“Sì, pensare non basta. Le parole non pronunciate diventano briciole, ci saziano per un istante ma si dimenticano altrettanto in fretta. Solo quando escono dalla bocca rivelano il loro valore… Però possiamo scriverle. Sì, ma allora occorre qualcuno che sappia leggerle…”– Cucinare un orso, Mikael Niemi
“Aggressività, scortesia, brutalità linguistica, sono i tratti distintivi del discorso pubblico contemporaneo. […] Penso che l’epidemia contemporanea di scortesia si debba collegare alle condizioni mutate di interazione sociale. L’effetto della mutazione digitale è l’isolamento dei corpi nel processo di comunicazione, la riduzione del linguaggio a uno strumento per la competizione. Il disapprendimento della cortesia è effetto di una condizione di isolamento crescente […] gli individui interagiscono sempre di più come agenti economici, ma si trovano sempre di meno nel medesimo ambiente fisico ed erotico.”- Futurabilità , Berardi Bifo
Giunto quasi al termine di questo mio e-book mi piace ricollegarmi con il suo inizio nel quale ho citato la gentilezza come spunto di partenza per la sua scrittura. Addestrarsi nelle scelte qui sopra appena elencate non è solo un modo di esercitare la libertà di scelta ma anche di praticare la gentilezza, una forma relazionale da richiamare per la sua carica attuale ribelle e necessaria. Un modo di vivere la relazione con l’altro, sia esso vicino o lontano, italiano o straniero, diventato non solo una urgente necessità ma anche una forma di testimonianza e di rifiuto delle forme brutali della comunicazione oggi prevalenti. Oggi lo si può fare anche nei mondi virtuali della Rete, con modalità diverse ma dagli effetti simili a quelli del passato. Non è obbligatorio ma bisogna farlo, perché è nei territori sovraffollati della Rete dove passiamo molta parte, se non la maggioranza, del tempo che la vita ci regala ogni giorno, Una vita che forse varrebbe la pena che fosse vissuta diversamente.
C’è bisogno di amicizia e solidarietà
Praticare la gentilezza, anche online, potrebbe produrre effetti come l’amicizia che legò il filosofo Montaigne all’amico più giovane La Boétie, autore de La servitù volontaria. Un’amicizia che trovò la sua massima espressione il 9 agosto del 1563 quando La Boétie, ospite di Montaigne, manifestò i sintomi della peste. Montaigne informato della cosa corre al capezzale dell’amico decidendo (scegliendo) di stargli vicino per confortarlo pur sapendo di potersi a sua volta infettare. Il filosofo con un gesto di gentilezza non pensa a sé stesso e al pericolo che corre, ma volge lo sguardo all’amico condividendo la sua sofferenza esistenziale e l’angoscia. La Boétie a sua volta, preoccupato per l’amico, vorrebbe averlo vicino ma gli chiede di allontanarsi per evitare il contagio. Montaigne rimarrà vicino all’amico fino alla sua morte promettendogli di onorare per sempre il ricordo della sua lezione di vita. Prima di morire La Boètie prende la mano di Montaigne rivelando di avere vissuto una vita ricca di soddisfazione e ringraziandolo per non averlo mai abbandonato, soprattutto con l’ultimo dono della sua presenza e del suo cuore generoso.
Momenti come questi non possono essere replicati online ma la loro intensità, ricchezza emotiva, valenza morale ed esistenziale possono fare da esempio a quanti, in modo consapevole e libero scelgono la gentilezza come strumento e modalità di relazione, di amicizia, per stare bene con sé stessi, in compagnia di altri e contribuendo a far stare bene anche loro.
