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Viviamo un’era tecnologica caratterizzata dalla sparizione del corpo, trasformatosi ormai in profilo digitale, avatar, simulacro, semplice riflesso dentro uno schermo specchio. Senza dover attendere il Metaverso, siamo già dentro mondi virtuali nei quali viviamo pseudo-vite digitali determinate da codici stranieri (software), algoritmi e intelligenze artificiali. Mentre aspettiamo di vedere il “Metaverso mondo” che ancora non esiste, è arrivato il tempo del disincanto, del distacco, dell’andare oltre ed altrove. Per farlo bisogna praticare l’Oltrepassare: pensare, porsi delle domande, approfondire, scegliere. Con l’obiettivo di recuperare una socialità incarnata, il con-tatto con l’Altro inteso come persona con la quale ritrovarsi, cambiare il ritmo della propria vita e tornare a esistere, davvero.


In tutta serenità e in modo asintomatico rischiamo tutti di contagiarci di metaversi vari, tra loro in spillover continuo, il più pericoloso dei quali comincia per F… Ambienti virtuali nei quali, in un futuro prossimo venturo, neppure lontano, sperimenteremo (diverso da vivremo) esperienze digitali in tempo reale, in assenza di corpo fisico, attraversando portali spazio-temporali disponibili in forma di finestre-icone sui nostri smartphone. E una volta dentro potremmo non volere uscire più! Forse neppure riuscire a scappare più! Come gli abitanti al calduccio della caverna di Platone, quelli del centro commerciale della Caverna di Saramago o del Regno a venire (Kingdom Come) di Ballard.

L’interesse per il Metaverso si è riacceso dopo che Zuckerberg ha annunciato la sua furbesca strategia di migrare, nei prossimi cinque anni, Facebook in Meta, trasformandosi da fornitore di piattaforme di social networking a creatore e produttore di metaversi. Una strategia non dissimile da quella di altri proprietari di chiese tecnologiche che ci stanno promettendo viaggi nello spazio (Bezos, Branson), su Marte (Elon Musk), di controllare il nostro cervello (il Neuralink di Musk), di diventare immortali (Thiel, Page, Brin). Come se la cosa fosse possibile! Come se, qualora fosse possibile, possa essere per tutti e non solo per quell’1% dei sempre più ricchi che sembrano già comportarsi da immortali. Loro nell’Olimpo o nel Walalla e fuori dai metaversi a godersi lo spettacolo di Altri chiusi dentro il Metaverso a chiacchierare e raccontarsi storie. 

Premessa

Distinguiamo il Metaverso dal Metaverse di Zuckerberg. La sua idea di creare un Metaverso globale, in forma di APP, capace di contenere le esperienze di miliardi di persone è francamente un po’ distopico e inquietante! Impiegherà anni per arrivare, ma meglio rifletterci sopra ora! 

C’era una volta

Concetto risalente agli anni 70, Metaverso è un termine coniato nel 1992 nel libro Snow Crash da Neal Stephenson, un autore di fantascienza gravitante nell’area cyberpunk con scrittori come William Gibson, Bruce Sterling e altri con il significato di ambiente virtuale nel quale poter realizzare la fusione (in real life) tra esistenza reale ed esistenza digitale. Dal concetto alla realizzazione il passo è stato rapido. Oggi i metaversi attivi, in ambito ludico e non solo, sono numerosi (in rete ho trovato liste con centinaia di riferimenti): Second Life (2003) o Sansar di Linden Lab, Roblox, NesVR, Cryptovoxwls, Decentraland, Somnium Space e altri. Da fenomeno cyberpunk a opportunità per investitori e grande finanza il passaggio è stato ancora più rapido. Sempre ben sostenuto e raccontato dallo storytelling di moda che ha descritto il Metaverso come tecnologia disruptive, impossibile da evitare. Una narrazione omologante che non ha quasi mai approfondito le implicazioni del suo reale utilizzo e delle sue reali utilità. Soprattutto in un’ottica filosofica, umanistica e orientata al futuro della nostra specie umana sulla Terra. Una umanità che non ha bisogno di narrazioni ma di tornare a produrre pensieri.

Di cosa parliamo

Il Metaverso, ancora in fase adolescenziale, non ha definizioni univoche anche perché è ancora in fase emergenziale, imprevedibile nelle sue evoluzioni. Non è un prodotto, non è neppure propriamente una Realtà Virtuale, è solo un modo (da aggiungere a quelli già esistenti: VR, MR, AR, XR), per farne esperienza. Sarà un’altra APP disponibile attraverso Internet, così come lo è oggi Facebook (che non è Internet). È descritto come mondo generato dagli utenti ma sarà meglio fare attenzione alle parole! Non è un videogame perché il videogame ha finalità specifiche, non è integrato con altri, ha una durata temporanea (ogni gioco riparte da zero). Non è una piattaforma di sviluppo come Unreal o Unity. Per alcuni è ciò che sostituirà il mobile computing. Per nascere avrà bisogno di grandi innovazioni tecnologiche (hardware per l’utente e di classe enterprisenetworking, potenza di calcolo, soluzioni, contenuti e nuove esperienze utente), di adeguate normative e regolamentazioni. Non sostituirà Internet ma a esso si appoggerà fino a trasformarlo.

