- Parole in forma di carezze [leggi qui]
- Il volto e le facce
- Sempre connessi mai congiunti [leggi qui]
- Persi dentro schermi magnetici e luccicanti [leggi qui]
- Ambienti digitali e forza delle parole [leggi qui]
- La ricchezza delle parole [leggi qui]
- Parole inflazionate, parole ricche di significati [leggi qui]
- La ricchezza delle parole [leggi qui]
- Le parole dell’etica [leggi qui]
- Una riflessione necessaria [leggi qui]
- Oltrepassare come azione etica [leggi qui]
- Serve uno sguardo diverso [leggi qui]
- Alla fine del viaggio dentro le parole [leggi qui]
- Siate cauti con le parole [leggi qui]
“Ci sono parole importanti, di uso quotidiano, il cui significato nel tempo si è dilatato fino a diventare incerto, fino a renderle vaghe e prive di contorno, così che oggi, come i liquidi prendono la forma dei recipienti che li contengono, possono essere adatte a contesti diversi senza però significare più nulla di sicuro.” – Massimo Angelini, Ecologia della parola
“Sì, pensare non basta. Le parole non pronunciate diventano briciole, ci saziano per un istante ma si dimenticano altrettanto in fretta. Solo quando escono dalla bocca rivelano il loro valore… Però possiamo scriverle. Sì, ma allora occorre qualcuno che sappia leggerle […]”– Cucinare un orso, Mikael Niemi
“Lasciaci oltrepassare la gioia e il dolore - Lasciaci oltrepassare l’astio e l’affetto - Lasciaci oltrepassare le parole dure e quelle vane, le parole vuote dell’amoreLasciaci oltrepassare.” -- Abbas Kiarostami
“Non voglio parole che mi spieghino e nemmeno che sgroviglino né chiariscano. Non voglio parole che mi riempiano e nemmeno che mi facciano sentire sciocca e con poca scuola alle spalle. Non voglio parole che complichino senza un cuore al centro. Non voglio parole che si diano arie. Ho bisogno di parole leggere eppure capaci di sfamare e dissetare, parole che mi domandino tanto, tutta la testa da mozzare e un cuore ingenuo da allenare al passo delle bestie nella foresta, vigile e sempre a casa, eppure sempre in pericolo. Voglio parole disobbedienti ma anche candide. Parole capriole e parole solletico, parole lampi, fulmini e tuoni, parole aghi che cuciono e parole che strappano la stoffa del discorso.” Chandra Livia Candiani - Salutare le parole - articolo della rivista Doppiozero
Sempre connessi ma non congiunti
Siamo tutti connessi ma non più congiunti (collegati) con gli altri, forse neppure con noi stessi. Alla costante ricerca di esperienze gratificanti, viviamo allegramente una nevrotizzante esperienza di schizofrenia diffusa, condivisa con altri come noi, che produce frustrazione e impedisce di sperimentare nuove esperienze.
Siamo chiamati tutti a “rimetterci in sesto[34]” mettendo in discussione abitudini consolidate, anche quelle più recenti diventate catene d’acciaio che ci impediscono di raggiungere il nostro sé, non quello egocentrico e narcisista che trova oggi massima espressione online, ma quello profondo di persone[35] che vivono con il mondo, inteso come relazione con oggetti e soprattutto con persone. La nostra natura relazionale è alla base del nostro sentire e conoscere.
rimettiti in sesto, metti in discussione le tue abitudini, vai alla ricerca di relazioni vere, profonde, con gli oggetti ma soprattutto con le persone
Tutto ciò che possiamo pensare delle cose, della realtà, di noi stessi, del mondo si traduce in conoscenza solo attraverso una relazione “in carne e ossa”. Anche le parole hanno senso soltanto se pronunciate e scambiate con qualcuno presente in carne e ossa, non con un interlocutore con cui interagiamo digitalmente!
Online ci sentiamo felici, energici e iperattivi, nella realtà siamo sempre più assenti, passivi, svaniti ma anche sbadati, innervositi, incoscienti e irresponsabili. “Ciascuno corre nella sua orbita, chiuso nella propria bolla, satellizzato […] nessuno ha più un destino, poiché vi è destino soltanto nell’intersezione di sé stessi con gli altri[36]”. Dentro contesti elettronici che hanno siliconizzato il mondo, abbiamo cancellato il tempo e la distanza ma ci sentiamo in crisi di astinenza da tempo, che dura e si dilata al di là del mero presente tutto centrato su esigenze sincroniche.