La pratica della gentilezza implica saper riflettere sulle condizioni che la rendono possibile e sulle situazioni nelle quali può essere agita. Chi è fortunato e privilegiato può interrogarsi su cosa significhi essere gentili in mondi simulati, dentro i contenitori digitali (container, platform, applicazioni) e artificiali di spazi protetti nei quali tutto risulta essere finto. Dalla neve alla sabbia finta, dal mare finto, dai finti panorami montagnosi digitali che ricoprono pareti trasformate in grandi display, fino ai sentimenti espressi dalle persone che li abitano. Chi fortunato non è, deve confrontarsi ogni giorno con la dura realtà degli spazi fisici nei quali vive situazioni di precarietà continua, di incertezza e sofferenza psichica. Quanti possono chiedersi come si faccia a essere gentili, con sé stessi e con gli altri, quando gli standard di vita di un numero crescente di persone sono deteriorati, il loro tempo libero è peggiorato quantitativamente e qualitativamente e lo stress percepito è tanto grande quanto lo è la disillusione e l’implausibilità di un futuro migliore?
La gentilezza, per emergere, ha bisogno di condizioni diverse da quelle che oggi caratterizzano la vita di molte persone. Condizioni determinate da una redistribuzione equa della ricchezza, di tempi di lavoro ridotti e di situazioni lavorative meno precarie, ma anche di valori come la solidarietà, la sobrietà, l’amicizia (ben diversa dalla connessione). Valori non fluttuanti (citazione da un libro di Baudrillard) ma robusti, che richiedono trasformazioni culturali e cognitive, frutto della capacità di resistere alla cultura tecnologica corrente. Valori da ricercare al di fuori della cultura etnocentrica prevalente che esclude gli esterni ed è diventata cavallo di battaglia vincente per i leader politici del momento.
La solidarietà va affiancata alla tolleranza umana, vero e proprio motore di reale cambiamento.
La solidarietà deve essere basata sulla “cooperazione aperta e informale” (Sennet), su ciò “[…] che è contrapposto alla solitudine e al senso di abbandono, il non dover contare solo sulle proprie forze, la voglia di sentirsi parte di qualcosa di più grande, di combattere per una causa comune” (Zygmunt Bauman). Non si può affrontare la propria realtà in solitudine. Per vincere le difficoltà dell’era corrente e trovare il coraggio di scegliere, bisogna superare sfide che non possono essere affrontate da soli, ma solo riscoprendo il sostegno degli altri, siano essi amici, familiari, circoli associativi, gruppi o tribù.
Reti di contatti e reti amicali
Essere connessi, avere reti di contatti numerosi può creare l’illusione di essere dentro reti amicali capaci di dare felicità. Di essere soggetti protagonisti, con gesti e parole, di realtà felicitarie capaci di soddisfare bisogni urgenti e impellenti di socialità, condivisione e amore. La realtà è però molto diversa, non vive solo di esperienze virtuali e un po’ più complicata. È una realtà emergente e in costante ebollizione, che si è affermata non soltanto per il ruolo svolto dalla tecnologia, ma anche per contingenze economiche e politiche che hanno generato uno stato diffuso di sofferenza e di incertezza.
La percezione è di vivere in tempi disperati perché sempre sull’orlo di un potenziale caos, dal quale potrebbe uscirne una trasformazione radicale della realtà di ognuno e della quale si ha paura. Questa trasformazione non ha ancora una forma precisa, potrebbe persino essere salutare e benvenuta. La situazione generale di precarietà e sofferenza che caratterizza la vita reale di tante persone, suggerisce loro di sposare la versione negativa della sua possibilità futura. Fatta questa scelta, per non lasciarsi sopraffare dalla tristezza, incapaci di costruire utopie prossime venture e di provare a immaginarsi scenari futuri diversi, si indulge nella ricerca di gesti scaramantici, scappatoie, utili alla rimozione emotiva e cognitiva della realtà corrente. Vie di fuga come il gioco online, quello delle macchinette o del gratta e vinci, dei Reality Show, di Netflix o TimVision e dei social network.
