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La solitudine, anche della parola, è vissuta dentro schermi lucidi e trasparenti, attrattivi e magnetici, totemici, oggetti magici da strofinare come vere e proprie lampade di Aladino. Schermi capaci di inaridire ogni forma di empatia; specchi riflettenti dentro i quali singoli individui possono vedere la propria immagine riflessa così come un pesciolino in un acquario vede la propria dentro la parete trasparente che lo tiene prigioniero illudendolo di essere in mare aperto - 𝗨𝗻 𝘃𝗶𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼 𝗶𝗻 𝗽𝗶ù 𝗽𝘂𝗻𝘁𝗮𝘁𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝘁𝗲𝘀𝘁𝗶 𝘁𝗿𝗮𝘁𝘁𝗶 𝗱𝗮𝗹 𝗺𝗶𝗼 𝗹𝗶𝗯𝗿𝗼 𝗢𝗟𝗧𝗥𝗘𝗣𝗔𝗦𝗦𝗔𝗥𝗘 - 𝗜𝗻𝘁𝗿𝗲𝗰𝗰𝗶 𝗱𝗶 𝗽𝗮𝗿𝗼𝗹𝗲 𝘁𝗿𝗮 𝗲𝘁𝗶𝗰𝗮 𝗲 𝘁𝗲𝗰𝗻𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗮.


  • Parole in forma di carezze [leggi qui]
  • Il volto e le facce [leggi qui]
  • Sempre connessi mai congiunti [leggi qui]
  • Persi dentro schermi magnetici e luccicanti 
  • Ambienti digitali e forza delle parole [leggi qui]
  • La ricchezza delle parole [leggi qui]
  • Parole inflazionate, parole ricche di significati [leggi qui]
  • La ricchezza delle parole [leggi qui]
  • Le parole dell’etica [leggi qui]
  • Una riflessione necessaria [leggi qui]
  • Oltrepassare come azione etica [leggi qui]
  • Serve uno sguardo diverso [leggi qui]
  • Alla fine del viaggio dentro le parole [leggi qui]
  • Siate cauti con le parole [leggi qui]

“Ci sono parole importanti, di uso quotidiano, il cui significato nel tempo si è dilatato fino a diventare incerto, fino a renderle vaghe e prive di contorno, così che oggi, come i liquidi prendono la forma dei recipienti che li contengono, possono essere adatte a contesti diversi senza però significare più nulla di sicuro.”  – Massimo Angelini, Ecologia della parola 

Sì, pensare non basta. Le parole non pronunciate diventano briciole, ci saziano per un istante ma si dimenticano altrettanto in fretta. Solo quando escono dalla bocca rivelano il loro valore… Però possiamo scriverle. Sì, ma allora occorre qualcuno che sappia leggerle […]”Cucinare un orso, Mikael Niemi 

Lasciaci oltrepassare la gioia e il dolore - Lasciaci oltrepassare l’astio e l’affetto - Lasciaci oltrepassare le parole dure e quelle vane, le parole vuote dell’amoreLasciaci oltrepassare.” -- Abbas Kiarostami 

“Non voglio parole che mi spieghino e nemmeno che sgroviglino né chiariscano. Non voglio parole che mi riempiano e nemmeno che mi facciano sentire sciocca e con poca scuola alle spalle. Non voglio parole che complichino senza un cuore al centro. Non voglio parole che si diano arie. Ho bisogno di parole leggere eppure capaci di sfamare e dissetare, parole che mi domandino tanto, tutta la testa da mozzare e un cuore ingenuo da allenare al passo delle bestie nella foresta, vigile e sempre a casa, eppure sempre in pericolo. Voglio parole disobbedienti ma anche candide. Parole capriole e parole solletico, parole lampi, fulmini e tuoni, parole aghi che cuciono e parole che strappano la stoffa del discorso.” Chandra Livia Candiani - Salutare le parole   - articolo della rivista Doppiozero


Persi dentro schermi magnetici e luccicanti

La solitudine, anche della parola, è vissuta dentro schermi lucidi e trasparenti, attrattivi e magnetici, totemici, oggetti magici da strofinare come vere e proprie lampade di Aladino.

Schermi capaci di inaridire ogni forma di empatia; specchi riflettenti dentro i quali singoli individui possono vedere la propria immagine riflessa così come un pesciolino in un acquario vede la propria dentro la parete trasparente che lo tiene prigioniero illudendolo di essere in mare aperto; finestre che non portano lo sguardo in nessun posto perché non permettono di vedere, tanto meno di guardare, anzi fanno da velo e da cornice a nuove conoscenze e orizzonti da esplorare; vetrine nelle quali le merci esposte sono la stessa realtà e, per dirla con Vanni Codeluppi, la nostra vita individuale e sociale si è vetrinizzata[39].

l'eccessiva esposizione agli schermi può soffocare il suono dei nostri pensieri, creare solitudine, isolamento e indifferenza verso gli altri