il costante accompagnamento algoritmico ininterrotto ha siliconizzato il mondo, la realtà, la nostra esistenza
Siamo sempre più (di)staccati dagli altri e isolati. L’annullamento della distanza è progressivo, operato attraverso una penetrazione continua e in profondità nelle vite private, nell’intimità e nell’anima (psiche) di ognuno. Comunichiamo e interagiamo con tutti ma le parole che usiamo sembrano il prodotto ripetibile di funzioni algoritmiche che le trattano come se fossero semplici atomi elementari, dentro modalità di interazione puramente sintattiche preconfezionate, che finiscono per predeterminare anche significati, relazioni, conversazioni e dialoghi. Ne deriva la perdita della capacità di traduzione e interpretazione semantica, come quella ben descritta da Lévinas (“il significato sorprende anche il pensiero che lo ha pensato[37]”) nella sua riflessione sul volto che incontra il “Medesimo”, ovvero il soggetto unico, un egoistico re, ignaro della sua reale vocazione.
L’incontro sconvolge, pone il sé innanzi a un Altro soggetto e alla sua esistenza. Linguisticamente ed eticamente, obbliga a “[…] superare continuamente l‘equivoco della propria immagine [faccia, maschera], dei propri segni verbali” e a scoprire l’impossibilità della propria autosufficienza.
L’incontro è faticoso, a volte conflittuale e pieno di ambiguità, richiede uno (s)co(i)nvolgimento che non tutti sono disposti generosamente a sperimentare, pochi sanno forse oggi accettare.
Tuttavia l’incontro, anche quello immaginario, serve a rompere le abitudini, gli automatismi e le rigidità, a ricondurre la propria esistenza, oggi vissuta spesso attraverso selfie che esprimono un un bisogno struggente di esistere e riconoscersi, in contesti sempre nuovi, creativi, a generare stimoli utili per il dialogo interiore così come quello con gli altri, a farsi costruttori di altri linguaggi, più adatti a entrare in sintonia con emozioni, affetti e sentimenti.
l'incontro fisico con l'Altro può essere faticoso, ma serve a rompere le abitudini, gli automatismi e le rigidità, a generare stimoli utili per il dialogo
La pandemia, forzando la pratica del distanziamento, per alcuni ha fatto crescere il bisogno di corpi che si toccano, si baciano e si stringono le mani, di contatti fisici. In realtà potrebbe avere semplicemente accentuato una tendenza già in atto da tempo nella società postmoderna, anche per motivi economici e sociali. La tendenza che vede un numero crescente di persone allontanarsi da forme sociali conviviali, ritenute antiche e quindi superate, collettive e comunitarie, per scelta o per semplice comodità e utilitarismo, anche per difendere i propri spazi individuali di libertà e di autonomia. Spesso semplicemente e erroneamente edificati online.
Le forme di distanziamento che impediscono o limitano l’incontro dei corpi non sono senza effetti, sulle nostre emozioni, sui nostri affetti, sul nostro stare bene e sulla nostra felicità. Persino sul nostro sguardo e sulla nostra pelle, che sempre manifesta e comunica il suo bisogno di essere toccata.
La pelle (dal latino pellis, superficie, che affonda le sue radici nel termine greco πάλ o πελ, riempire, coprire, ma anche nel verbo πελάζω, accedere, approssimarsi) è l’organo di rivestimento esterno del corpo dell’uomo e di diversi animali che assume in molte espressioni il significato di vita, di esistenza. La pelle sembra una superficie fragile ma in realtà è una potente corazza che ci protegge. Come lo sguardo la pelle è in grado di comunicare, a volte di nascondere, le sue ferite sono spiragli di luce verso l’interiorità dell’animo. Entità psicosomatica complessa, è ciò che ci separa da ciò che è fuori di noi e funge da elemento relazionale e comunicazionale con il mondo esterno.
Come lo sguardo la pelle è in grado di comunicare, a volte di nascondere, le sue ferite sono spiragli di luce verso l’interiorità dell’animo.
Sede di vari mutamenti somatici che comunicano emozioni, sensazioni e contenuti soggettivi di tipo psicologico, che attirano sguardi e attenzione, la pelle è fattore determinante nello sviluppo psichico di ogni bambino o bambina, per costruire e comunicare schema e immagine del corpo umano, della personalità di ogni individuo. La pelle, indispensabile per tracciare i confini tra il sé e l’altro da sé, tra il corpo e l’ambiente, richiede l’esperienza del tatto, in particolare quello legato all’uso delle mani, implica la presenza di un corpo che può toccare, essere toccato e si lascia toccare. Così come molti animali in cattività deperiscono in mancanza di contatti fisici con altri della loro specie, gli esseri umani manifestano il bisogno di contatto già nella loro fase prenatale, il benessere dell’embrione e poi del nascituro dipende molto dal contatto tattile, sia nella fase di sviluppo intrauterino sia in quella neonatale. La pelle è la porta d’ingresso all’Oltre che tutti sperimentiamo, la sentinella tattile del senso di appartenenza in cui facciamo esperienza del nostro corpo, del corpo vissuto come lo viviamo dall’interno.
