Moderni Minosse e Minotauri
Per capire il labirinto di Cnosso bisogna pensare a Minosse e al Minotauro. Per i labirinti moderni ai giganti tecnologici (GAFAM – BATX) che in pochi anni (2000-2020) hanno conquistato il mondo, e non solo quello dei media. La conquista è avvenuta a spese dei giornali cartacei (crollati ovunque), della radio (un declino controllato) e della televisione (che resiste). I social, da mezzo di comunicazione privati, sono diventati fonte di informazione pubblica e mezzi di comunicazione di massa.
Mai come oggi, grazie alla tecnologia, l’umanità ha avuto così tanti modi per informarsi ma mai come oggi è stato così necessario informarsi correttamente. I Minosse attuali operano come oligarchi potenti su più fronti: minano l’esistenza dei media tradizionali rubando loro tutta la pubblicità; attraverso i loro algoritmi (Minotauri del terzo millennio) controllano gli abitanti dei loro labirinti o caverne; hanno portato alla concentrazione di una élite minoritaria un potere immenso, incontrollabile.
Non solo finanziario ma anche di controllo su masse proletarizzate di utenti su cui viene operata una vera e propria “azione di distrazione di massa e di illusione collettiva” per coltivarne la servitù volontaria e mantenerle in uno stato di subalternità.
Il labirinto tecnologico è uno spazio mentale, onirico, mitologico, misterico, archetipico
Teseo e Arianna
Come tutti i labirinti anche quello tecnologico presenta numerosi ostacoli il cui superamento può tradursi in un percorso di apprendimento e di crescita. A meno di essere tecno-stupidi e quindi incapaci di viverne simbolicamente il rito di iniziazione che può portare a qualche forma di morte temporanea e di successiva rinascita.
La complessità della proposizione tecnologica e la sovrabbondanza di informazioni rende complicato ogni tipo di ricerca, analisi e interpretazione. A tutto ciò si aggiunge l’ignoranza (non conoscenza) crescente sulle tecnologie utilizzate e sui loro potenziali effetti, che crea un vuoto culturale, nuove dipendenze e sudditanze.
La complessità nasce dal fatto che il labirinto tecnologico è uno spazio mentale, onirico, mitologico, misterico, archetipico della ricerca di realtà perdute e sogno di realtà passate che si vorrebbe vedere rivivere nel presente. Nasce dal nostro inconscio (tecnologico), replica nella sua complessità quella del nostro cervello e delle sue sinapsi, che creano miliardi di dedali e caverne possibili, sempre nuove, oltre che entusiasmanti e ricche di novità. Immergersi nel labirinto della tecnologia non significa soltanto fare i conti con i nuovi Minotauri, simbolici e digitali, che vi vivono dopo essere stati generati da accoppiamenti con umani (il riferimento è a Parsifae moglie di Minosse e al toro bianco).
L’immersione è anche un viaggio per rimanere umani, le vie percorribili sono molte, tutte tra loro intrecciate, le porte possono essere finte, i corridoi paralleli o inestricabilmente interallacciati, le uscite nascoste e indistinguibili a occhi non ‘educati’, impossibili da varcare. Per riuscire a farlo riemergendo a nuova vita bisogna essere come Teseo, re e fondatore di città: disponibili a collaborare, a farsi aiutare dalle numerose Arianne che abitano il labirinto.
Il labirinto è tutto tecnologico, reticolare, virtuale e reale al tempo stesso. Non è nato da solo, lo abbiamo costruito noi su misura e per soddisfare nostri bisogni e necessità. Poi ci siamo persi al suo interno e abbiamo scoperto i numerosi Minotauri che cercano di dominarlo. (Carlo Mazzucchelli)
Il filo che ci serve
L’uscita dal labirinto multicursale (the maze) può dipendere da capacità individuali. Senza collaborazione e condivisione però la mappa e la matrice della rete di cunicoli rimane sconosciuta.
A tutti i novelli Teseo che non si vogliono arrendere serve un filo di Arianna, nella consapevolezza che, una volta trovatolo, esso si manifesti nella sua illusorietà, inconsistenza e fragilità: “non ci sono scale da salire, né faticosi corridoi da percorrere, né muri che ti vietano il passo” scriveva Borges. Una scoperta che facciamo solo dopo esserci ritrovati nell’ennesimo percorso cieco.
Per superare la difficoltà bisogna innanzitutto desiderare di farlo, superare i condizionamenti cognitivi, manifestare l’intenzionalità e la voglia di uscire da un luogo che sa come farsi amare e fare stare bene.
Bisogna predisporsi a elaborare elementi nuovi utili alla riflessione e al pensiero critico. Ponendosi semplici ma fondamentali domande.
La corda spezzata
Molti probabilmente non sanno che dal labirinto si può uscire. Quelli che lo sanno devono difendersi da chi vorrebbe munirli di fili che non portano da nessuna parte. Fili meglio descrivibili come corde spezzate con l’obiettivo di impedire salite e discese, soprattutto la possibilità di affidarsi a loro per salvarsi.