Merce da commercializzare è diventata anche la nostra vita intima e interiore che, senza alcun pudore, spesso in modalità esibizionistica e a volte paranoica regaliamo, sotto forma di cinguettii, confessioni e racconti, agli algoritmi analitici dei Big Data che operano nelle nuvole di dati del Cloud Computing. Nell’abitare i mondi della Rete ci sentiamo liberi come il Neo[40] di Matrix prima che Morpheus gli suggerisca la rossa pasticca della conoscenza per “rimanere nel paese delle meraviglie e vedere la tana del bianconiglio. Molti cinguettii sembrano frutto della pillola blu e ben lontani da quelli del Bird on the wire, cantato da Leonard Cohen, che celebrava in modo elegiaco la libertà (“I have tried in my way to be free”) ma anche da quelli del Blue Bird della canzone omonima di Nick Cave che, mentre sta volando (“And I know why I'm flying”) sa che tutto il resto è bugia (“And the rest is lies”).

Come lampi in un temporale che richiamano l’attenzione, i nostri cinguettii tendono a essere istantanei, automatizzati, più alla ricerca di una libertà da reality show che di una vera. Sempre che a questa libertà vera ci si voglia dedicare e non si preferisca vivere con complicità nella sua gratificante illusorietà! Sempre che la pillola rossa non sia usata furbescamente per fregare gli altri o per dare forma a narrazioni menzognere come molte di quelle oggi diffuse, attraverso gli schermi, online. A evidenziare la confusione del momento è il capovolgimento riflesso del significato della pillola rossa, ieri usata per liberarsi dal  dominio totalitario di Matrix e oggi fatta propria da illuminati vari, complottisti, dietrologi, sovranisti, terrapiattisti, No-Vax, ecc. che vedono Matrix ovunque e chiedono di prendere in mano il proprio destino. E dove lo fanno? Dentro mondi chiusi e controllati come quelli online! Dando così ragione a Groucho Marx: “Quest’uomo ha la faccia da cretino, parla come un cretino, agisce come un cretino, ma non lasciatevi ingannare, è un cretino”. Ma anticipando anche Matrix Resurrections che a gennaio 2022 è uscito nelle sale cinematografiche di tutto il mondo e poi verrà distribuito, c’è da scommetterci, anche su Netflix o su piattaforma Sky.

L’immagine riflessa dentro lo schermo ci ritorna lo sguardo servile e passivo che oggi ben ci rappresenta dentro i mondi digitali online, mondi la cui forma e rappresentazione è determinata da milioni di immagini che circolano in Rete, fruite in modo allucinatorio dalla maggior parte degli internauti. Immagini che ci guardano e ci catturano tutti, di cui siamo continuamente e gratuitamente riforniti, che sembrano soddisfare ogni nostro più intimo sentire, ma che finiscono per rendere indistinguibile la realtà da ciò che esse rappresentano e raccontano. Lo sguardo fisso e veloce sullo schermo non comunica nulla della nostra singolarità e individualità, è semplice copia perfetta di ciò che si rispecchia. Fino a quando non saremo capaci di cogliere dentro l’immagine riflessa il nostro sguardo, mai innocente né neutrale, lasciando emergere la nostra singolare alterità e diversità (anche online non siamo tutti uguali!), fino a quando non impareremo a ritagliarci dei momenti di silenzio ("Perché taccia il rumor di mia catena[41]”) e a rallentare la nostra corsa per sentire le nostre emozioni e ascoltare il nostro sé, saremo sempre prigionieri. Anche delle parole e non solo delle immagini.

lo schermo riduce la nostra capacità di attenzione, favorisce le sensazioni al posto per pensiero ragionato, predispone alle dipendenze, riduce la capacità relazionale

Nell’infosfera digitale, da distinguersi da quella alfabetica, anche le parole sono sempre più anaffettive recite a soggetto, sceneggiature seriali, narrazioni ripetitive e prevedibili, originate da vocabolari collettivi condivisi (quelli di Google?) dalla limitata varietà e ricchezza, più utili a monologare che a dialogare. Ne deriva un venir meno della relazione incarnata tra segno e significato che genera una disconnessione del linguaggio dal corpo. Ne scaturisce anche una omologazione perniciosa nella quale tutti vogliono le stesse cose (da Amazon…), tutti si raccontano le stesse storie (brevi e cinguettanti per favore!), tutti parlano la stessa lingua (AMA, AFAIK, B4, FML, F2F ecc., faccine ed emoji), tutti ripetono gli stessi gesti (MiPiace, condivisioni, commenti, ecc.), tutti si sentono ugualmente ma illusoriamente simili.

