A dirlo non sono solo quelli che una Internet diversa hanno avuto modo di conoscerla e frequentarla. Il disincanto verso la tecnologia e le sue promesse, unitamente a una maggiore tecno-consapevolezza stanno portando un numero crescente di persone a porsi alcune domande. Una su tutte, Internet è ancora democratica? Internet è per tutti o serve solo gli obiettivi di profitto di pochi? Ha senso interrogarsi sulla democraticità della Rete? E infine ha senso porsi tutte queste domande?
«La Rete è libera e democratica». (Falso!)
Alla prima domanda aveva già risposto il collettivo di Ippolita con un libro del 2014 per sostenere che no, Internet non è più né democratica né libera (vi ricordate Zuckerberg quando pontificava che Facebook avrebbe democratizzato Internet?). Alla seconda domanda prova a rispondere Ben Tarnoff con il suo libro del 2022: Internet for the People: The Fight for Our Digital Future. Alla terza io do una risposta positiva, molti preferiscono probabilmente sorvolare pur di avere garantito l’accesso, l’uso di motori di ricerca, piattaforme e infrastrutture, APP e loro funzionalità varie. All’ultima anche io rispondo di sì, non farlo sarebbe come smettere di pensare e agire per la pace solo perché si ritiene che ormai l’opinione pubblica non conti più nulla, in Russia e Ungheria ma anche in Italia e nei paesi europei.
Le domande che potrebbero aiutare
A chi non sa cosa fare o pensare, il suggerimento è di provare a porsi alcune domande molto semplici, finalizzate a capire quando qualcosa ha cominciato a cambiare per:
- La complessità sottostante alle tecnologie che ha favorito l’ignoranza dei processi alimentando vere e proprie fallacie ontologiche (Internet è libera, pubblica e democratica)
- Il diluvio informazionale non aiuta la conoscenza e la consapevolezza
- La pervasività delle pubblicità personalizzate
- Il tempo trascorso online e l’attenzione rubata dai social network
- Gli scandali che hanno evidenziato l’uso piratesco delle piattaforme da parte delle aziende Big Tech
- La diffusione di false notizie, verità fasulle e/o alternative, ecc.
- Il ruolo degli algoritmi, le loro scelte e gerarchie
- La fine di ogni utopia e l’emergere di potenziali distopie
- Gli storytelling conformisti e politicamente corretti che impediscono ogni distinguo o narrazioni alternative
La lista potrebbe continuare ma chi avrà il coraggio di costruirsene una propria, rischia di scegliere di tenersela per sé! Andrebbe al contrario condivisa perché tutti hanno bisogno di interrogarsi criticamente, con domande, sulla tecnologia e su Internet in particolare. Anche sulle mistificazioni delle narrazioni prevalenti intrise di retorica che coltivano una opinione pubblica conformista e omogeneizzata orizzontalmente per creare la sensazione di massa. A beneficiare di una riflessione critica e di un dibattito politico potrebbe anche essere Internet stessa e l’intera infrastruttura tecnologica di cui non possiamo più fare a meno.
Il sogno di Internet è finito?
Le risposte che mancano
Le risposte latitano perché non esistono scorciatoie o alternative facili, forse ritenute da molti impossibili. Internet non è più la Rete delle reti di un tempo, si è trasformata in una infrastruttura nella vita di ognuno, di giorno e di notte. Difficile pensare di spegnerla o disattivarla! È qui per restare insieme a noi! Difficile anche pensare che le persone individualmente possano, con le loro scelte, cambiare la realtà delle cose. Per rompere il monopolio e lo strapotere di pochi tecno-monopolisti, ci vorrebbero scelte politiche rivoluzionarie, in modo da cambiare quelle fatte dalle forze finanziarie ed economiche che governano il mondo, ma nella realtà attuale, tutto ciò sembra essere una semplice utopia. Le scelte politiche dovrebbero incidere su chi possiede le piattaforme, su come sono organizzate, sulle loro finalità di profitto e dominio del mondo, sulla spinta verso processi di democratizzazione dal basso, oggi impensabili e non realizzabili.
