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Il parlare d’altro serve a distrarre l’attenzione da un evento epocale, le ultime elezioni politiche, destinato a cambiare tutti gli equilibri, politici, istituzionali e sociali che hanno caratterizzato la geografia politica italiana fino ad oggi. Serve anche a stare lontano da prese di posizione riconducibili a ideologie, opinioni o narrazioni che poco aiuterebbero, al momento, a risollevare l’umore o a facilitare la presa d’atto che qualcosa si è rotto, è accaduto e non è velocemente riparabile.

Parliamo d'altro

Il parlare d’altro serve a distrarre l’attenzione da un evento epocale, le ultime elezioni politiche, destinato a cambiare tutti gli equilibri, politici, istituzionali e sociali che hanno caratterizzato la geografia politica italiana fino ad oggi. Serve anche a stare lontano da prese di posizione riconducibili a ideologie, opinioni o narrazioni che poco aiuterebbero, al momento, a risollevare l’umore o a facilitare la presa d’atto che qualcosa si è rotto, è accaduto e non è velocemente riparabile.

Parliamo di tecnologia

Questo spazio online è tematico, parla anche di tecnologia, si presta a parlare d’altro rimanendo in tema perché la tecnologia, così come la sostenibilità ambientale, è tema politico. Parlarne è un modo per parlare di Politica, senza parlare della politica, di essere un cittadino e non un semplice utente/elettore.

La tecnologia, così come la sostenibilità ambientale, è tema politico.

La digitalizzazione tecnologica insieme alla sostenibilità obbligano tutti a una riflessione critica, abbandonando le categorie di destra o sinistra, pro o contro, per abbracciare quelle di umanesimo e anti-umanesimo. In un periodo in cui si sta forse andando verso un’era nella quale le macchine saranno pensanti e capaci di apprendere e gli umani forse un po' meno. Non è un caso che alcuni parlino di cretinizzazione della società tecnologica e di istupidimento di massa. Metafora valida anche per la realtà politica, in Italia e non solo?

Essere cittadino dei mondi digitali significa essere in grado di elaborare una riflessione critica sugli stessi e sulle tecnologie che li hanno resi possibili.

Essere cittadino dei mondi digitali significa essere in grado di elaborare una riflessione critica sugli stessi e sulle tecnologie che li hanno resi possibili. Buona parte della critica sulla tecnologia sta dentro una visione culturale romantica e conservatrice (Sherry Turkle, Andrew Keen, Jaron Lanier, Jonathan Franzen, Dave Effers, Zadie Smith e molti altri) che mira a ribadire i valori umanistici difendendoli dall’assalto razionalista della tecnologia. Poi c’è la critica radicale (Robert McChesney, Dan Shiller, Vincent Mosco, Murray Bookchin, Lewis Mumford), e quella anarchica e primitivista (John Zerzan, Theodore Kaczynski). Mentre la riflessione critica negli Stati Uniti si è da tempo arenata, in Europa assistiamo da alcuni anni a contributi multidisciplinari importanti come quelli di Byung-Chul Han, di Miguel Benasayag, di Éric Sadin, di Franois Jullien, di Francesco Varanini e di altri. Tanti pensatori che non si limitano alla critica ma suggeriscono una visione olistica, emancipatrice della tecnologia, con l’intenzione di proporre un’agenda diversa da quella imposta dal pensiero neoliberale di cui la tecnologia è oggi impregnata, con l’obiettivo di decostruire la retorica dei Gigacapitalisti della Silicon Valley per mostrarne la loro pretesa neoliberista al dominio del mondo. 

Uno dei modi per elaborare una critica è sottolineare i costi nascosti di fenomeni tecnologici come l’automazione che sta desertificando la nostra esperienza umana (pensate al GPS o ai correttori ortografici), la delega irresponsabile che caratterizza molte delle nostre relazioni con la tecnologia, la costruzione di mondi virtuali che favoriscono la nostra passività e la pigrizia mentale. 

La riflessione critica sulla tecnologia non ha senso se non è accompagnata da una riflessione sulla società, sull’economia e sulla politica.  La critica alla tecnologia ha senso solo se accompagnata da una radicale critica alla società attuale per trasformarla, per renderla sostenibile anche se digitalizzata. 

La critica necessaria

La narrazione corrente racconta l’era dell’inevitabile, effetto del potere trasformativo della tecnologica. Si tratta di un mito che espande il concetto dell’inevitabilità alla politica e al sociale, alla vita privata e a quella pubblica. Un mito pensato per tranquillizzare (addormentare) le coscienze rimuovendo la responsabilità che coloro che vi credono dovrebbero assumersi.

La responsabilità suggerisce un approccio critico ma adottarlo non è da tutti. 

La difficoltà a sviluppare una riflessione critica nasce dal fatto che tutti hanno l’impressione che di tecnologia si parli fin troppo. Le narrazioni, principalmente costruite su ciò che fanno le aziende tecnologiche e sui loro prodotti, viaggiano sui social network, sono alimentate da editorialisti, periodici e giornali, da accademici, scrittori, e cheerleader vari, da podcast e pubblicazioni, sempre centrate sull’ultimo prodotto o meme del momento. Poche veicolano una riflessione critica, anche se negli ultimi tempi una maggiore (tecno)consapevolezza e il disincanto tecnologico stanno alimentando sia la riflessione sia l’attenzione e l’ascolto verso voci diverse, non allineate o conformistiche. 