Lo schermo non è più semplice strumento di lavoro, di formazione, di lettura o di divertimento. Ha ricoperto il mondo con un grande e virtuale Velo di Maya, un mega-specchio accattivante e offuscante che, con le sue apparenze fenomeniche e illusorie, impedisce all’essere umano di fare esperienza della Verità e della Realtà (“Vuoi sapere la verità?” “Non stasera.” “Domani, può darsi!”). Ha trasformato l’ambiente umano introducendo semplificazioni impensabili, modificando linguaggi, comportamenti, processi di apprendimento ma anche capacità umane quali immaginazione e memorizzazione. Lo schermo tecnologico, insieme ai dispositivi che lo ospitano e alla tecnica tutta, sono portatori, nei loro effetti, di una trasformazione dalle conseguenze esistenziali, in termini di disintegrazione della realtà, paralisi dell’azione (ormai assegnata alle macchine) e dell’immaginazione. “Uno stato di grave e costante ansia esistenziale [...] una drammatica mutilazione del mondo e della nostra esperienza esistenziale di esso.[42]

Gli innumerevoli schermi che utilizziamo danno l’illusione della vicinanza in distanza, nella vita personale così come in quella professionale, nel tempo libero così come in quello lavorativo e affettivo. Interagiamo con schermi che hanno privatizzato e monopolizzato l’uso delle mani. Un monopolio che ci ha fatto dimenticare il legame atavico che esiste tra le mani e il linguaggio e l’importanza delle mani nella nostra comunicazione verbale tra esseri umani incarnati che si guardano e incrociano gli occhi mentre si parlano ( si veda l’importanza delle mani anche nella comunicazione non verbale o, ad esempio, nel linguaggio dei segni). Gli schermi che hanno incatenato le mani alle loro funzionalità e icone hanno rubato alle mani il tempo e il movimento da esse solitamente dedicati a richiamare l’attenzione, a mutare le espressioni del viso, a comunicare attraverso i loro gesti significati e intenzioni, pensieri e comprensioni, ad alimentare l’empatia in un’azione corroborata dai neuroni specchio.

l'eccessiva attenzione rubata dagli schermi riduce la concentrazione, blocca il flusso del pensiero riflessivo, crea vuoti di memoria e la sensazione di un persistente sovraccarico che porta allo stress

Gli schermi usati come strumenti per comunicare stanno da anni realizzando un processo di fusione progressiva con chi li usa modificando la loro testa e la loro mente, prefigurazione forse dei simbionti che verranno, già preannunciati nello storytelling dei sostenitori della Singolarità e del Transumanismo oggi tanto celebrato come espressione del nuovo (post)umanesimo in formazione, un umanesimo non più fondato sull’umano come quello del cinquecento ma su un umano ibridato con il non-umano, oggi espresso dalla tecnologia. Gli schermi hanno trasformato l’oralità (concetto introdotto da Walter J. Ong[43]) in “oralità terziaria”, definizione usata da Derrick De Kerckhove per descrivere una oralità elettronica tipica dei sistemi multimediali, della realtà virtuale e della Rete.

Una oralità cadenzata dal beep dei telefonini e dalla sensorialità illusoria del linguaggio tattile delle interfacce visuali, piuttosto che dalla trasmissione orale, sensoriale, corale e in presenza, di parole vive. Sempre diverse da quelle usate nella comunicazione radiofonica, televisiva e telefonica, virtuale e digitale, parole silenziose e mute, agite mentalmente, spesso velocemente, distrattamente e in solitudine.  Diverse perché in assenza di quegli “strati biologici, cervello, mani, bocca, labbra, palato, sopracciglia, occhi, emozioni, ragionamento, logica[44]” che caratterizzano il linguaggio umano, un sistema ben integrato nel quale mani, gesti e voce, che costituiscono l’architettura su cui si regge il nostro umano comunicare, non si sostituiscono ma camminano mano nella mano, guidati dall’intenzione.

Le parole scritte sugli schermi, che hanno assunto la forza e la forma dello scroscio, hanno silenziato le parole e i loro suoni che sono stati interiorizzati, condizionando il linguaggio, oltre che le interazioni e le relazioni tra i corpi. Nulla di nuovo nella storia umana. All’uso del linguaggio orale che ha permesso un arricchimento umano supplementare grazie al dominio sonoro, 5000 anni fa, si è aggiunta la scrittura, un passaggio fondamentale nella storia ed evoluzione del genere umano. La scrittura si è messa al servizio del cervello umano permettendogli di imparare a leggere e di sopperire alla fragilità della sua memoria. Oggi a questa memoria pongono rimedio i Big Data, dove secondo il filosofo Maurizio Ferraris risiederà la documanità futura, e gli archivi personali affidati alle applicazioni Mobile e al Cloud Computing. Si è venuta diluendo però la dimensione sonora che, in forma di racconti e narrazioni, grazie anche alle sue espressioni artistiche in forma di poemi ritmati, favole e poesie lette ad alta voce, intorno a un fuoco, in una stalla o durante una pausa lavorativa, ha sempre permesso di accedere a livelli superiori di conoscenza, di coscienza e consapevolezza, di comprensione del mondo, e sempre in compagnia di altri.