Come infrastruttura ormai privatizzata Internet è aperta ma non è più libera. Dipende ed è controllata da pochi Internet provider e da poche aziende tecnologiche, principalmente Google, Facebook, Apple, Amazon, Microsoft e Netflix che hanno trasformato Internet in un cartello, un grande centro commerciale nel quale gli utenti sono semplici consumatori e merci al tempo stesso, ma anche spazi e corridoi che vengono usati per diffondere messaggi reazionari e bigotti, fascisti e complottisti, false verità e informazioni fuori controllo.
Le alternative che ci servono
Non tutti si sono arresi. Molteplici sono le iniziative che nascono per immaginare, teorizzare e costruire una Internet diversa, collettiva, partecipata, non finalizzata al profitto, democratica, governata da chi la utilizza. Una Internet che sia un bene pubblico, strumento collaborativo, partecipativo e comunitario. L’iniziativa di pochi si scontra con la passività, il conformismo, la lamentazione autolesionista e senza critica, la rassegnazione di molti.
Chi non si arrende non è un romantico e neppure un mai-contento, non vuole ritornare alla Internet della contro-cultura delle origini ma correggere le numerose narrazioni e i miti che circondano quella di oggi. Con l’obiettivo di affermare nuovi valori e priorità diverse, demistificando benefici e vantaggi decantati dai proprietari privati delle piattaforme, in particolare la narrazione che in Internet siamo tutti uguali, come se acquistare un Rolex su Amazon rendesse uguale chi lo acquista a un utente che acquista pannolini. Unico marchio ugualitario il fatto di avere sottoscritto Amazon Prime.
Chi a costruire alternative ci prova veramente è ancora cosciente del proprio valore nel ruolo di cittadino, non è impegnato nel combattere il ruolo pervasivo degli algoritmi per renderli più “umani” ed “etici” ma opera politicamente per chiedere alle istituzioni e alla politica di fare la loro parte per contrastare la privatizzazione di Internet con iniziative politiche che abbiano effetti concreti anche sulle infrastrutture tecnologiche. In una parola il problema non è la tecnologia ma la politica!
Alternative per difendere internet
Ricercare e proporre alternative è oggi il solo modo per proteggere Internet e il suo futuro. Il problema non è la tecnologia, non è Internet ma come essi siano stati piegati dentro modelli tecno-capitalistici finalizzati al profitto e alla monetizzazione, abusati per scopi puramente commerciali. Oltre all’uso passivo, privo di conoscenza, consapevolezza e responsabilità, che ne fanno milioni di utilizzatori. Anche a causa dell’atrofizzazione cognitiva che hanno subito.
Per costruire queste alternative di liberazione il primo passo è non avere paura di analizzare criticamente il presente (non temere di essere indicati come tecnfobi), andare al di là dei dati e dell’informazione alla ricerca di conoscenze e conoscenza, prendersi cura della costruzione del proprio sé, usare l’immaginazione (immaginazioni), porsi domande alternative (non conformiste) sulla tecnologia per svelarne la sua inesistente neutralità, investigare la differenza tra una Internet da usare a una Internet per le persone, evidenziare le numerose limitazioni alla libertà individuale generate dal nostro uso di Internet e delle nuove tecnologie dell’informazione, impegnarsi politicamente (culturalmente non basta!) per trasformare l’immaginazione in realtà. Da questo lavoro potrebbero emergere tante nuove Internet diverse. Nessun problema, ciò che conta è che molti recuperino la loro capacità immaginativa per pensare una Internet diversa e poi farlo insieme ad altri. Senza cedere il controllo a chi già oggi ce l’ha.
Una visione utopica e utopistica? Sicuramente, ma le utopie esistono proprio per questo.