La fuga è dettata dalla pigrizia, dalla difficoltà a focalizzare la propria attenzione e concentrazione su qualcosa di diverso da ciò che avviene nel tempo continuo del presente binario e disincarnato dei mondi online. La difficoltà nasce dal non disporre degli strumenti intellettuali e cognitivi che servono per comprendere il nuovo che sta emergendo, capire in quale direzione volgere lo sguardo, per cogliere segnali attrattori ed eventi portatori di possibilità diverse da quelle percepite. Uno sguardo diverso, utile, diventato necessario. Per non continuare a guardare le cose in modo giustificatorio, semplificatorio e superficiale, per tornare a dare loro la tridimensionalità persa nei mondi piatti, orizzontali e omogeneizzati della Rete. Abbiamo bisogno di chiaroscuri e di indeterminatezza, di complessità. Di sfuggire al realismo artificiale e algoritmico a cui la tecnologia sembra volerci incatenare imprigionandoci, per recuperare il sano realismo degli oggetti (“come un reale che non ha voglia di svaporare un reality” – Maurizio Ferraris, 2012), la capacità di ragionare con la propria testa, di re-imparare a decodificare i messaggi emozionali che nascono dal Sé e dall’incontro con gli altri, nella loro fisicità e corporeità.
Pensare con la propria testa porta forse a complicarsi la vita, scoprendo e prendendo coscienza dell’ambiguità e dell’incertezza in cui si è sempre immersi. L’una e l’altra possono essere rivalutate come forze generatrici, di possibilità e di libertà, che aiutano a mettere in discussione l’esistente, sfuggendo al ricatto delle forme certificate come reali da altri. Ad esempio, da molti mass media, che con le loro fallaci narrazioni costruiscono visioni distorte del passato con l’obiettivo di forgiare la visione del mondo e le aspettative dei lettori. Attraverso la relativizzazione del dissenso in forma di semplice gossip social, finiscono per lavorare incessantemente e a braccetto con le aziende tecnologiche alla trasformazione dell’opinione pubblica da spazio di discussione e confronto a spazio di manipolazione e consumo.
Ricollegandosi al proprio cervello e recuperando la sensibilità dei propri corpi incarnati è possibile comprendere quanto manipolatorie siano oggi parole come connessione, condivisione e amicizia, usate per raccontare la vita sociale online. Diventa possibile pretendere forme di libertà indipendenti da quelle preordinate da altri, diverse da quelle elargite come dono da parte delle nuove chiese tecnologiche nelle quali si sono trasformate le piattaforme tecnologiche. E forse non è un caso che, mentre le chiese della cristianità occidentale sono sempre più vuote, quelle digitali e online siano sempre più affollate e frequentate. Alle file per la comunione si sono sostituite quelle dei MiPiace, alle celebrazioni pasquali della risurrezione quelle videoregistrate di YouTube. La tecnologia si è fatta chiesa per la sua capacità di attrarre e fidelizzare masse crescenti di fedeli alla ricerca disperata di qualcosa in cui credere, ma soprattutto per liberarsi dal fardello pesante dei problemi del mondo reale.
La cortesia può trovare espressione online nella forma di emoji, apprezzamenti (MiPiace – Like) e condivisioni, ma la gentilezza disincarnata è sempre incompleta, insufficiente, alla ricerca costante di corpi incarnati attraverso cui esprimersi. Accettare una connessione Linkedin o Facebook può essere un’espressione di gentilezza che, se relegata al mondo digitale, sottostà alle regole dettate dal codice delle piattaforme social utilizzate. Come tale soddisfa i bisogni di gentilezza del profilo digitale con cui si sta online ma non quello della persona che quel profilo ha creato. Se non si comprende questo significa condannarsi alla schiavitù, anche valoriale e di significato, degli automatismi delle macchine digitali.
Tutti coloro che oggi si stanno ponendo criticamente nei confronti della pervasività della tecnologia, non sono in genere intenzionati a negare le potenzialità e la valenza positiva delle tante rivoluzioni indotte dalla tecnologia, e neppure un futuro ibridato tecnologicamente, sia in termini di macchine intelligenti sia di cyborg (esseri umani con componenti elettronici e digitali integrati nei loro corpi).