Il ruolo e l’importanza del (con)tatto ce lo racconta molto bene la Psicologia Funzionale che suggerisce di considerare l'essere umano, ovvero il Sé, come una integrazione di quattro grandi aree di processi: cognitivi, sensomotori, emozionali e fisiologici. Processi che applicati al contatto ci permettono di evidenziarne diverse angolazioni prospettiche come: un processo inerente il tatto, emozione, pensiero e una cascata di ormoni e neuromediatori. Alessandro Bianchi, psicologo funzionale e coautore con Carlo Mazzucchelli del libro Tecnologie e sviluppo del benessere psico-biologico parla della pelle come di una interfaccia, del tatto che anticipa ogni cornice narrativa ed è più di un semplice senso per il suo essere potente dispositivo relazionale attraverso il quale troviamo il nostro posto nel mondo e in mezzo agli altri.
L'unico vero contatto di cui continua a esserci bisogno non è solo tattile (relegato all'organo del senso) ma è quello umano
Le sensazioni piacevoli generate dal tatto si ricordano e possono essere richiamate alla memoria, in forma di carezze ricevute o date. Nel tatto si può cogliere “l’emozione, lo stato d’animo in esso connesso, la sua venatura variabile tra rassicurazione ed eccitazione […]”. Il tatto come pensiero racconta “la memoria dei fatti, dei gesti, il contesto ambientale e la persona oggetto del Contatto; ma anche il valore che è stato dato all'esperienza, il suo significato sul quale possiamo interrogarci”. Infine, il tatto scatena una cascata di ormoni e neuromediatori di cui non siamo coscienti perché non percepiamo il rilascio di ossitocina conseguente a un abbraccio o l'aumento del tono vagale, modalità di funzionamento del Sistema neurovegetativo, ma ne sentiamo chiaramente gli effetti: il battito cardiaco che rallenta se prima agitato, il rilassamento, il piacere che si diffonde, il peso sullo stomaco che si dilegua. Sensazioni anch'esse tutte (ri)accessibili nella nostra memoria.
I tanti significati qui associati alla semplice parola contatto illustrano bene la distanza che la separa dalla stessa parola utilizzata sulle piattaforme tecnologiche e tanto di moda oggi. Il contatto di cui parliamo e il cui significato profondo ritorna in molte parti di questo libro è un “funzionamento psico-biologico corrispondente a uno specifico, essenziale e invariante bisogno di fondo che solo da una esperienza piena e integrata può trovare risposta appagante”.
Il tatto (il toccare) viene prima di ogni cornice narrativa ed è più di un semplice organo di senso, è un dispositivo relazionale (Alessandro Bianchi)
Il bisogno del contatto tattile (carezze, pressioni, abbracci, baci, ecc.) va di pari passo con quello delle parole, della voce che spesso le accompagna. Lo sguardo come le parole emana dal volto, non può lasciare indifferenti perché ogni contatto tra due individui determina un effetto su entrambi. Scrutare un volto equivale a mettersi a nudo e al tempo stesso leggere la nudità dell’altro. Privati dello sguardo, per dirla con Lévinas, si perde la possibilità di accogliere e entrare in risonanza con l’Altro, di prestare attenzione al mistero, all’enigma, che è la forma con cui si dà ogni identità umana. Online, senza la possibilità di contatti diretti e senza incrociare il volto umano diventa impossibile cogliere le tracce che ogni ‘mistero d’esistenza’ lascia dietro di sé. Queste tracce sono elementi costitutivi dell’inesauribile differenza, specificità e alterità che ogni essere umano rappresenta, si palesano e trovano la loro espressione attraverso il volto umano. Recuperare il volto dell’Altro, poterlo guardare senza paura e con emozione è un modo per guardare sé stessi, il nostro volto che si riflette in quello degli altri.
La pandemia che ha tarpato le ali a questo sguardo, assorbendolo e vanificandolo dentro i pixel luminosi di uno schermo, ci ha fatto sentire quanto sia diventato urgente riallacciare il (con)tatto, tornare a guardare visi e corpi, a toccare e a essere toccati. Non con un puntatore digitale ma con le mani, dallo sguardo, da un corpo.
