di esperienze umane simulate e ibridate con la tecnologia e con le sue macchine intelligenti. Ci richiede (-rà) l’abbandono sofferto della leggerezza rilassante degli incontri online, delle comode pratiche di texting e di messaggistica varie[102] per ritornare allo scambio verbale, per assumersi la responsabilità dell’Altro e quindi, necessariamente, anche di se stessi. Una responsabilità alla quale siamo chiamati da scelte etiche, non per aderire o sottostare a norme o linee guida ma come ricerca personale del bene, proprio e altrui, per fare la propria parte, empaticamente, come essere umano e come cittadino.
non dobbiamo avere paura della fatica che ci richiede l'esperienza del recupero dello sguardo fisico verso l'ALtro, della ricerca dell'incontro con il suo essere diverso e con il suo pensiero
Siamo costretti a metterci costantemente in discussione ed è proprio nello sperimentare questo sentimento che nasce prepotente l’interesse e il desiderio dell’Altro da noi. Accettando di andargli incontro riduciamo l’attenzione malata e narcisistica sviluppata online, ci allontaniamo dalle categorie dell’utile e ci predisponiamo a accordargli una priorità etica. Una scelta che passa attraverso la capacità di ascoltare, la disponibilità ad apprendere e la pratica del linguaggio della responsabilità. Una scelta che si nutre di libertà, solidarietà, empatia verso l’altro, nella sua accezione più profonda e veritiera. La scelta come azione capace di incidere sulle realtà percepite e abitate, sulle narrazioni così come sui comportamenti, strumento potente di rappresentazione del mondo e di noi stessi, utile alla loro trasformazione.
Un linguaggio molto diverso da quello usato online che ben descrive il mondo della tecnica attuale, il cui costante rumore di fondo impedisce l’ascolto attivo e partecipato, la comprensione, alla base di ogni legame umano e del dialogo. A scapito dell’apprendimento (conoscenza), dell’esperienza comunitaria e dialogica, della libertà di scelta che non sia quella binaria degli algoritmi. Ascoltare, mettersi in ascolto, predisporsi a farsi ascoltare è ciò che eleva l’uomo a essere umano, umanità. Sono tutte azioni utili a superare il muro digitale che ha perimetrato le nostre vite rendendo complicato cogliere le voci degli altri, dell’Altro inteso come ponte che ci permette di guardare il mondo con i suoi occhi, gli occhi dell’Altro, dal cui volto e sguardo noi dipendiamo. Bisogna lasciare che queste voci arrivino a noi superando il rumore di fondo, indistinguibile, generato dalla bulimia paroliera e dalla pervasività della chiacchiera online, per arrivare a recuperare la “dimensione del sottovoce e dell’altrimenti” dove si cela il rigenerante oltre, senso e bellezza con cui rinnovare e rinnovarsi.
il muro digitale che ha perimetrato le nostre vite sta rendendo complicato cogliere le voci degli altri, il suo rumore di fondo impedisce l'ascolto attivo e partecipato
Note
[1] Parola deriva dal termine latino paraula, dalla fusione del dittongo au in ‘o’. Paraula a sua volta è un’evoluzione di parabola, dal greco para+ballo. Para è un prefisso che indica vicinanza, ciò che sta accanto, mentre il verbo ballein significa gettare, porre.
[2] Chandra Livia Candiani
[3] Anna Maria Palma e Lorenzo Canuti, Vuoi parlare con me? Dialogare nell’esistenza, Edizioni Tassinari
[4] Kornei Chukovsky ha coniato il concetto di genialità linguistica per raccontare il passaggio dalla lingua parlata alla lingua scritta, uno sviluppo della comprensione delle parole e dei loro molteplici impieghi da parte del bambino, prima nel discorso e poi nella scrittura.