Le parole scritte sugli schermi hanno silenziato le parole e i loro suoni che sono stati interiorizzati condizionando il linguaggio, oltre che le interazioni e le relazioni tra i corpi

Le molteplici discipline delle neuroscienze che studiano il linguaggio sembrano oggi concordare sul fatto che il nostro cervello si avvicini ai significati delle  parole scritte/lette in maniera sia fonologica (fonemi) sia lessicale (grafemi), anche se la funzione della trasformazione delle parole scritte/lette in sonorità si esercita nella mente in modo inconsapevole. Non ci siamo quindi privati della sonorità del linguaggio, che continua a rimbombare tra le sinapsi linguistiche del nostro cervello, ma lo abbiamo sempre più trasformato in un esercizio solitario individuale, in assenza della presenza fisica di altri, senza il coinvolgimento dell’udito, davanti a una interfaccia puramente macchinica. Che nel prossimo futuro sarà anche in grado di ascoltarci e trasferire su un tubo elettronico e uno schermo lontano quanto da essa ascoltato, appreso e si spera anche capito!

L’assenza del sonoro va di pari passo con il venir meno di tutti gli elementi connessi alla comunicazione non verbale. Elementi riferibili ai movimenti del corpo, alle espressioni del volto, ai movimenti delle mani, al tono della voce, al contatto fisico ma anche al ruolo percettivo e cognitivo delle componenti della corteccia cerebrale note come sistema motorio (l’insieme di aree frontali e parietali strettamente connesse alle aree visive, uditive e tattili del nostro cervello) dal cui studio e comprensione si è arrivati alla scoperta dei neuroni specchio, ecc. Senza sonorità, linguaggio orale, incontro dei corpi, viene cioè meno la relazione sociale che mette in comunicazione diretta, senza intermediari, individui diversi, favorendone gli scambi qualitativi legati agli aspetti cinestetici, prossemici e paralinguistici delle interazioni in presenza. Tutti aspetti tipici dell’incontro faccia a faccia dentro contesti sociali e relazionali in presenza di corpi e di volti. Assenti nelle comunicazioni incorporee mediate da uno schermo, seppur esercitate dentro una piattaforma (Facebook) che alla faccia fa riferimento. “Senza cadere in letture apocalittiche (scontato, ma non inutile ripeterlo) e generalizzazioni (sempre sbagliate!), l’impressione (e parlo di “impressione”) è che, ormai, anche il rapporto con, il pensiero, la presenza e il ricordo delle Persone cui vogliamo bene e degli Amici, la qualità (concetto complesso, da sciogliere) e l’intensità delle relazioni e, perfino, delle emozioni, siano sempre più legati/correlati al ‘tipo’ di presenza [dentro uno schermo] nei social e al grado/tipo di coinvolgimento all’interno dei meccanismi auto-alimentati della società interconnessa e iperconnessa.[45]

"Una mente capace di stabilire connessioni prospera nella quiete, non in una infinità di messaggi e di notifiche

La mediazione del mezzo tecnologico non fa solo perdere le mille sfumature del messaggio ma suggerisce anche una progressiva perdita di identità del soggetto, un suo indebolimento sociale che può portare a fenomeni di isolamento e di alienazione. Il tema è oggetto di studio da decenni e non tutti concordano su quanto abbiamo qui sottolineato. Per alcuni infatti la comunicazione mediata tecnologicamente non è meno efficace di quella faccia a faccia ma solo più stereotipata, meno efficiente perché non sempre è possibile tradurre in codici e bit le componenti non verbali di un messaggio. 

Lasciando agli studiosi il compito di definire in dettaglio le differenze, le similitudini e le complementarietà delle diverse forme di comunicazione umana oggi possibili, gli spunti qui forniti possono servire al lettore per una riflessione finalizzata a comprendere gli effetti della tecnologia sulle interazioni umane veicolate dal linguaggio e sui cambiamenti evolutivi e adattativi in atto. Sia a livello individuale sia sociale ma soprattutto esistenziale, intendendo con quest’ultimo termine le relazioni complesse e continue di un organismo, anch’esso complesso e oggi anche tecnopoietico, con il suo ambiente alla ricerca continua di significati. 