L’urgenza è legata alla inadeguatezza delle facce-immagini digitali a comunicare quello che noi siamo, dalla necessità di guardare al di là e oltre i visi incontrati per rinvigorire mente e corpo e, nel farlo, per ridare forza alle parole e, anche attraverso di esse, reinventare la realtà. L’incapacità o l'impossibilità a saper guardare al di là, riduce l’Altro a semplici ombre tutte uguali che passivamente ci seguono, ci stanno appresso ma senza mai catturare l’attenzione del nostro sguardo, generando indifferenza e inazione, per poi sparire nel nulla.
Recuperare il volto dell’Altro, poterlo guardare senza paura e con emozione è un modo per guardare sé stessi, il nostro volto che si riflette in quello degli altri.
Gli effetti di questo mancato incontro sulle persone sono oggi ben raccontati dall’aumento delle sofferenze psichiche e cognitive, dallo straniamento che deriva da un dilemma, ben rappresentato in tempo di pandemia, dal timore di contatti troppo intimi e tattili con gli altri e, al tempo stesso, dalla paura ansiogena di rimanere isolati, senza rapporti interpersonali. L’aumento della sofferenza è determinato anche dallo sforzo di adeguamento a condizioni esterne e ambientali completamente mutate, dalla pervasività della tecnologia, dal ruolo assunto dalle piattaforme digitali nella socialità, nella comunicazione e nella relazione, con sé stessi e con gli altri.
Uno degli effetti è l’inibizione progressiva della sensibilità ossia la “competenza che permette agli umani di interpretare segni non verbali e non verbalizzabili, di comprendere ciò che non può essere espresso in forme sintatticamente finite[38]”. Un altro effetto è il venire meno della risonanza emotiva, ossia della capacità psichica di registrare le proprie e le altrui azioni come buone o cattive, di capirne le implicazioni e le conseguenze per l’Altro. Azioni di questo tipo, che ormai riempiono le pagine di cronaca dei giornali, si manifestano in comportamenti di (cyber)bullismo, sexting e porno revenge, di violenza sulle donne ma anche su semplici mendicanti, dati alle fiamme per puro divertimento o sfida (challenge) tra compagni di gioco, spesso emulando videogiochi da divano e multiplayer sparatutto e metaversi vari nei quali un numero crescente di adolescenti passa il proprio tempo libero a giocare. Un videogiocare immersivo che racconta il disancoramento crescente di chi lo pratica dalla realtà, percepita come monotona e come tale da rendere eccitante attraverso azioni e comportamenti violenti e aggressivi come quelli citati.
Il calo di sensibilità va di pari passo con la digitalizzazione delle relazioni che, proprio mentre le narrazioni tecnologiche celebrano l’apoteosi della socialità delle molteplici reti sociali, determinano il venir meno dei legami comunitari (da qui la voglia di comunità così ben descritta da Bauman nei suoi libri), solidali, fraterni, compassionevoli e responsabili. La sparizione di questi legami si traduce in paura, vulnerabilità, smarrimento, incertezza e insicurezza esistenziali, in timidezza e freddezza nei confronti degli altri. In particolare, verso altri considerati stranieri, persone che sperimentano una difficoltà maggiore nel trovare il calore che sempre è determinato dalla solidarietà umana, in termini di consolazione, compassione, serenità, condivisione, incoraggiamento e sensibilità.
mentre le narrazioni tecnologiche celebrano l’apoteosi della socialità delle molteplici reti sociali, determinano il venir meno dei legami comunitari
I legami spariti, non sostituiti e neppure sostituibili da quelli online, hanno acuito isolamento, solitudine, sofferenza psichica e sensazione di precarietà, creando in molti l’impressione angosciante di ansia e di inquietudine. Difficilmente superabile nella realtà connessa e globalizzata attuale. Risultato di una economia digitale che tende a automatizzare ogni flusso esistenziale, a trasformare ogni gesto, ogni comportamento, ogni relazione sociale in un'occasione mercificata di vendita, di consumo e di ricerca di profitto.
Note
[1] Parola deriva dal termine latino paraula, dalla fusione del dittongo au in ‘o’. Paraula a sua volta è un’evoluzione di parabola, dal greco para+ballo. Para è un prefisso che indica vicinanza, ciò che sta accanto, mentre il verbo ballein significa gettare, porre.