[5] Dante, Paradiso, canto XVII, versetto 58-60
[6] Il concetto di infosfera senza aggettivi a cui si fa riferimento è quello usato da Berardi Bifo che correttamente usa il concetto sia per descrivere l’epoca alfabetica (infosfera alfabetica) sia quella digitale (infosfera digitale)
[7] Umberto Galimberti “Se le nuove tecnologie rendono inutile comunicare”, pubblicato nel libro Il primato delle tecnologia -Guida per una nuova iperumanità
[8] Berardi Bifo: La sollevazione – Collasso europeo e prospettive del movimento, Edizioni Manni, 2011 Pag. 104
[9] Il motion capture (conosciuto con l'abbreviazione mocap, in italiano, "cattura del movimento"), è la registrazione del movimento del corpo umano (o di altri movimenti) per l'analisi immediata o differita grazie alla riproduzione. È principalmente utilizzato nel campo dell'intrattenimento, militare, sportivo o medico. (Wikipedia)
[10] La performance capture è una tecnologia cinematografica utilizzata per catturare movimenti ed espressioni facciali di un soggetto/attore reale per poi applicarli a un personaggio virtuale. La tecnica è stata usata in numerosi film ma per la prima volta da Robert Zemeckis nel film 'Polar Express'. Il film più famoso costruito sul perfezionamento della performance capture è stato sicuramente Avatar di James Cameron.
[11] “Dietro l’immagine non c’è nulla se non l’immagine stessa […]: essa si moltiplica sempre in modo identico” – Marc Augé
[12] Wilhelm Reich, il padre della psicoterapia corporea moderna.
[13] Miguel Benasayag Funzionare o esistere, Vita e Pensiero, 2019
[14] Intesa come lo spazio nel quale esercitiamo la nostra esperienza esistenziale della vita nel mondo, dalla semplice osservazione e contemplazione, all’attività tarsformativa, sempre in bilico tra esistenza ed essenza.
[15] Totalità e Infinito, Saggio sull'esteriorità, Edizioni Jaca Book, dodicesima ristampa 2021
[16] Edgar Morin, Lezioni da un secolo di vita, Mimesis, 2021. Pag 55
[17] Emmanuel Lévinas (1906-1995), Epifania del volto
[18] Definizione dello scrittore tedesco Thomas Macho
[19] Uno spunto tratto da un articolo di Umberto Galimberti
[20] Un giorno credi di Edoardo Bennato: “metti tutta la forza che hai nei tuoi fragili nervi/Quando ti alzi e ti senti distrutto fatti forza e vai incontro al tuo giorno”
[21] Termine usato da Pier Aldo Rovatti per un suo libro pubblicato nel 2019 da Elèuthera
[22] Ernst Bloch, Il principio speranza
[23] C'è una breccia in ogni cosa ed è da lì che entra la luce
[24] La setta degli uomini senza volto conservano i volti di coloro muoiono nel loro santuario. Li appendono alle pareti come maschere macabre da usare durante le loro attività criminali. Le maschere tuttavia sono molto più di semplici maschere, chi le indossa, assume l'aspetto della persona a cui il volto apparteneva.
[25] Emmanuel Lévinas: Totalità e infinito, Edizioni Jaka Book
[26] Il termine è stato coniato da Wilhem Reich per descrivere l’energia vitale, o energia pre-atomica, di cui sarebbe pervaso l'universo e che nell'uomo si manifesterebbe come energia sessuale e libido.
[27] Termine coniato da Carlo Mazzucchelli nel suo libro I pesci siamo noi - Prede, pescatori e predatori nell'acquario digitale della tecnologia, pubblicato da Delos Digital
[28] Marc Augé, Cuori alle schermo – Vincere la solitudine dell’uomo digitale. Pag. 114
[29] Francesca Rigotti, L’era del singolo, Einaudi Editore, 2021, Pag. 4
[30] “Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono. È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa.”
[31] Andrea Colamedici e Maura Gancitano, L’alba dei nuovi dei. Da Platone ai Big Data - 2021, Pag 42
[32] Da un articolo di Walter Siti sul quotidiano Domani: Nella società dello spettacolo diventiamo attori di noi stessi
[33] Umberto Galimberti: Il libro delle emozioni, Feltrinelli Editore, 2021
[34] Martin Buber, Il cammino dell’uomo, Edizioni Qiqajon Comunità di Bose, Pag 44
[35] Il termine persona è scelto intenzionalmente per marcare la differenza con la parola individuo. A considerare individui i propri membri è la società moderna. Una società nella quale, come ha ben raccontato nei suoi libri sulla liquidità moderna Zygmunt Bauman, è sempre l’individuo che decide cosa sia buono o cattivo, lecito o illecito. Una società individualista nella quale è l’individuo ad attribuire valore alle cose.
[36] Jean Baudrillard: Il delitto perfetto – La televisione ha ucciso la realtà?
