“Al di là delle nostre capacità più razionali, nella vita di tutti i giorni prendiamo un numero enorme di decisioni che di razionale non sembrano avere alcunché. Forse, non avrebbe nemmeno senso che lo avessero.”– Lo scimmione intelligente di Edoardo Boncinelli ( “La libertà è anzitutto libertà di cambiare”– Ludovico Geymonat )
«Sollevare la questione ‘che cos’è la libertà?’ appare un’impresa disperata […]. Nella sua forma più semplice la difficoltà può essere riassunta come la contraddizione tra la nostra coscienza, che ci dice che siamo liberi e perciò responsabili, e la nostra esperienza quotidiana del mondo esterno, in cui ci orientiamo secondo il principio di causalità» (Hannah Arendt)
Nonostante la crescente popolarità e la forza attrattiva di memi che in Rete la raccontano tale, la Terra non è piatta[1]. E la Vita umana, intesa sia nella sua accezione di vita comune a tutti gli esseri umani, sia nella forma di maniera di vivere individuale o di gruppo, non è mai il risultato finale di una sequenza di istruzioni, di una semplice procedura computazionale, di un algoritmo definitivo e della sua capacità magica di produrre risultati, apprendere e di prevedere.
Lo scopo della vita non è legato al semplice utilizzo di strumenti per la comunicazione e la condivisione, non è semplicemente quello di “processare informazioni”, ma a diventare quello che si è, a dare un senso all’esistenza, sia essa virtuale (in potenza) o reale (fattuale e attuale).
La vita, anche quella digitale dentro il cyberspazio, è ricca di possibilità e continue biforcazioni, che possono mettere in difficoltà perché permettono di immaginare infiniti scenari futuri possibili, obbligando tutti a fare delle scelte, senza affidarsi ai molteplici sciamani e indovini digitali che proliferano in Rete, nella forma di algoritmi, chatbot, influencer, trend-setter, storyteller e salvimaio[2] vari. La ricchezza di possibilità non significa che tutto sia possibile o che siamo dotati di libero arbitrio, ma che ognuno può fare delle scelte in base alla propria specificità e singolarità, ai propri comportamenti, alle proprie preferenze valoriali e affinità elettive, nel senso di scelte che nascono dalla capacità di influenzarsi a vicenda, come fanno Carlotta, Edoardo, Ottilia e il Capitano, protagonisti del romanzo Le affinità elettive di Goethe.
Le opzioni della scelta
Scegliere non è solo tema di riflessioni filosofiche, etiche e morali o atto indicativo di capacità decisionali personali. Le opzioni di scelta disponibili sono oggi infinitamente maggiori del passato. Nella vita di ogni giorno siamo bombardati continuamente da narrazioni che ci raccontano quanto è grande la nostra libertà e quanto numerose siano le libere scelte possibili. Tutte queste scelte finiscono però per limitare la nostra capacità di scelta, rubarci tempo, distogliere l’attenzione e impedirci di compiere l’unica scelta che probabilmente vale la pena di fare. Una scelta di cambiamento che serva a dare un indirizzo e una direzione alla propria vita.
Scegliere è una questione aperta, importante, perché la possibilità di farlo è alla base di ciò che siamo diventati, di come viviamo, come pensiamo e come siamo, sia come individui sia come società. Lo è ancor più in una realtà tecnologica che ha abituato le persone alla facilità e alla velocità della scelta, costruita ad arte per accelerare e semplificare processi decisionali e scelte, eliminare dubbi possibili, alimentare meccanismi gratificanti di feedback e contro-feedback, di stimolo e risposta, di semplice consumo.
Un modo binario di scegliere ben lontano dal paradigma Kierkegaardiano, anch’esso binario, di scelta e responsabilità. Come se il fatto di poter esprimere sempre la propria idea, di condividere e di intervenire, spesso in modo automatico, inconsapevole e obbediente agli algoritmi di turno, fosse semplice sinonimo di libertà e non un modo per emanciparsi dalle schiavitù che ci incatenano e di crescere come persone libere maturando la capacità di scegliere. Una capacità che si esprime sempre con un pensiero che emerge tra uno stimolo e una risposta, là dove si insinua il dubbio (mi interrogo non se una cosa è vera o falsa ma quando è vera e in quale contesto), ad esempio affrontando con coraggio il capogiro, i timori e i tremori (Aut Aut di Kierkegaard) che sempre accompagnano una scelta consapevole[3].
Alla base del poter scegliere c’è la libertà di poterlo fare. Ciò che però si dimentica spesso è che la libertà non implica necessariamente il poter scegliere, come ha spiegato Edward Rosenthal nel suo libro L’età della scelta. Le molteplici esperienze delle realtà virtuali sono piene di opportunità e hanno reso facile fare delle scelte. Queste scelte però non rendono necessariamente più libere le persone che le fanno. La percezione della facilità della scelta digitale sta trasformando la vita concreta delle persone, invogliate a credere di essere libere anche quando libere non sono. Un inganno come quello della trasparenza che invece di contribuire alla socialità e alle relazioni non fa altro che favorire i produttori tecnologici delle piattaforme digitali.
La facilità del fare una scelta, unita alla rapidità del processo decisionale, non è esclusiva dei social network ma anche dell’iper-consumismo che caratterizza la società post-moderna e massificata attuale, frutto della rivoluzione industriale e del progresso tecnologico che ne è seguito, ma anche dell’evoluzione del marketing e della incidenza dei media tecnologici nel condizionare comportamenti umani e stili di vita. Scegliere però non è facile, anzi è in qualche modo sempre difficile, soprattutto perché e quando bisogna fare la scelta giusta. Se non si sceglie, si rimane nel limbo delle possibilità, si accettano le scelte degli altri o si compiono scelte inconsce.
