Mentre il Metaverso digitale si espande, i pluriversi e il Nostroverso umani languono. Il primo cresce e si espande, anche attraverso narrazioni pervasive e conformiste, finalizzate a celebrarne le “future sorti e progressive”, in contesti dominati da oggetti tecnologici, algoritmi, Big Data, intelligenze artificiali e ChatGPT.
Il Nostroverso, ricco di virtualità (realtà in potenza) e di futuri, fisico, incarnato, fatto di gesti, di sguardi e di volti, si sente a disagio e in ritardo, è sulla difensiva. Per questo è necessaria una riflessione critica sul senso da dare al nostro essere umani (esserci) dentro un’era tecnologica che ci sta cambiando antropologicamente.
Più che di utopie prometeiche onlife, foriere di potenziali distopie future, abbiamo bisogno di utopie epimeteiche offlife. Utopie costruite su pratiche umaniste, per mettere al primo posto l’umano incarnato, tenendo insieme l’uomo e la tecnica nella loro connaturata inseparabilità, ma recuperando il tempo e lo spazio colonizzati dalla tecnologia, che si è fatta mondo perdendo la sua neutralità.
Per proteggere l’umano dalla volontà di potenza della macchina bisogna riassegnargli il compito di far emergere il nuovo dal vecchio che sta morendo. Il nuovo non va ricercato nel Metaverso tecnologico ma dentro il Nostroverso, nelle pieghe delle sue ambiguità, fragilità e inadeguatezze, andando alla ricerca dei molti mondi diversi che lo compongono.
Tanti pluriversi, oggi immersi dentro crisi sistemiche, multiple e asimmetriche, che per convivere hanno bisogno di saggezza e di nuovi valori: umanisti, condivisi, solidali, alternativi a quelli che alimentano oggi la tecno-narrazione conformista dominante. Per la loro realizzazione serve abbracciare pratiche umaniste. In questo libro ne proponiamo alcune.
Utili per dare forma a un umanesimo ripensato di cui l’umanità tutta ha un grande bisogno.