[37] Emmanuel Lévinas, Totalità e infinito - Saggio sulla esteriorità, Jaka Book, prima edizione 1971, ristampa 2021, Pag 211
[38] Franco <<Bifo>> Berardi, La Congiunzione, NERO Edizioni, 2021
[39] Vanni Codeluppi, La vetrinizzazione della vita sociale. Il processo di spettacolarizzazione degli individui e della società, Bollati Boringhieri, 2007
[40] Anagramma di One, eletto
[41] Ugo Foscolo, Sonetti
[42] Federico Campana, Magia e tecnica - La ristrutturazione della realtà - Edizioni Tlon, 2021,Pag. 161
[43] Autore del libro Oralità e scrittura - Le tecnologie della parola
[44] Silvia Ferrara, Il Salto. Segni, figure, parole: viaggio all’origine dell’immaginazione - Feltrinelli Editore, 2021, Pag. 192
[45] Da un articolo su NOVA di Piero Dominici
[46] Cosimo Accoto, Il mondo dato, cinque brevi lezioni di filosofia digitale, EGEA, 2017, Pag. 113
[47] L’uomo è antiquato (Die Antiquiertheit des Menschen), Primo volume pubblicato nel 1956, il secondo nel 1980
[48] “Il linguaggio è la dimora dell’Essere”. Gadamer, Verità e metodo, Pag. 524
[49] Donatella Di Cesare, Utopia del comprendere, da Babele ad Auschwitz, Edizioni Bollati Boringhieri, 2021, Pag. 40
[50] Montaigne: Saggi, Edizioni Giunti/Bompiani, 2019, Pag. 863
[51] Ibid Pag 863
[52] “Le manifestazioni No Vax sono organizzate da persone che parlano di libertà, ma si rendono schiave delle proprie idee non mettendole in discussione. Gli antivaccinisti non scendono in piazza per manifestare un’opinione diversa, ma corrono il rischio di diffondere il virus diventando un pericolo per gli altri: i dati dei contagi del Friuli Venezia Giulia lo dimostrano. È un fenomeno che deriva ancora una volta dal collasso della nostra cultura e della nostra scuola, non più in grado di formare menti critiche. È il prodotto della mancanza di buona educazione e di dialogo: elementi in assenza dei quali si resta bulli che si nutrono di informazioni infondate”. Umberto Galimberti
[53] Il riferimento è al capolavoro di Elias Canetti Massa e potere
[54] Edgar Morin, La testa ben fatta
[55] “[…] la parola significato si può definire così: il significato di una parola è il suo uso nel linguaggio” Ludwig Wittgenstein
[56] Il riferimento è al team di social media manager che affiancano il leader della Lega, Salvini, nelle sue attività di comunicazione social
[57] Leonardo Sciascia, Processo per violenza in Il mare color del vino
[58] Douglas Hofstadter e Emmanuel Sander: Superfici ed essenza. L’analogia come cuore pulsante del pensiero
[59] “L’autocoscienza è in sé e per sé in quanto e perchè è in sé e per sé per un’altra: ossia essa è soltanto come qualcosa di riconosciuto” - Hegel, Fenomenologia dello spirito, traduzione di E,de Negri, 1963, Pag. 153 vol.1
[60] E. Lévinas, Altrimenti che essere o al di là dell'essenza
[61] Ornella Castellani Pollidori: La lingua di plastica
[62] Ivano Dionigi: Parole che allungano la vita. Pensieri per il nostro tempo. Edizioni Cortina, 2020
[63] Vittorio Coletti, accademico della Crusca. La frase è contenuta in un suo articolo sull’Italiano della politica pubblicato sul sito dell’Accademia della Crusca
[64] Marc Augé: Cuori allo schermo, vincere la solitudine dell’uomo digitale
[65] Ludwig Wittgenstein
[66] Quando si parla di anglicismi tutti dovrebbero riflettere sulla quantità di parole che rientrano in questa categoria e delle quali non si ha più alcuna percezione della loro provenienza straniera. Ne è un esempio la parola sport (da cui sportivo, sportivamente). Ma l’elenco è lungo: marketing, hobby, party, bar, film, baby, e-mail, manager, partner, convention, wi-fi, backstage, auditing, endorsement, fake news, leggings, sexting, cyborg, ecc.