L’ambiente vissuto esistenzialmente non è solo biologico, mentale e psicologico. Oggi è profondamente mutato, si è fatto virtuale e digitale, ha complessificato la ricerca esistenziale del Sé e di quelle risposte a cui tutti aspiriamo perché servono a capire quanto si stia sempre dentro una relazione con la vita (con sè stessi) di tipo amichevole o conflittuale. La difficoltà attuale nasce dalla intermediazione di nuovi strumenti tecnologici che hanno cambiato la percezione del mondo così come le modalità di acquisizione della conoscenza, delle cose e sulle cose, utile alla comprensione, alla consapevolezza, alla ricerca di significati e di orizzonti di senso dentro le cose che si fanno, si dicono, si sentono e si pensano. Una ricerca diventata oggi affannosa a causa del nichilismo e dello scetticismo diffusi che hanno aumentato in modo esponenziale la percezione del nulla esistenziale nel quale è precipitata la vita di molte persone, anche a causa delle minori esperienze umane in termini di relazioni empatiche, esperienze del Noi e incontro con l’Altro dalla la cui alterità dipende quello che in fondo noi esistenzialmente siamo. 

la tecnologia moderna è una sirena mitologica attuale, ammaliante divertente, formidabile e sorprendente ma spesso non fa altro che tenerci occupati a far scivolare le nostre dita su uno schermo


Note

[1] Parola deriva dal termine latino paraula, dalla fusione del dittongo au in ‘o’. Paraula a sua volta è un’evoluzione di parabola, dal greco para+ballo. Para è un prefisso che indica vicinanza, ciò che sta accanto, mentre il verbo ballein significa gettare, porre.

[2] Chandra Livia Candiani

[3] Anna Maria Palma e Lorenzo Canuti, Vuoi parlare con me? Dialogare nell’esistenza, Edizioni Tassinari

[4] Kornei Chukovsky ha coniato il concetto di genialità linguistica per raccontare il passaggio dalla lingua parlata alla lingua scritta, uno sviluppo della comprensione delle parole e dei loro molteplici impieghi da parte del bambino, prima nel discorso e poi nella scrittura.

[5] Dante, Paradiso, canto XVII, versetto 58-60

[6] Il concetto di infosfera senza aggettivi a cui si fa riferimento è quello usato da Berardi Bifo che correttamente usa il concetto sia per descrivere l’epoca alfabetica (infosfera alfabetica) sia quella digitale (infosfera digitale)

[7] Umberto Galimberti “Se le nuove tecnologie rendono inutile comunicare”, pubblicato nel libro Il primato delle tecnologia -Guida per una nuova iperumanità

[8] Berardi Bifo: La sollevazione – Collasso europeo e prospettive del movimento, Edizioni Manni, 2011 Pag. 104

[9] Il motion capture (conosciuto con l'abbreviazione mocap, in italiano, "cattura del movimento"), è la registrazione del movimento del corpo umano (o di altri movimenti) per l'analisi immediata o differita grazie alla riproduzione. È principalmente utilizzato nel campo dell'intrattenimento, militare, sportivo o medico. (Wikipedia)

[10] La performance capture è una tecnologia cinematografica utilizzata per catturare movimenti ed espressioni facciali di un soggetto/attore reale per poi applicarli a un personaggio virtuale. La tecnica è stata usata in numerosi film ma per la prima volta da Robert Zemeckis nel film 'Polar Express'. Il film più famoso costruito sul perfezionamento della performance capture è stato sicuramente Avatar di James Cameron.

[11]Dietro l’immagine non c’è nulla se non l’immagine stessa […]: essa si moltiplica sempre in modo identico” – Marc Augé

[12] Wilhelm Reich, il padre della psicoterapia corporea moderna.

[13] Miguel Benasayag Funzionare o esistere, Vita e Pensiero, 2019

[14] Intesa come lo spazio nel quale esercitiamo la nostra esperienza esistenziale della vita nel mondo, dalla semplice osservazione e contemplazione, all’attività tarsformativa, sempre in bilico tra esistenza ed essenza.

[15] Totalità e Infinito, Saggio sull'esteriorità, Edizioni Jaca Book, dodicesima ristampa 2021

[16]  Edgar Morin, Lezioni da un secolo di vita, Mimesis, 2021. Pag 55

[17] Emmanuel Lévinas (1906-1995), Epifania del volto

[18] Definizione dello scrittore tedesco Thomas Macho

[19] Uno spunto tratto da un articolo di Umberto Galimberti

[20] Un giorno credi di Edoardo Bennato: “metti tutta la forza che hai nei tuoi fragili nervi/Quando ti alzi e ti senti distrutto fatti forza e vai incontro al tuo giorno”

[21] Termine usato da Pier Aldo Rovatti per un suo libro pubblicato nel 2019 da Elèuthera

[22] Ernst Bloch, Il principio speranza

[23] C'è una breccia in ogni cosa ed è da lì che entra la luce

[24] La setta degli uomini senza volto conservano i volti di coloro muoiono nel loro santuario. Li appendono alle pareti come maschere macabre da usare durante le loro attività criminali. Le maschere tuttavia sono molto più di semplici maschere, chi le indossa, assume l'aspetto della persona a cui il volto apparteneva.

[25] Emmanuel Lévinas: Totalità e infinito, Edizioni Jaka Book

[26] Il termine è stato coniato da Wilhem Reich per descrivere l’energia vitale, o energia pre-atomica, di cui sarebbe pervaso l'universo e che nell'uomo si manifesterebbe come energia sessuale e libido.