Le corde spezzate distribuite sapientemente sulle piattaforme social sono molteplici, in modo da creare confusione e alimentare paure, condizionamenti pavloviani e dipendenze. Corde spezzate sono le notizie false, sempre esistite ma che oggi sono diventate verità, false verità che possono anche uccidere, come è successo durante la pandemia. Spezzate sono anche le corde che veicolano calunnie, bugie, voci incontrollate, denunce anonime e altre forme di messaggi, contenuti e comunicazioni, che nessun fact-checking può impedire e i cui danni e pericoli sono reali, a volte mortali. Non solo simbolicamente o politicamente! Spezzate sono anche le corde di molti influencer che agiscono online per il loro tornaconto utilitaristico e che per questo sono disponibili a evangelizzare e a diffondere false verità e notizie non vere. Corde spezzate infine sono gli algoritmi capaci di costruirci falsi mondi gratificanti e personalizzati nei quali raccontarci di vivere bene anche se percepiamo che “qualcosa qui non va”.
Un fuori peggiore del dentro
Per capire il labirinto e chi lo abita bisogna anche assumere che molti non vogliano opportun(istic)amente abbandonarlo.
Perché dovrebbero farlo quando uscendone dovrebbero prendere contezza di una realtà concreta dominata da forme dittatoriali crescenti, precarietà e assenza del lavoro, povertà, manipolazioni politiche e mediali, sorveglianza e controllo diffusi, promozioni commerciali, ecc.?
Perché abbandonare la tiepida culla amniotica del labirinto tecnologico quando fuori tutto sembra crollare o essere messo in discussione da cambiamenti emergenti in ambito economico, (geo)politico, sociale, ideologico, e culturale? Perché uscire fuori dai propri profili e avatar digitali per trovarsi a fare i conti con un sé incarnato sempre insoddisfatto e nell’impossibilità di realizzarsi?
Il futuro che ci aspetta
Nel libro, sopra citato, Attali si interroga sul futuro che ci aspetta domani a partire dall’informazione su cui oggi poggiano tutte le nostre esperienze esistenziali. Essendo il futuro imprevedibile, Attali si avvale della letteratura fantascientifica e della saggistica futurologica esistente per fare delle previsioni. E le previsioni non sono piacevoli, a partire dalle problematiche che tutti conosciamo legate alla crisi ambientale, all’inurbamento in megalopoli e allo spopolamento delle campagne, alla automatizzazione del lavoro, alla accresciuta sorveglianza e alla capacità dei vari poteri, privati e pubblici, di controllare l’informazione esercitando la persuasione e la costrizione.
È probabile che il Nuovo Mondo che verrà possa essere composto da tre categorie di persone: una élite, una moltitudine di poveri e una minoranza di persone sempre in lotta per evitare di essere richiusi dentro una bolla, sempre alla ricerca di forme di libertà e di dare un senso al mondo continuando a difendere le libertà individuali, le democrazie reali esistenti e la collaborazione mondiale per la soluzione dei problemi globali.
Nel concreto dell’informazione la carta stampata rischia di scomparire, anche se non così presto, la radio aumenterà la sua audience diventando il principale contatto con l’informazione generalista, la televisione verrà superata dai nuovi media, molte forme di giornalismo saranno automatizzate, continueranno a crescere le camere dell’eco dei social network, si diffonderanno ologrammi e metaversi e forse, prima o poi, anche comunicare da cervello a cervello. Facile prevedere che oggi come domani i potenti di turno disporranno di quanto serve per continuare a intrattenere e distrarre moltitudini di persone, facendo loro credere di informarle mentre le stanno manipolando, sorvegliando e controllando.
"Come tutti i labirinti anche quello tecnologico presenta numerosi ostacoli il cui superamento può tradursi in un percorso di apprendimento e di crescita." (Carlo Mazzucchelli)
Che strada prendere?
Il futuro non è mai prevedibile ma lo si può in qualche modo anticipare, prefigurare, sapendo cogliere il futuro che è già dentro il presente. Partendo dall’oggi e facendo emergere possibilità e strade diverse. Ma quanti saranno veramente disponibili a provarci? Pochi e questo non lascia ben sperare visto che per far emergere il lato positivo della tecnologia “occorre (ri)orientare il corso degli eventi in modo radicale e globale”.
E per farlo serve:
- imparare a informarsi e a individuare le false notizie;
- evitare gli insulti e le minacce;
- bisogna rivalutare e proteggere il giornalismo e tutti coloro che cercano di praticarlo ancora;
- garantire la sopravvivenza di altri media non digitali come giornali, radio e TV;
- ma soprattutto impegnarsi per controllare democraticamente le piattaforme social;
- impedire la possibilità di appropriarsi dei dati personali degli utenti;
- chiedere che vengano svelati i codici segreti e le logiche nascoste degli algoritmi proprietari;
- Impegnarsi politicamente per ridurre il potere dei GAFAM/BATX.
Senza risultati su tutti questi fronti aumenterà la nostra servitù volontaria, continuerà la fusione di informazione e intrattenimento e favoriremo l’evoluzione verso la singolarità e il dominio della macchina.
Semplici domande da porsi
Tutti hanno risposte, più difficile elaborare domande. Per ridefinire il nostro rapporto con le tecnologie dell’informazione sarà fondamentale porsi domande molto semplici quali:
- Cosa significa oggi informare?
- Saremo ancora in grado di distinguere il vero dal falso, l’informazione dalla distrazione e dall’intrattenimento?
- Come resistere alla censura, alla sorveglianza e al controllo?
- I social network verranno sostituiti da tecnologie migliori o più pericolose?
- Chi saranno i proprietari futuri dei media?
- Con il GPT3 e altre tecnologie simili assisteremo alla sparizione dei giornalisti e all’automazione del giornalismo?
- Cosa succederà alla informazione nei metaversi, parleremo tra ologrammi?
- Cosa rimarrà della democrazia?
- Ma a chi interessa veramente ancora la libertà e la democrazia?