[67] L’esempio è stato fatto dallo psicologo Luciano De Gregorio
[68] Cory Doctorow
[69] Edgar Morin, Per un'educazione al pensiero complesso
[70] Edoardo Bennato, L’isola che non c’è
[71] Lo slogan di Vittorio (Vik) Arrigoni, attivista rapito e ucciso in Palestina
[72] Edgar Morin: “La benevolenza permette di considerare gli altri non solo per i loro difetti e le loro mancanze, ma anche per le loro qualità, nello stesso tempo nelle loro intenzioni e nelle loro azioni”.
[73] Il riferimento è alla concezione dell’etica di Paul Ricoeur
[74] Duccio Demetrio, All’antica- Una maniera di esistere, Raffaello Cortina Editore, 2021, Pag. 23
[75] Edgar Morin, Il Metodo 6 Etica, edizioni Cortina, 2005, Pag. 111
[76] Definizione usata da Francesco Varanini nel suo libro: Le cinque leggi bronzee dell’era digitale. E perché bisogna trasgredirle.
[77] Metaverso (Metaverse) è un termine coniato da Neal Stephenson in Snow Crash (1992), libro di fantascienza cyberpunk, descritto come una sorta di realtà virtuale condivisa tramite internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar. Quella di Stephenson è una visione futuristica dell'internet moderna, frequentata dalle fasce della popolazione medio alte ove la differenza tra le classi sociali è rappresentata dalla risoluzione del proprio avatar, e dalla possibilità di accesso a luoghi esclusivi. Esempi di metaverso sono considerati i MMORPG e le chat in tre dimensioni come Second life o Active Worlds.
[78] Francesco Varanini
[79] Jón Kalman Stefánsson: "Paradiso e Inferno", Pag 11
[80] Ode su un'urna greca di John Keats, pubblicata nel 1819
[81] Eugenio Borgna: Le parole che ci salvano
[82] Riferimento all’opera di Søren Kierkegaard Timore e Tremore pubblicata nel 1843 con lo pseudonimo di Johannes de Silentio
[83] La gentilezza che cambia le relazioni digitali - La gentilezza per le relazioni nell’era digitale, per recuperare lentezza, attenzione verso sé stessi e gli altri, la buona educazione e le buone maniere., Delos Digital, 2018
[84] Daniel Gamper: Le parole migliori, Treccani Editore, 2021, Pag. 134
[85] LEdgar Morin L’homme e la mort - Seuil, Paris 1970, trad. ital., Newton Compton, Roma 1980
[86] Un concetto espresso dal filosofo del linguaggio Lev S. Vygotskij
[87] Diffusione intenzionale di notizie o informazioni inesatte o distorte allo scopo di influenzare le azioni e le scelte di qualcuno (per es., dei propri avversari politici, dei propri nemici in un conflitto bellico, e sim.).
[88] Gianrico Carofiglio La nuova manomissione delle parole, Feltrinelli, 2021, Pag. 57
[89] Il libro di Carlo Mazzucchelli “Tecnoconsapevolezza e libertà di scelta. Alla ricerca di senso nell’era tecnologica e digitale” è pubblicato in formato digitale e cartaceo da Delos Digital
[90] Il fenomeno della «retrotopia» deriva dalla negazione della negazione dell’utopia, che con il lascito di Tommaso Moro ha in comune il riferimento a un topos di sovranità territoriale: l’idea saldamente radicata di offrire, e possibilmente garantire, un minimo accettabile di stabilità, e quindi un grado soddisfacente di fiducia in sé stessi. (Zygmunt Bauman, trad. di Marco Cupellaro, Repubblica, 3 settembre 2017, Robinson, p. 16)
[91] Eterotopia è un termine coniato dal filosofo francese Michel Foucault per indicare «quegli spazi che hanno la particolare caratteristica di essere connessi a tutti gli altri spazi, ma in modo tale da sospendere, neutralizzare o invertire l'insieme dei rapporti che essi stessi designano, riflettono o rispecchiano».