[2] Chandra Livia Candiani
[3] Anna Maria Palma e Lorenzo Canuti, Vuoi parlare con me? Dialogare nell’esistenza, Edizioni Tassinari
[4] Kornei Chukovsky ha coniato il concetto di genialità linguistica per raccontare il passaggio dalla lingua parlata alla lingua scritta, uno sviluppo della comprensione delle parole e dei loro molteplici impieghi da parte del bambino, prima nel discorso e poi nella scrittura.
[5] Dante, Paradiso, canto XVII, versetto 58-60
[6] Il concetto di infosfera senza aggettivi a cui si fa riferimento è quello usato da Berardi Bifo che correttamente usa il concetto sia per descrivere l’epoca alfabetica (infosfera alfabetica) sia quella digitale (infosfera digitale)
[7] Umberto Galimberti “Se le nuove tecnologie rendono inutile comunicare”, pubblicato nel libro Il primato delle tecnologia -Guida per una nuova iperumanità
[8] Berardi Bifo: La sollevazione – Collasso europeo e prospettive del movimento, Edizioni Manni, 2011 Pag. 104
[9] Il motion capture (conosciuto con l'abbreviazione mocap, in italiano, "cattura del movimento"), è la registrazione del movimento del corpo umano (o di altri movimenti) per l'analisi immediata o differita grazie alla riproduzione. È principalmente utilizzato nel campo dell'intrattenimento, militare, sportivo o medico. (Wikipedia)
[10] La performance capture è una tecnologia cinematografica utilizzata per catturare movimenti ed espressioni facciali di un soggetto/attore reale per poi applicarli a un personaggio virtuale. La tecnica è stata usata in numerosi film ma per la prima volta da Robert Zemeckis nel film 'Polar Express'. Il film più famoso costruito sul perfezionamento della performance capture è stato sicuramente Avatar di James Cameron.
[11] “Dietro l’immagine non c’è nulla se non l’immagine stessa […]: essa si moltiplica sempre in modo identico” – Marc Augé
[12] Wilhelm Reich, il padre della psicoterapia corporea moderna.
[13] Miguel Benasayag Funzionare o esistere, Vita e Pensiero, 2019
[14] Intesa come lo spazio nel quale esercitiamo la nostra esperienza esistenziale della vita nel mondo, dalla semplice osservazione e contemplazione, all’attività tarsformativa, sempre in bilico tra esistenza ed essenza.
[15] Totalità e Infinito, Saggio sull'esteriorità, Edizioni Jaca Book, dodicesima ristampa 2021
[16] Edgar Morin, Lezioni da un secolo di vita, Mimesis, 2021. Pag 55
[17] Emmanuel Lévinas (1906-1995), Epifania del volto
[18] Definizione dello scrittore tedesco Thomas Macho
[19] Uno spunto tratto da un articolo di Umberto Galimberti
[20] Un giorno credi di Edoardo Bennato: “metti tutta la forza che hai nei tuoi fragili nervi/Quando ti alzi e ti senti distrutto fatti forza e vai incontro al tuo giorno”
[21] Termine usato da Pier Aldo Rovatti per un suo libro pubblicato nel 2019 da Elèuthera
[22] Ernst Bloch, Il principio speranza
[23] C'è una breccia in ogni cosa ed è da lì che entra la luce
[24] La setta degli uomini senza volto conservano i volti di coloro muoiono nel loro santuario. Li appendono alle pareti come maschere macabre da usare durante le loro attività criminali. Le maschere tuttavia sono molto più di semplici maschere, chi le indossa, assume l'aspetto della persona a cui il volto apparteneva.
[25] Emmanuel Lévinas: Totalità e infinito, Edizioni Jaka Book
[26] Il termine è stato coniato da Wilhem Reich per descrivere l’energia vitale, o energia pre-atomica, di cui sarebbe pervaso l'universo e che nell'uomo si manifesterebbe come energia sessuale e libido.
[27] Termine coniato da Carlo Mazzucchelli nel suo libro I pesci siamo noi - Prede, pescatori e predatori nell'acquario digitale della tecnologia, pubblicato da Delos Digital
[28] Marc Augé, Cuori alle schermo – Vincere la solitudine dell’uomo digitale. Pag. 114
[29] Francesca Rigotti, L’era del singolo, Einaudi Editore, 2021, Pag. 4
[30] “Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono. È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa.”
