Go down

Le trasformazioni digitali da tanti reclamate e decantate ci hanno trasformato, come esseri umani e come cittadini. Dentro un liberismo sfrenato le tecnologie hanno favorito l’individualismo, la ricerca costante del soddisfacimento di interessi singoli, promuovendo una illusoria autosufficienza nella quale uno vale uno e ognuno può affrontare i propri problemi in solitudine, da solo. Abituati a esprimerci liberamente online, abbiamo disimparato a dialogare, smesso di agire come collettività, frammentato i legami sociali e fatto emergere come comportamento primario quello della prevaricazione, dell’imposizione, delle certezze di verità, ecc.


Stiamo vivendo con leggerezza e incoscienza dentro una tempesta perfetta, che sta cambiando le cose, come le raccontiamo e pensiamo, ma anche i nostri immaginari, contagiando persino le nostre fantasie. Le crisi si susseguono rendendo contingente, impensabile e imprevedibile ogni cosa. La nuova crisi, in forma di guerra dentro i confini dell’Europa, fa da spunto per una riflessione sui comportamenti umani che caratterizzano quest’era tecnologica e digitale.

I legami di causa ed effetto che le nuove tecnologie hanno reso possibile (che dire delle vecchie come quelle delle armi?), hanno cambiato le regole stesse del vivere civile, e con esse il nostro modo di stare nel mondo. Uno stare nel mondo che si manifesta oggi in forme diffuse di disagio, cattiveria, rancore, invidia sociale, rabbia, violenza (quella sotterranea e montante è la più pericolosa di tutte), brutalità e volgarità del linguaggio, insensibilità al dolore degli altri. Il tutto si traduce in atteggiamenti che dall’individuale passano al sociale, alla politica, alla società, ai governi e allo stato. La guerra in Ucraina ne è testimonianza sanguinosa corrente.

La internet comunitaria non c’è più

La Internet ottimista celebrata da Castells (The information age) come spazio di relazioni reticolari e voglia di comunità si è trasformata in una gabbia di individualismi che si alimentano attraverso forme di aggressività e di violenza verbale, di intolleranza, di mancanza di rispetto (i talk show sulla guerra ne sono una cinica testimonianza), generando isolamento, ulteriore rabbia e ancor maggiore rancore.

La rabbia che vediamo oggi manifestarsi nei numerosi teatri di guerra del presente dilaga in Rete da tempo, con forme sofisticate e non meno letali di quelle esercitate sul campo di battaglia. Una rabbia alimentata oggi anche da come i media raccontano la guerra, alla ricerca continua di immagini cruente, spesso ripetute e non collegate ai servizi giornalistici del momento, e con narrazioni conformistiche che tendono a delegittimare ogni forma di pensiero diverso, ma soprattutto a impedire la formazione di un pensiero critico individuale e collettivo.

Le trasformazioni digitali da tanti reclamate e decantate ci hanno trasformato, come esseri umani e come cittadini. Dentro un liberismo sfrenato le tecnologie hanno favorito l’individualismo, la ricerca costante del soddisfacimento di interessi singoli, promuovendo una illusoria autosufficienza nella quale uno vale uno e ognuno può affrontare i propri problemi in solitudine, da solo. Abituati a esprimerci liberamente online, abbiamo disimparato a dialogare, smesso di agire come collettività, frammentato i legami sociali e fatto emergere come comportamento primario quello della prevaricazione, dell’imposizione, delle certezze di verità, ecc.

Siamo diventati tutti delle semplici monadi, come tali viviamo galleggiando dentro un acquario mondo, una bolla pronta ad esplodere

Nuove tecnologie e metaversi vari

La tecnologia, in tempo di crisi, è diventata àncora, salvezza (meno male che c’è Twitter! Cosa faremmo senza WhatsApp?), via di fuga, un posto sicuro nel quale illudersi di potersi realizzare. È come se fossimo già impegnati nella costruzione di realtà prossime future, fatte di METAVERSI vari che potranno continuare a vivere indistruttibili, a differenza e a prescindere dalle rovine delle varie Mariupol della Terra. Tanti metaversi individuali nei quali rifugiarsi, in tristitia et letitia, per sentirsi sicuri e in controllo. Isolati, separati dagli altri percepiti come nemici, dentro una grande realtà esistenziale trasformata in videogame. Tante realtà individuali alternative, comode per sfuggire la realtà fattuale nella speranza di farla franca, di salvarsi, di sopravvivere, ma da soli.

Tanti metaversi in forma di bolle (acquari, voliere, caverne, Apple store, Amazon) dalle pareti trasparenti ma rigide e indistruttibili, che ci obbligheranno a pratiche ripetitive e abitudini consolidate. Da rinchiusi, impossibilitati al confronto con la realtà esterna, ci si è convinti che la vera realtà, quella interna alla bolla, sia l’unica vera e come tale immodificabile. Ognuno come singola monade, con la sua bolla personale per navigare a vista tra altre bolle che contengono altri da noi e come noi convinti di essere liberi e felici. Incapaci di comprendere il controllo cognitivo, emotivo e comportamentale esercitato che ci ruba attenzione e concentrazione, agisce sulla nostra black box, attraverso tecniche di adulazione pensate appositamente per permetterci di coltivare il nostro sé e illuderci della sua importanza.

Pensare oltre, oltrepassare

La rabbia di oggi viene da lontano. È frutto del realismo capitalista e delle tante disuguaglianze che ha creato, della disforia di classe (citazione da La classe disagiata di Alberto Ventura), della globalizzazione e della sensazione che il mondo occidentale, eurocentrico, sia arrivato al suo tipping point. La rabbia di oggi viene anche dalla paura, quella che abbiamo provato durante la pandemia e che ci ha resi tristi, incerti e dubbiosi sul futuro. Paura e rabbia sono emozioni forti ma possono essere convertite. Come ha scritto Marco Senaldi nel suo libro Pensare Oltre, per farlo bisogna “arrivare a capire che il peggiore nemico di noi stessi siamo (le immagini di) noi stessi”. Solo guardandosi dentro si potrebbe capire in quale realtà siamo immersi (non esiste un osservatore e un osservato), scoprire con meraviglia che il nemico spesso siamo noi stessi, e che l’odio, la rabbia, se giustamente indirizzati, convertiti, potrebbero diventare energia potente per ricominciare a oltrepassare, a pensare oltre, a pensare. È ciò che stanno facendo tante donne afghane, ormai dimenticate da tutti, trasformando la rabbia per essere state tradite e abbandonate, e cercando nuovi strumenti per adattare le loro lotte per i diritti al nuovo stato di cose.  


 

 

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Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – STULTIFERANAVIS Co-founder

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