Ciò si traduce nel fatto che oggi ogni novità o nuovo prodotto è accompagnato da una maggiore attenzione ai rischi potenziali e una minore a ciò che viene raccontato in recensioni entusiastiche e acriticamente positive. Emerge un sano (tecno)scetticismo, espresso senza il timore di essere accusati di tecnofobia, di luddismo o posizioni preconcette. La critica è resa possibile anche dal fatto che non si possono più ignorare né giustificare i comportamenti delle aziende tecnologiche e la loro pretesa di dominare il mondo. 

La critica nasce dal calo di fiducia e dalla consapevolezza che molte utopie tecnologiche si stanno trasformando in distopie. La misinformazione, la sparizione della privacy, l’(ab)uso dei dati, la distruttiva estrazione di risorse naturali, il massiccio uso di energia, ricchi personaggi che scambiano il loro conto corrente con il loro quoziente intellettuale, aprono nuovi spazi alla riflessione e permettono di occupare nuovi spazi culturali. 

Tecnologie dell'informazione e tecnologia 

Buona parte del criticismo sulla tecnologia è nato dalla critica sociale, con un focus particolare sulla tecnologia e sulle sue forze in azione nella società, sugli effetti della tecnologia sulla società, in tutti i suoi molteplici aspetti: religione, arte, architettura, educazione, cultura, utopie, lavoro, medicina, politica, ecc.  Molte di queste critiche si sono focalizzate sulle tecnologie dell’informazione più che sulla tecnologia in senso lato. Sbagliato quindi accusare i critici di essere schierati contro la tecnologia. La critica non è finalizzata a definire se la tecnologia sia buona o cattiva, ma a promuovere una riflessione sui valori che la tecnologia sta promuovendo per suggerirne di alternativi. 

Molte critiche sono di provenienza accademica, percepite come troppo astratte e poco rigorose, propense a fare generalizzazioni e ad essere autoreferenziali. Queste critiche non sono però senza merito, si sono rivolte a un pubblico più ampio di quello accademico, con l’obiettivo di generare un allarme e di risvegliare le coscienze. Il tutto in un periodo nel quale molte persone non possono vantare alcuna esperienza del mondo prima dei computer e nel quale la tecnologia è diventata così pervasiva da causare dipendenza. La pervasività rende anche più complicata la riflessione critica. Un conto è suggerire una riflessione su qualcosa che sta arrivando, un altro farlo su qualcosa che è già parte integrante del vissuto di ognuno. 

La critica del passato era fondamentalmente pessimista, impreparata a comprendere che il futuro avrebbe portato al Metaverso, agli NFT, alla scuola digitalizzata dell’era della pandemia, ecc. Nel loro pessimismo queste riflessioni continuano ad avere ancora oggi un valore concreto. Mettevano in guardia sulla diffusione di sorveglianza e controllo sociali, sul surplus informativo, sulla capacità del gadget tecnologico di rubare attenzione, sulla sparizione delle relazioni incarnate, sulla sopravvalutazione della tecnologia e delle sue funzionalità, sui rischi per la democrazia, sui danni ambientali e su un progresso tecnologico che non è automaticamente progresso sociale. 

La critica è necessaria.

Una critica sulla difensiva?

Molti critici sono oggi sulla difensiva, sempre impegnati a sottolineare il loro amore per la tecnologia, rimarcando di non volere un ritorno alle caverne. Chi critica non lo fa per una mentalità alimentata dal tecno-panico per gli effetti della tecnologia, neppure per lamentarsi. Lo fa perché si ritiene nel giusto, cerca solo di trovare un senso a dove oggi ci troviamo, a come ci siamo arrivati e a dove stiamo andando. Lo fa per richiamare tutti a focalizzare l’attenzione sul fatto che l’innovazione tecnologica non è per definizione portatrice di una maggiore libertà di scelte, sta reingegnerizzando l’umanità sfuggendo al nostro controllo, distruggendo verità e autorità, trasformando cultura ed economia, lavoro e politica, non necessariamente in senso positivo, creando le fondamenta per un mondo forse meno umano e senz’anima. 

La critica è necessaria. Serve a mettere in discussione i modelli correnti proponendo nuovi approcci basati sulla lentezza, sulla maggiore attenzione agli strumenti che usiamo, sulla relazione e non sulla connessione, sull’esperienza incarnata. Bisogna riconoscere che dispositivi, piattaforme, robot, algoritmi ci stanno rendendo meno umani, simili a macchine, che la tecnologia ha impatti sull’umanità intera incidendo sui nostri sensi e pensieri, sulle decisioni e i giudizi, sull’attenzione, sui desideri, sul nostro essere cittadini, sulle nostre relazioni, su come ci informiamo e rimaniamo informati, persino sulla comprensione della realtà, di cosa significhi essere umani, di chi siamo e cosa dovremmo fare per costruire i nostri possibili futuri. 

L’umanità è in una fase di riconfigurazione e ristrutturazione da parte della tecnologia. Un mondo più intelligente rischia di essere tale perché noi lo saremo di meno, tutti pre-programmati e controllati da algoritmi ottimizzati in modo efficiente per farci sentire umani pur se programmati. La tecnologia sembra finalizzata a costruire un mondo facilitato, senza frizioni, un mondo nel quale ogni sforzo viene sentito come un bug, un problema di funzionamento e di inefficienza invece di una opportunità, un mondo nel quale possiamo sentirci sollevati da ogni responsabilità. 

La soluzione non sta nello spegnere lo smartphone o nel bloccare le notifiche ma nella capacità, da coltivare, di fare un passo indietro, di respirare, di riflettere, di programmare prima di farsi programmare, di sparire per non farsi osservare dagli altri, di riprendere il controllo sugli strumenti che abbiamo costruito e rimanere umani.


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Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – STULTIFERANAVIS Co-founder

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