Riflettere criticamente è un esercizio praticato per continuare a essere umani, capaci di prefigurare futuri possibili, di immaginarli e di pensarli come realizzabili. Riflettere in autonomia e libertà è il primo passo per riuscire a farlo liberandosi dalle catene del pensiero dominante. Oggi determinato prepotentemente da realtà tecnologiche fatte di codice software, applicazioni, algoritmi e strumenti/piattaforme mediali.
Indice del libro
- Osare pensare
- Una riflessione sulla tecnologia è necessaria
- In viaggio
- Qualcosa non funziona più
- Andare oltre la tecnologia
- Un appello per scelte non binarie
- Intelligenze artificiali e umane
- Libertà di scelta come possibilità
- Homo Sapiens: una evoluzione a rischio
- Ruolo e criticità della tecnologia
- Costruire narrazioni diverse
- Menti hackerate e azioni da intraprendere
- Tempi irreali e mondi paralleli
- Mondi virtuali, memi virali e contagiosi
- Il ruolo che dobbiamo esercitare
- In culo alle moltitudini
- πάντα ῥεῖ, tutto scorre
- Il dominio delle macchine
- Media digitali e dimensione umana
- Leggerezza virtuale e pesantezza del reale
- La realtà come gioco
- Il grande inganno
- Mettersi in cammino
- Il tempo tecnologico è viscoso e agitato
- L’illusione del tempo presente
- Immediatezza come registrazione
- Il recupero della lentezza
- Deleghe in bianco e scelte fuori dal coro
- Potenza, vitalità e velocità delle immagini
- Il tempo dimenticato
- Reale e virtuale convivono
- Finzioni digitali e realtà
- Multiverso lento
- Via dalla pazza folla
- Il ruolo delle emozioni
- Emozioni chimiche digitali
- Emozioni algoritmiche
- Macchine intelligenti e assistenti personali
- Emozioni e sofferenza
- Tecnologia strumento di libertà
- Trasformazioni cognitive
- Interazioni uomo-macchina
- Esseri umani o burattini
- Scimmie allevate per consumare
- Internet da spazio libero a mondo chiuso
- Libertà perdute, libertà simulate
- Libertà illusorie
- Scelte binarie e libertà illimitata
- La libertà non fa regali
- Sapere di non sapere
- Strade accidentate e coraggio
- Coltivare gli orti del pensiero
- Pratica del silenzio e tempi lenti
- Metterci la faccia
- Dubitare ora dubitare sempre
- Per dubitare serve una pausa
Gatti, asini e canarini, voliere, acquari e gabbie di vetro
- Comportiamoci da gatti
- Pesci in acquario
- Le voliere di Twitter
- La gabbia è di vetro ma riscaldata
- Cambiare aria
- Mura ciclopiche, barriere e porti chiusi
- La metafora dell’asino
Attraversare la cornice del display
- Oltre la cornice dello schermo
- Contestualizzare la tecnologia
- La potenza delle immagini che ci guardano
- Perdere la vista
- Attenzione distratta
- Algoritmo maggiordomo ruffiano
- Algoritmo invisibile ma non trasparente
- Un algoritmo fintamente autonomo
- L’algoritmo calcolatore
- Ribellarsi all’algoritmo
- Poteri totalitari ma sorridenti
- Fedeltà vado cercando
- Tecnocrazie nichiliste alla ricerca di delega
- Libertà, lavoro e diritti
- Preoccuparsi è meglio che non farlo
- L’esercizio politico della critica
- Le chiese della Silicon Valley
- La politica cinguettante
- Fake news e analisi dei fatti
- Domande, domande, domande
- Dipendenze e rinunce alle dosi quotidiane
- Esercitare l’arte delle domande
- Un elenco di domande possibili
- Le opzioni della scelta
- Difficoltà esistenziale della scelta
- Scelte lenti e consapevoli
- La libertà di scelta online
- Scegliere la gentilezza
- C’è bisogno di amicizia e solidarietà
- Reti di contatti e reti amicali