Il cambiamento sarà determinato dalle interazioni rese possibili dalle nuove tecnologie. Il mobile ha cambiato tutto: il dove, il quando, il perché accediamo alla Rete, i prodotti e i servizi che compriamo, le aziende protagoniste, ma soprattutto la nostra mente, la cultura, il linguaggio, le modalità di socializzare e relazionarci, i modelli di business e anche la politica. Il Metaverso avrà effetti simili. Frequentandolo saremo sempre su Internet ma con entità corporee (non-corpo) virtuali, tridimensionali, in compagnia di un numero potenzialmente illimitato di altre persone, ognuna presente insieme ai dati che le rappresenteranno (identità, oggetti, comunicazioni, transazioni, ecc.). 

Come viene raccontato

Una realtà virtuale che non è la stessa cosa di quella fattuale ma in termini di esperienza è come se lo fosse. Capace di regalare esperienze digitali immersive e reali. Un grande passo di progresso nella storia dell’umanità, della cui virtualità è inutile preoccuparsi: se non sappiamo in che mondo siamo e non possiamo coglierne le differenze alla fine ciò che conta è l’esperienza che ne facciamo; se sperimentiamo un momento di verità quella è la verità. Il mondo è multidimensionale, lo sarà anche il Metaverso, una specie di matrioska, che ci permetterà di passare da un livello a un altro, come in Inception. Può creare l’immortalità… digitale! Alla base del Metaverso c’è la libertà, la co-creazione, il governo condiviso e la condivisione. Rifletterà valori condivisi come uguaglianza, giustizia e libertà (in catene nel mondo reale ma liberi nel Metaverso!). Le sfide del Metaverso non sono tecnologiche ma filosofiche. Interrogandosi sulle proprie origini, sulla propria coscienza e su ciò che esiste veramente, le risposte potrebbero suggerire l’assenza di differenze tra mondo reale e mondo virtuale. In sintesi, il Metaverso relizza aspettative umane come la libertà, un mondo di pari opportunità e immaginazione. In pratica un paradiso in Terra! Chi vorrebbe evitarlo?

Uno sguardo critico

Per ora il Metaverso è oggetto di narrazioni finalizzate alla sua promozione e celebrazione. Manca una diffusa riflessione critica, necessaria da tempo per interrogarsi sull’epoca del vuoto, definizione del filosofo Bernard Stiegler, che stiamo vivendo. Un’epoca caratterizzata da tanto nichilismo che sembra aver cancellato sogni e capacità di sognare. A testimoniare un malessere diffuso e l’assenza di epoca, di ethos politico, durante tempi che stanno vivendo la più grande crisi ecologica del tempo, dentro una crisi sistemica della quale fingiamo la non esistenza. Un’epoca caratterizzata da pratiche tecnologiche che sembrano tante vie di fuga dalla realtà e dal mondo reale proprio mentre cresce l’urgenza di tornare a essere cittadini terrestri, capaci di consapevolezza, di scelte e di comportamenti etici per affrontare i problemi emergenti, primo su tutti quello dell’interazione malata tra essere umano e ambiente naturale. Sulle crisi bisognerebbe pensare (pesare) per riflettere criticamente sulla tossicità di alcune innovazioni tecnologiche e sulle conseguenze delle nostre attività su noi stessi come umani e sul resto del pianeta (ecosistemi, organismi, ambiente, ecc.). Una riflessione necessaria perché l’entropia avanza e la criticità dell’intero nostro sistema aumenta.

Il Metaverso concetto filosofico

Il Metaverso è molto di più della tecnologia di cui è espressione. Non nasce dal nulla come qualsiasi altra tecnologia. Ha una lunga storia, anche filosofica. Scoprirla aiuterebbe a trovare risposte a domande su cosa è reale e cosa è virtuale, cosa è sogno e cosa è realtà, quanto la realtà sia un sogno virtuale e illusione (Maya). È un prodotto della tecnica umana ma anche un universo dentro un universo: virtuale, potenziale (aristotelicamente un universo ha ontologicamente la possibilità di essere), simulativo, paradigmatico, anche immaginifico. Un universo che avrà un suo motore immobile o Dio, l’algoritmo: che punta a diventare cosciente di sé a sé, capace di relazionarsi all’Altro e al tempo stesso di superarlo alla Nietzsche, di agire con l’astuzia della ragione hegeliana o come ente della storica provvidenza. Un algoritmo-deus, razionale e matematico, che dentro l’universo da esso stesso creato mira a sostituire il bene con la tecnica e punta all’eternità. Prodotto di un Homo Deus che crede di controllarlo mentre ne ha perso il controllo accettandolo come regolatore delle sue attività identità ed esistenze. Un universo nel quale il ruolo degli individui umani rischia di essere assimilato a quello dei post dei social attuali, dominato da un Dio-totem a cui abbiamo ceduto inginocchiandoci la nostra autonomia e sovranità esistenziale. Tutti dentro un grande sperimento pensato per far corrispondere l’universo virtuale con quello reale, sostituendolo. Una mostruosità? E cosa succederà a chi rimarrà fuori? E cosa dire del problema politico di fronte a un universo che mira a farsi stato? E di etica vogliamo parlare? Ecc. Ecc.