[31] Andrea Colamedici e Maura Gancitano, L’alba dei nuovi dei. Da Platone ai Big Data - 2021, Pag 42
[32] Da un articolo di Walter Siti sul quotidiano Domani: Nella società dello spettacolo diventiamo attori di noi stessi
[33] Umberto Galimberti: Il libro delle emozioni, Feltrinelli Editore, 2021
[34] Martin Buber, Il cammino dell’uomo, Edizioni Qiqajon Comunità di Bose, Pag 44
[35] Il termine persona è scelto intenzionalmente per marcare la differenza con la parola individuo. A considerare individui i propri membri è la società moderna. Una società nella quale, come ha ben raccontato nei suoi libri sulla liquidità moderna Zygmunt Bauman, è sempre l’individuo che decide cosa sia buono o cattivo, lecito o illecito. Una società individualista nella quale è l’individuo ad attribuire valore alle cose.
[36] Jean Baudrillard: Il delitto perfetto – La televisione ha ucciso la realtà?
[37] Emmanuel Lévinas, Totalità e infinito - Saggio sulla esteriorità, Jaka Book, prima edizione 1971, ristampa 2021, Pag 211
[38] Franco <<Bifo>> Berardi, La Congiunzione, NERO Edizioni, 2021
[39] Vanni Codeluppi, La vetrinizzazione della vita sociale. Il processo di spettacolarizzazione degli individui e della società, Bollati Boringhieri, 2007
[40] Anagramma di One, eletto
[41] Ugo Foscolo, Sonetti
[42] Federico Campana, Magia e tecnica - La ristrutturazione della realtà - Edizioni Tlon, 2021,Pag. 161
[43] Autore del libro Oralità e scrittura - Le tecnologie della parola
[44] Silvia Ferrara, Il Salto. Segni, figure, parole: viaggio all’origine dell’immaginazione - Feltrinelli Editore, 2021, Pag. 192
[45] Da un articolo su NOVA di Piero Dominici
[46] Cosimo Accoto, Il mondo dato, cinque brevi lezioni di filosofia digitale, EGEA, 2017, Pag. 113
[47] L’uomo è antiquato (Die Antiquiertheit des Menschen), Primo volume pubblicato nel 1956, il secondo nel 1980
[48] “Il linguaggio è la dimora dell’Essere”. Gadamer, Verità e metodo, Pag. 524
[49] Donatella Di Cesare, Utopia del comprendere, da Babele ad Auschwitz, Edizioni Bollati Boringhieri, 2021, Pag. 40
[50] Montaigne: Saggi, Edizioni Giunti/Bompiani, 2019, Pag. 863
[51] Ibid Pag 863
[52] “Le manifestazioni No Vax sono organizzate da persone che parlano di libertà, ma si rendono schiave delle proprie idee non mettendole in discussione. Gli antivaccinisti non scendono in piazza per manifestare un’opinione diversa, ma corrono il rischio di diffondere il virus diventando un pericolo per gli altri: i dati dei contagi del Friuli Venezia Giulia lo dimostrano. È un fenomeno che deriva ancora una volta dal collasso della nostra cultura e della nostra scuola, non più in grado di formare menti critiche. È il prodotto della mancanza di buona educazione e di dialogo: elementi in assenza dei quali si resta bulli che si nutrono di informazioni infondate”. Umberto Galimberti
[53] Il riferimento è al capolavoro di Elias Canetti Massa e potere
[54] Edgar Morin, La testa ben fatta
[55] “[…] la parola significato si può definire così: il significato di una parola è il suo uso nel linguaggio” Ludwig Wittgenstein
[56] Il riferimento è al team di social media manager che affiancano il leader della Lega, Salvini, nelle sue attività di comunicazione social
[57] Leonardo Sciascia, Processo per violenza in Il mare color del vino
[58] Douglas Hofstadter e Emmanuel Sander: Superfici ed essenza. L’analogia come cuore pulsante del pensiero
[59] “L’autocoscienza è in sé e per sé in quanto e perchè è in sé e per sé per un’altra: ossia essa è soltanto come qualcosa di riconosciuto” - Hegel, Fenomenologia dello spirito, traduzione di E,de Negri, 1963, Pag. 153 vol.1
[60] E. Lévinas, Altrimenti che essere o al di là dell'essenza
[61] Ornella Castellani Pollidori: La lingua di plastica
[62] Ivano Dionigi: Parole che allungano la vita. Pensieri per il nostro tempo. Edizioni Cortina, 2020
[63] Vittorio Coletti, accademico della Crusca. La frase è contenuta in un suo articolo sull’Italiano della politica pubblicato sul sito dell’Accademia della Crusca
[64] Marc Augé: Cuori allo schermo, vincere la solitudine dell’uomo digitale
[65] Ludwig Wittgenstein
[66] Quando si parla di anglicismi tutti dovrebbero riflettere sulla quantità di parole che rientrano in questa categoria e delle quali non si ha più alcuna percezione della loro provenienza straniera. Ne è un esempio la parola sport (da cui sportivo, sportivamente). Ma l’elenco è lungo: marketing, hobby, party, bar, film, baby, e-mail, manager, partner, convention, wi-fi, backstage, auditing, endorsement, fake news, leggings, sexting, cyborg, ecc.