[27] Termine coniato da Carlo Mazzucchelli nel suo libro I pesci siamo noi - Prede, pescatori e predatori nell'acquario digitale della tecnologia, pubblicato da Delos Digital

[28] Marc Augé, Cuori alle schermo – Vincere la solitudine dell’uomo digitale. Pag. 114

[29] Francesca Rigotti, L’era del singolo, Einaudi Editore, 2021, Pag. 4

[30]Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono. È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa.

[31] Andrea Colamedici e Maura Gancitano, L’alba dei nuovi dei. Da Platone ai Big Data - 2021, Pag 42

[32] Da un articolo di Walter Siti sul quotidiano Domani: Nella società dello spettacolo diventiamo attori di noi stessi

[33] Umberto Galimberti: Il libro delle emozioni, Feltrinelli Editore, 2021

[34] Martin Buber, Il cammino dell’uomo, Edizioni Qiqajon Comunità di Bose, Pag 44

[35] Il termine persona è scelto intenzionalmente per marcare la differenza con la parola individuo. A considerare individui i propri membri è la società moderna. Una società nella quale, come ha ben raccontato nei suoi libri sulla liquidità moderna Zygmunt Bauman, è sempre l’individuo che decide cosa sia buono o cattivo, lecito o illecito. Una società individualista nella quale è l’individuo ad attribuire valore alle cose.

[36] Jean Baudrillard: Il delitto perfetto – La televisione ha ucciso la realtà?

[37] Emmanuel Lévinas, Totalità e infinito - Saggio sulla esteriorità, Jaka Book, prima edizione 1971, ristampa 2021, Pag 211

[38] Franco <<Bifo>> Berardi, La Congiunzione, NERO Edizioni, 2021

[39] Vanni Codeluppi, La vetrinizzazione della vita sociale. Il processo di spettacolarizzazione degli individui e della società, Bollati Boringhieri, 2007

[40] Anagramma di One, eletto

[41] Ugo Foscolo, Sonetti

[42] Federico Campana, Magia e tecnica - La ristrutturazione della realtà - Edizioni Tlon, 2021,Pag. 161

[43] Autore del libro Oralità e scrittura - Le tecnologie della parola

[44] Silvia Ferrara, Il Salto. Segni, figure, parole: viaggio all’origine dell’immaginazione - Feltrinelli Editore, 2021, Pag. 192

[45] Da un articolo su NOVA di Piero Dominici

[46] Cosimo Accoto, Il mondo dato, cinque brevi lezioni di filosofia digitale, EGEA, 2017, Pag. 113

[47] L’uomo è antiquato (Die Antiquiertheit des Menschen), Primo volume pubblicato nel 1956, il secondo nel 1980

[48] “Il linguaggio è la dimora dell’Essere”. Gadamer, Verità e metodo, Pag. 524

[49] Donatella Di Cesare, Utopia del comprendere, da Babele ad Auschwitz, Edizioni Bollati Boringhieri, 2021, Pag. 40

[50] Montaigne: Saggi, Edizioni Giunti/Bompiani, 2019, Pag. 863

[51] Ibid Pag 863

[52] “Le manifestazioni No Vax sono organizzate da persone che parlano di libertà, ma si rendono schiave delle proprie idee non mettendole in discussione. Gli antivaccinisti non scendono in piazza per manifestare un’opinione diversa, ma corrono il rischio di diffondere il virus diventando un pericolo per gli altri: i dati dei contagi del Friuli Venezia Giulia lo dimostrano. È un fenomeno che deriva ancora una volta dal collasso della nostra cultura e della nostra scuola, non più in grado di formare menti critiche. È il prodotto della mancanza di buona educazione e di dialogo: elementi in assenza dei quali si resta bulli che si nutrono di informazioni infondate”. Umberto Galimberti

[53] Il riferimento è al capolavoro di Elias Canetti Massa e potere

[54] Edgar Morin, La testa ben fatta

[55] “[…] la parola significato si può definire così: il significato di una parola è il suo uso nel linguaggio” Ludwig Wittgenstein

[56] Il riferimento è al team di social media manager che affiancano il leader della Lega, Salvini, nelle sue attività di comunicazione social

[57] Leonardo Sciascia, Processo per violenza in Il mare color del vino

[58] Douglas Hofstadter e Emmanuel Sander: Superfici ed essenza. L’analogia come cuore pulsante del pensiero

[59] “L’autocoscienza è in sé e per sé in quanto e perchè è in sé e per sé per un’altra: ossia essa è soltanto come qualcosa di riconosciuto” - Hegel, Fenomenologia dello spirito, traduzione di E,de Negri, 1963, Pag. 153 vol.1

[60] E. Lévinas, Altrimenti che essere o al di là dell'essenza

[61] Ornella Castellani Pollidori: La lingua di plastica

[62] Ivano Dionigi: Parole che allungano la vita. Pensieri per il nostro tempo. Edizioni Cortina, 2020