Il Nostroverso

Viviamo un’era tecnologica caratterizzata dalla sparizione del corpo, trasformatosi ormai in profilo digitale, avatar, simulacro, semplice riflesso dentro uno schermo specchio. Senza dover attendere il Metaverso, siamo già dentro mondi virtuali nei quali viviamo pseudo-vite digitali determinate da codici stranieri (software), algoritmi e intelligenze artificiali. Mentre aspettiamo di vedere il “Metaverso mondo” che ancora non esiste, è arrivato il tempo del disincanto, del distacco, dell’andare oltre ed altrove. Per farlo bisogna praticare l’Oltrepassare: pensare, porsi delle domande, approfondire, scegliere. Con l’obiettivo di recuperare una socialità incarnata, il con-tatto con l’Altro inteso come persona con la quale ritrovarsi, cambiare il ritmo della propria vita e tornare a esistere, davvero. Recuperare tutto ciò significa, prima ancora di optare per il Metaverso, dare forza al NOSTROVERSO, fatto di corpo, unico vero proxy capace di permetterci l’accesso a qualsiasi tipo di X-VERSO. Il Nostroverso è fisico, mentale e corporeo insieme. È un universo popolato da esseri umani, dotati di interiorità, volti e sguardi, persone in carne e ossa, creative, capaci di pensare, di fare delle scelte e di agire.

La realtà virtuale può regalare l’esperienza di fare cose, noi vogliamo fare cose. 

Sicuri di voler vivere nel "Metaverse"? 

Il Metaverse di Facebook promette un futuro fatto di realtà virtuali senza impedimenti del mondo fisico. Ma siamo sicuri che è quello che vogliamo? Soprattutto se queste realtà sono create da un’azienda che pone il profitto sopra tutto? E se il Metaverse fosse semplicemente una nuova macchina di distrazione di massa? Sicuri di volersi trasferire in un mondo virtuale che è come quello reale, ma non completamente?

La realtà virtuale può regalare l’esperienza di fare cose, noi vogliamo fare cose. Un conto è avere esperienza dell’amore, diverso è amare. Non vogliamo vivere l’esperienza dello scrittore ma scrivere libri. Il volere significa desiderare di essere una certa persona, nel Metaverso si rischia di fluttuare (come i corpi di Matrix), senza fare nulla dentro un liquido nutriente pensato per la sopravvivenza dentro ambienti generati da altri.

Il coraggio che ci serve

Il Metaverso pone tante domande scatena forti contrapposizioni, ci chiede di guardare in alto. Ma il futuro non ha bisogno di tecnofili o tecnofobi, di incensatori, integrati o apocalittici. Bisogna essere coraggiosi, attrezzarsi in modo pratico e riflessivo per comprendere le implicazioni dei processi di automazione, digitalizzazione, virtualizzazione e computerizzazione delle nostre vite. Comprendere non sarà sufficiente. Servirà riprendere il controllo cognitivo della realtà, anche concettuale delle tante parole (una su tutte: informazione) che hanno costituito il linguaggio e le narrazioni che pratichiamo.

Bisogna recuperare tempo e attenzione per rallentare un’economia digitale tecno-ideologizzata ormai fondata sull’informazione e sulla velocità di fuga, resa possibile da continue iniezioni di investimenti e di denari.  Il gigantismo a cui aspira il Metaverse, nella variante Facebook, può portare all’annichilimento della nostra capacità di adattamento, perché dentro la mega black-box virtuale potremmo trovarci tutti incapaci di fare qualcosa di davvero utile. Un progetto così pretenzioso, se non sarà rallentato, può portare solo a un clamoroso fallimento o a situazioni distopiche Orwelliane.

Almeno fino a quando questo Metaverso sarà da noi alimentato e abitato. Il coraggio che ci serve è a guardare in faccia la realtà della nostra epoca e ad affrontare le sfide che abbiamo di fronte per determinare una potenziale regressione verso un mondo diviso tra consumatori/consumati e gli altri che le mantengono tali. Il coraggio serve a comportarsi da cittadini e meno da utenti, consumatori, semplici merci! 


 

 

StultiferaBiblio

Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – STULTIFERANAVIS Co-founder

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