[92] Binge watching è un termine della lingua inglese con cui si indica l'atto del binge-watch, ossia il guardare programmi televisivi per un periodo di tempo superiore al consueto, particolarmente la pratica di usufruire della visione di diversi episodi consecutivamente, senza soste. Traducibile in italiano con "maratona televisiva", in inglese per tale azione sono anche usati i termini binge viewing e marathon viewing. Evoluzione di tale pratica è il binge racing (tradotto in italiano come gara di abbuffata), ovvero il guardare l'intera serie tv in sole 24 ore; tale pratica, che coinvolge circa 8,4 milioni di fruitori, è praticata specialmente sulle piattaforme televisive, in cui gli episodi delle serie tv vengono rilasciati insieme simultaneamente. (Wikipedia)
[93] Greenwashing, neologismo inglese che generalmente viene tradotto come ecologismo di facciata o ambientalismo di facciata, indica la strategia di comunicazione di certe imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un'immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell'impatto ambientale, allo scopo di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dagli effetti negativi per l'ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti, che venne instaurata già dagli anni settanta. (Wikipedia)
[94] Il concetto è stato spesso usato nei suoi libri dal Cardinal Ravasi, riprendendo una terminologia usata da Teilhard de Chardin per il quale il linguaggio diventa epifania e trasparenza della rivelazione divina. In esso si manifesta la potenza del Logos del prologo giovanneo, già evocato, secondo la semantica semitica sottesa. In ebraico, infatti, dabar, “parola”, significa contemporaneamente anche “atto, evento”. Dire e fare s’intrecciano.
[95] I concetti qui espressi fanno riferimento al pensiero di Paul Ricoeur
[96] Spunti tratti dal pensiero di Iris Murdoch
[97] Edgar Morin, Etica, Cortina Editore, Pag. 51
[98] Daniel Gamper; Le parole migliori, Treccani editore, 2021, Pag. 68
[99] Ece Temelkuran, La fiducia e la dignità, Bollati Boringhieri Editore, 2021,
[100] Spunti tratti dal libro di Ermanno Bencivenga: Parole che contano
[101] È falso dire: Io penso: si dovrebbe dire io sono pensato. – Scusi il gioco di parole. IO è un altro. Questa formula ricorre in due lettere della Corrispondenza di Arthur Rimbaud: nella lettera del maggio 1871 a Georges Izambard – professore di Rimbaud al collegio, ma anche amico e confidente che lo iniziò alla letteratura; ed in quella immediatamente successiva a Paul Demeny amico di Izambard, a sua volta poeta, risalente al 15 maggio 1871.
[102] Come ha per tempo ben spiegato il filosofo Maurizio Ferraris nei suoi libri lo smartphone è usato più per scrivere che per parlare. Più che un telefono è una lavagna trasparente e condivisa.
[103] Lamberto Maffei, Elogio della parola, Edizioni Laterza, 2018, Pag. 7
[104] La poesia nella sua versione in inglese: Be Careful of Words - Be careful of words, even the miraculous ones. For the miraculous we do our best, sometimes they swarm like insects and leave not a sting but a kiss. They can be as good as fingers. They can be as trusty as the rock you stick your bottom on. But they can be both daisies and bruises. Yet I am in love with words. They are doves falling out of the ceiling. They are six holy oranges sitting in my lap. They are the trees, the legs of summer, and the sun, its passionate face. Yet often they fail me. I have so much I want to say, so many stories, images, proverbs, etc. But the words aren’t good enough, the wrong ones kiss me. Sometimes I fly like an eagle but with the wings of a wren. But I try to take care and be gentle to them. Words and eggs must be handled with care. Once broken they are impossible things to repair.
[105] Anne Sexton (Weston, 4 ottobre 1974) è stata una scrittrice e poetessa statunitense. Dopo diversi tentativi di suicidio, il 4 ottobre del 1974, anno del suo divorzio, Anne Sexton scese in garage e dopo aver acceso il motore della sua macchina si lasciò morire inalando il monossido di carbonio. È sepolta al Forest Hills Cemetery & Crematory a Jamaica Plain, Boston, Massachusetts.
[106]La frase è una riflessione di Donatella Di Cesare fatta nel suo libro Utopia del comprendere, pubblicato da Bollati Boringhieri nel 2021, Pag.22
[107] Byung-Chul Han (2014). Razionalità digitale. La fine dell’agire comunicativo
[108] Spunti tratti dal libro di Zygmunt Bauman Di nuovo soli. Un’etica in cerca di certezze.
[109] Termine utilizzato da Emmanuel Lévinas per rappresentare la dimensione dell’alterità e dunque il senso della comunità e della responsabilità.
[110] Zygmunt Bauman: Di nuovo soli. Un’etica in cerca di certezze.