[63] Vittorio Coletti, accademico della Crusca. La frase è contenuta in un suo articolo sull’Italiano della politica pubblicato sul sito dell’Accademia della Crusca

[64] Marc Augé: Cuori allo schermo, vincere la solitudine dell’uomo digitale

[65] Ludwig Wittgenstein

[66] Quando si parla di anglicismi tutti dovrebbero riflettere sulla quantità di parole che rientrano in questa categoria e delle quali non si ha più alcuna percezione della loro provenienza straniera. Ne è un esempio la parola sport (da cui sportivo, sportivamente). Ma l’elenco è lungo: marketing, hobby, party, bar, film, baby, e-mail, manager, partner, convention, wi-fi, backstage, auditing, endorsement, fake news, leggings, sexting, cyborg, ecc. 

[67] L’esempio è stato fatto dallo psicologo Luciano De Gregorio

[68] Cory Doctorow

[69] Edgar Morin, Per un'educazione al pensiero complesso 

[70] Edoardo Bennato, L’isola che non c’è

[71] Lo slogan di Vittorio (Vik) Arrigoni, attivista rapito e ucciso in Palestina

[72] Edgar Morin: “La benevolenza permette di considerare gli altri non solo per i loro difetti e le loro mancanze, ma anche per le loro qualità, nello stesso tempo nelle loro intenzioni e nelle loro azioni”.

[73] Il riferimento è alla concezione dell’etica di Paul Ricoeur

[74] Duccio Demetrio, All’antica- Una maniera di esistere, Raffaello Cortina Editore, 2021, Pag. 23

[75] Edgar Morin, Il Metodo 6 Etica, edizioni Cortina, 2005, Pag. 111

[76] Definizione usata da Francesco Varanini nel suo libro: Le cinque leggi bronzee dell’era digitale. E perché bisogna trasgredirle.

[77] Metaverso (Metaverse) è un termine coniato da Neal Stephenson in Snow Crash (1992), libro di fantascienza cyberpunk, descritto come una sorta di realtà virtuale condivisa tramite internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar.  Quella di Stephenson è una visione futuristica dell'internet moderna, frequentata dalle fasce della popolazione medio alte ove la differenza tra le classi sociali è rappresentata dalla risoluzione del proprio avatar, e dalla possibilità di accesso a luoghi esclusivi. Esempi di metaverso sono considerati i MMORPG e le chat in tre dimensioni come Second life o Active Worlds.

[78] Francesco Varanini

[79] Jón Kalman Stefánsson: "Paradiso e Inferno", Pag 11

[80] Ode su un'urna greca di John Keats, pubblicata nel 1819

[81] Eugenio Borgna: Le parole che ci salvano

[82] Riferimento all’opera di Søren Kierkegaard Timore e Tremore pubblicata nel 1843 con lo pseudonimo di Johannes de Silentio

[83] La gentilezza che cambia le relazioni digitali - La gentilezza per le relazioni nell’era digitale, per recuperare lentezza, attenzione verso sé stessi e gli altri, la buona educazione e le buone maniere., Delos Digital, 2018 

[84] Daniel Gamper: Le parole migliori, Treccani Editore, 2021, Pag. 134

[85] LEdgar Morin L’homme e la mort - Seuil, Paris 1970, trad. ital., Newton Compton, Roma 1980

[86] Un concetto espresso dal filosofo del linguaggio Lev S. Vygotskij

[87] Diffusione intenzionale di notizie o informazioni inesatte o distorte allo scopo di influenzare le azioni e le scelte di qualcuno (per es., dei propri avversari politici, dei propri nemici in un conflitto bellico, e sim.).

[88] Gianrico Carofiglio La nuova manomissione delle parole, Feltrinelli, 2021, Pag. 57

[89] Il libro di Carlo Mazzucchelli “Tecnoconsapevolezza e libertà di scelta. Alla ricerca di senso nell’era tecnologica e digitale” è pubblicato in formato digitale e cartaceo da Delos Digital

[90] Il fenomeno della «retrotopia» deriva dalla negazione della negazione dell’utopia, che con il lascito di Tommaso Moro ha in comune il riferimento a un topos di sovranità territoriale: l’idea saldamente radicata di offrire, e possibilmente garantire, un minimo accettabile di stabilità, e quindi un grado soddisfacente di fiducia in sé stessi. (Zygmunt Bauman, trad. di Marco Cupellaro, Repubblica, 3 settembre 2017, Robinson, p. 16) 

[91] Eterotopia è un termine coniato dal filosofo francese Michel Foucault per indicare «quegli spazi che hanno la particolare caratteristica di essere connessi a tutti gli altri spazi, ma in modo tale da sospendere, neutralizzare o invertire l'insieme dei rapporti che essi stessi designano, riflettono o rispecchiano». 