[67] L’esempio è stato fatto dallo psicologo Luciano De Gregorio
[68] Cory Doctorow
[69] Edgar Morin, Per un'educazione al pensiero complesso
[70] Edoardo Bennato, L’isola che non c’è
[71] Lo slogan di Vittorio (Vik) Arrigoni, attivista rapito e ucciso in Palestina
[72] Edgar Morin: “La benevolenza permette di considerare gli altri non solo per i loro difetti e le loro mancanze, ma anche per le loro qualità, nello stesso tempo nelle loro intenzioni e nelle loro azioni”.
[73] Il riferimento è alla concezione dell’etica di Paul Ricoeur
[74] Duccio Demetrio, All’antica- Una maniera di esistere, Raffaello Cortina Editore, 2021, Pag. 23
[75] Edgar Morin, Il Metodo 6 Etica, edizioni Cortina, 2005, Pag. 111
[76] Definizione usata da Francesco Varanini nel suo libro: Le cinque leggi bronzee dell’era digitale. E perché bisogna trasgredirle.
[77] Metaverso (Metaverse) è un termine coniato da Neal Stephenson in Snow Crash (1992), libro di fantascienza cyberpunk, descritto come una sorta di realtà virtuale condivisa tramite internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar. Quella di Stephenson è una visione futuristica dell'internet moderna, frequentata dalle fasce della popolazione medio alte ove la differenza tra le classi sociali è rappresentata dalla risoluzione del proprio avatar, e dalla possibilità di accesso a luoghi esclusivi. Esempi di metaverso sono considerati i MMORPG e le chat in tre dimensioni come Second life o Active Worlds.
[78] Francesco Varanini
[79] Jón Kalman Stefánsson: "Paradiso e Inferno", Pag 11
[80] Ode su un'urna greca di John Keats, pubblicata nel 1819
[81] Eugenio Borgna: Le parole che ci salvano
[82] Riferimento all’opera di Søren Kierkegaard Timore e Tremore pubblicata nel 1843 con lo pseudonimo di Johannes de Silentio
[83] La gentilezza che cambia le relazioni digitali - La gentilezza per le relazioni nell’era digitale, per recuperare lentezza, attenzione verso sé stessi e gli altri, la buona educazione e le buone maniere., Delos Digital, 2018
[84] Daniel Gamper: Le parole migliori, Treccani Editore, 2021, Pag. 134
[85] LEdgar Morin L’homme e la mort - Seuil, Paris 1970, trad. ital., Newton Compton, Roma 1980
[86] Un concetto espresso dal filosofo del linguaggio Lev S. Vygotskij
[87] Diffusione intenzionale di notizie o informazioni inesatte o distorte allo scopo di influenzare le azioni e le scelte di qualcuno (per es., dei propri avversari politici, dei propri nemici in un conflitto bellico, e sim.).
[88] Gianrico Carofiglio La nuova manomissione delle parole, Feltrinelli, 2021, Pag. 57
[89] Il libro di Carlo Mazzucchelli “Tecnoconsapevolezza e libertà di scelta. Alla ricerca di senso nell’era tecnologica e digitale” è pubblicato in formato digitale e cartaceo da Delos Digital
[90] Il fenomeno della «retrotopia» deriva dalla negazione della negazione dell’utopia, che con il lascito di Tommaso Moro ha in comune il riferimento a un topos di sovranità territoriale: l’idea saldamente radicata di offrire, e possibilmente garantire, un minimo accettabile di stabilità, e quindi un grado soddisfacente di fiducia in sé stessi. (Zygmunt Bauman, trad. di Marco Cupellaro, Repubblica, 3 settembre 2017, Robinson, p. 16)
[91] Eterotopia è un termine coniato dal filosofo francese Michel Foucault per indicare «quegli spazi che hanno la particolare caratteristica di essere connessi a tutti gli altri spazi, ma in modo tale da sospendere, neutralizzare o invertire l'insieme dei rapporti che essi stessi designano, riflettono o rispecchiano».