[92] Binge watching è un termine della lingua inglese con cui si indica l'atto del binge-watch, ossia il guardare programmi televisivi per un periodo di tempo superiore al consueto, particolarmente la pratica di usufruire della visione di diversi episodi consecutivamente, senza soste. Traducibile in italiano con "maratona televisiva", in inglese per tale azione sono anche usati i termini binge viewing e marathon viewing.  Evoluzione di tale pratica è il binge racing (tradotto in italiano come gara di abbuffata), ovvero il guardare l'intera serie tv in sole 24 ore; tale pratica, che coinvolge circa 8,4 milioni di fruitori, è praticata specialmente sulle piattaforme televisive, in cui gli episodi delle serie tv vengono rilasciati insieme simultaneamente. (Wikipedia)

[93] Greenwashing, neologismo inglese che generalmente viene tradotto come ecologismo di facciata o ambientalismo di facciata, indica la strategia di comunicazione di certe imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un'immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell'impatto ambientale, allo scopo di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dagli effetti negativi per l'ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti, che venne instaurata già dagli anni settanta. (Wikipedia)

[94] Il concetto è stato spesso usato nei suoi libri dal Cardinal Ravasi, riprendendo una terminologia usata da Teilhard de Chardin per il quale il linguaggio diventa epifania e trasparenza della rivelazione divina. In esso si manifesta la potenza del Logos del prologo giovanneo, già evocato, secondo la semantica semitica sottesa. In ebraico, infatti, dabar, “parola”, significa contemporaneamente anche “atto, evento”. Dire e fare s’intrecciano.

[95] I concetti qui espressi fanno riferimento al pensiero di Paul Ricoeur

[96] Spunti tratti dal pensiero di Iris Murdoch

[97] Edgar Morin, Etica, Cortina Editore, Pag. 51

[98] Daniel Gamper; Le parole migliori, Treccani editore, 2021, Pag. 68

[99] Ece Temelkuran, La fiducia e la dignità, Bollati Boringhieri Editore, 2021,

[100] Spunti tratti dal libro di Ermanno Bencivenga: Parole che contano

[101] È falso dire: Io penso: si dovrebbe dire io sono pensato. – Scusi il gioco di parole. IO è un altro. Questa formula ricorre in due lettere della Corrispondenza di Arthur Rimbaud: nella lettera del maggio 1871 a Georges Izambard – professore di Rimbaud al collegio, ma anche amico e confidente che lo iniziò alla letteratura; ed in quella immediatamente successiva a Paul Demeny amico di Izambard, a sua volta poeta, risalente al 15 maggio 1871.

[102] Come ha per tempo ben spiegato il filosofo Maurizio Ferraris nei suoi libri lo smartphone è usato più per scrivere che per parlare. Più che un telefono è una lavagna trasparente e condivisa.

[103] Lamberto Maffei, Elogio della parola, Edizioni Laterza, 2018, Pag. 7

[104] La poesia nella sua versione in inglese: Be Careful of Words - Be careful of words, even the miraculous ones. For the miraculous we do our best, sometimes they swarm like insects and leave not a sting but a kiss. They can be as good as fingers. They can be as trusty as the rock you stick your bottom on. But they can be both daisies and bruises. Yet I am in love with words. They are doves falling out of the ceiling. They are six holy oranges sitting in my lap. They are the trees, the legs of summer, and the sun, its passionate face. Yet often they fail me. I have so much I want to say, so many stories, images, proverbs, etc. But the words aren’t good enough, the wrong ones kiss me. Sometimes I fly like an eagle but with the wings of a wren. But I try to take care and be gentle to them. Words and eggs must be handled with care. Once broken they are impossible things to repair.

[105] Anne Sexton (Weston, 4 ottobre 1974) è stata una scrittrice e poetessa statunitense. Dopo diversi tentativi di suicidio, il 4 ottobre del 1974, anno del suo divorzio, Anne Sexton scese in garage e dopo aver acceso il motore della sua macchina si lasciò morire inalando il monossido di carbonio. È sepolta al Forest Hills Cemetery & Crematory a Jamaica Plain, Boston, Massachusetts.

[106]La frase è una riflessione di Donatella Di Cesare fatta nel suo libro Utopia del comprendere, pubblicato da Bollati Boringhieri nel 2021, Pag.22

[107] Byung-Chul Han (2014). Razionalità digitale. La fine dell’agire comunicativo

[108] Spunti tratti dal libro di Zygmunt Bauman Di nuovo soli. Un’etica in cerca di certezze.

[109] Termine utilizzato da Emmanuel Lévinas per rappresentare la dimensione dell’alterità e dunque il senso della comunità e della responsabilità.

[110] Zygmunt Bauman: Di nuovo soli. Un’etica in cerca di certezze.

StultiferaBiblio

Pubblicato il 05 aprile 2025

Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – Co-fondatore di STULTIFERANAVIS

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