[92] Binge watching è un termine della lingua inglese con cui si indica l'atto del binge-watch, ossia il guardare programmi televisivi per un periodo di tempo superiore al consueto, particolarmente la pratica di usufruire della visione di diversi episodi consecutivamente, senza soste. Traducibile in italiano con "maratona televisiva", in inglese per tale azione sono anche usati i termini binge viewing e marathon viewing. Evoluzione di tale pratica è il binge racing (tradotto in italiano come gara di abbuffata), ovvero il guardare l'intera serie tv in sole 24 ore; tale pratica, che coinvolge circa 8,4 milioni di fruitori, è praticata specialmente sulle piattaforme televisive, in cui gli episodi delle serie tv vengono rilasciati insieme simultaneamente. (Wikipedia)
[93] Greenwashing, neologismo inglese che generalmente viene tradotto come ecologismo di facciata o ambientalismo di facciata, indica la strategia di comunicazione di certe imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un'immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell'impatto ambientale, allo scopo di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dagli effetti negativi per l'ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti, che venne instaurata già dagli anni settanta. (Wikipedia)
[94] Il concetto è stato spesso usato nei suoi libri dal Cardinal Ravasi, riprendendo una terminologia usata da Teilhard de Chardin per il quale il linguaggio diventa epifania e trasparenza della rivelazione divina. In esso si manifesta la potenza del Logos del prologo giovanneo, già evocato, secondo la semantica semitica sottesa. In ebraico, infatti, dabar, “parola”, significa contemporaneamente anche “atto, evento”. Dire e fare s’intrecciano.
[95] I concetti qui espressi fanno riferimento al pensiero di Paul Ricoeur
[96] Spunti tratti dal pensiero di Iris Murdoch
[97] Edgar Morin, Etica, Cortina Editore, Pag. 51
[98] Daniel Gamper; Le parole migliori, Treccani editore, 2021, Pag. 68
[99] Ece Temelkuran, La fiducia e la dignità, Bollati Boringhieri Editore, 2021,
[100] Spunti tratti dal libro di Ermanno Bencivenga: Parole che contano
[101] È falso dire: Io penso: si dovrebbe dire io sono pensato. – Scusi il gioco di parole. IO è un altro. Questa formula ricorre in due lettere della Corrispondenza di Arthur Rimbaud: nella lettera del maggio 1871 a Georges Izambard – professore di Rimbaud al collegio, ma anche amico e confidente che lo iniziò alla letteratura; ed in quella immediatamente successiva a Paul Demeny amico di Izambard, a sua volta poeta, risalente al 15 maggio 1871.
[102] Come ha per tempo ben spiegato il filosofo Maurizio Ferraris nei suoi libri lo smartphone è usato più per scrivere che per parlare. Più che un telefono è una lavagna trasparente e condivisa.
[103] Lamberto Maffei, Elogio della parola, Edizioni Laterza, 2018, Pag. 7
[104] La poesia nella sua versione in inglese: Be Careful of Words - Be careful of words, even the miraculous ones. For the miraculous we do our best, sometimes they swarm like insects and leave not a sting but a kiss. They can be as good as fingers. They can be as trusty as the rock you stick your bottom on. But they can be both daisies and bruises. Yet I am in love with words. They are doves falling out of the ceiling. They are six holy oranges sitting in my lap. They are the trees, the legs of summer, and the sun, its passionate face. Yet often they fail me. I have so much I want to say, so many stories, images, proverbs, etc. But the words aren’t good enough, the wrong ones kiss me. Sometimes I fly like an eagle but with the wings of a wren. But I try to take care and be gentle to them. Words and eggs must be handled with care. Once broken they are impossible things to repair.
[105] Anne Sexton (Weston, 4 ottobre 1974) è stata una scrittrice e poetessa statunitense. Dopo diversi tentativi di suicidio, il 4 ottobre del 1974, anno del suo divorzio, Anne Sexton scese in garage e dopo aver acceso il motore della sua macchina si lasciò morire inalando il monossido di carbonio. È sepolta al Forest Hills Cemetery & Crematory a Jamaica Plain, Boston, Massachusetts.
[106]La frase è una riflessione di Donatella Di Cesare fatta nel suo libro Utopia del comprendere, pubblicato da Bollati Boringhieri nel 2021, Pag.22
[107] Byung-Chul Han (2014). Razionalità digitale. La fine dell’agire comunicativo
[108] Spunti tratti dal libro di Zygmunt Bauman Di nuovo soli. Un’etica in cerca di certezze.
[109] Termine utilizzato da Emmanuel Lévinas per rappresentare la dimensione dell’alterità e dunque il senso della comunità e della responsabilità.
[110] Zygmunt Bauman: Di nuovo soli. Un’etica in cerca di certezze.