La consapevolezza della scelta, anche nel caso di abbandono o non scelta, nasce dal pensiero lento, dal prestare attenzione e sapersi concentrare, dal pensiero riflessivo e pigro,
Difficoltà esistenziale della scelta
La difficoltà dello scegliere sta nel fatto che farlo può generare conflitti, reazioni negative, antagonismi. È così nella vita reale e in quella virtuale, nelle grandi come nelle piccole cose, nelle scelte di vita, lavorative o professionali, così come nella condivisione di un post o di un MiPiace. Fare delle scelte influenza chi sceglie così come le persone che gli stanno intorno, ma questo non impedisce di continuare a scegliere. La scelta può eventualmente essere usata, in modo flessibile e consapevole, per eliminare conflitti e diversità, favorire l’unità e la condivisione. Nella convinzione che anche il non scegliere sia una scelta che finirà per determinare conseguenze (non prendere alcuna decisione significa scegliere di non scegliere), risposte, trasformazioni e reazioni.
La realtà è che viviamo, spesso inconsciamente, sempre in una condizione di scelta. La scelta è nostra compagna costantemente, nella vita reale così come in quella online. Non può non esercitarsi ed è sempre capace di dare un senso, una direzione e un fondamento alla vita di ogni individuo. In qualunque situazione tutti hanno la possibilità di scegliere cosa pensare, come sentirsi, come parlare e come agire. È importante saper valutare cosa è più importante e utile nel breve come nel lungo termine, saper scegliere fra spazi di pensiero e spazi di percezione consapevole. Bisogna arrivare a una comprensione più profonda dei giudizi che ci guidano verso nuove scelte e apprenderne i nuovi schemi, linguaggi e concetti. Per fare tutto ciò serve però consapevolezza e autoconsapevolezza.
Se ad esempio per raggiungere un certo obiettivo è necessario sacrificare il tempo in famiglia o il tempo personale e questa prospettiva rende l’obiettivo tentennante e meno attraente, forse è meglio ripensare e rivedere l’obiettivo, pensare a quello a cui si tiene di più, valutare attentamente, consapevolmente e responsabilmente le conseguenze dello scegliere. Molti eventi futuri, frutto di scelte e decisioni personali, sembrano belli e attraenti ma la loro forza attrattiva può venire meno nel corso del tempo, suggerire cambiamenti in corso e altre scelte. Anch’esse responsabili e consapevoli, non dettate dalla difficoltà nel raggiungere un obiettivo o dalla voglia di fuga, ma dalla consapevolezza che il prezzo da pagare, personalmente o per gli altri, potrebbe essere troppo elevato.
Scelte lenti e consapevoli
La consapevolezza della scelta, anche nel caso di abbandono o non scelta, nasce dal pensiero lento, dal prestare attenzione e sapersi concentrare, dal pensiero riflessivo e pigro, impegnativo e organizzato, dalla capacità di elaborare pensiero e non solo idee, parole e opinioni, dalla scelta di controllare quanto un comportamento sia adeguato o meno, e dalla capacità di superare il deficit culturale di pensiero critico che oggi sembra caratterizzare il popolo della Rete. La scelta non può essere semplice espressione dell’appetito patologico che caratterizza il social networker e l’internauta quando rispondono in modo compulsivo agli stimoli ricevuti online. Dire la propria su ogni cosa, con un MiPiace, una stellina, una bandierina, un cuoricino, un post o un cinguettio, è il contrario di pensare. Commentare immediatamente e spesso senza neppure avere letto esclude lo spirito critico (a quanti sarà capitato di postare su Facebook una riflessione lunga e articolata su qualcosa e trovarsi quasi contemporaneamente gratificati di un Like?). Per mancanza di tempo ma anche per mancanza di scelta e incapacità di orientamento nell’individuare ciò che ha valore e ciò che non ne ha. E anche perché si lascia uscire, fuori da sé stessi, semplici opinioni, “appetiti rivestiti di parole” (Ortega y Gasset) e senza accettare le condizioni del pensare, parole o gesti in forma di emoticon e di immagini.
Una scelta consapevole, che nasce dal tempo lento del pensare, permette di guardare all’evento che ha generato con serenità e giusto distacco. Permette di alimentare nuova consapevolezza che predispone la mente a essere più lucida, attiva e fresca. Una mente capace di valutare scelte alternative e altre azioni possibili da intraprendere. Una mente capace di stabilire un collegamento tra gli eventi di cui si è partecipi o protagonisti e l’immaginazione, la capacità di immaginare eventi e situazioni diverse. Di riconoscere la competenza dello scegliere personale, frutto di apprendimento, conoscenza e autoconsapevolezza e anche di scegliere di abbandonare. Coltivare una mente cosiffatta significa abbandonare la passività che caratterizza molte scelte per un agire proattivo, capace di prendere decisioni e fare delle scelte.
La condizione ordinaria, nella quale siamo stati quasi sempre educati a stare, è quella, strettamente mentale, del pensiero dove operiamo scelte dipendenti dal voler avere ragione, finalizzate a difendere i propri punti di vista, che nascono dalla facile accettazione dei luoghi comuni (anche individuali), delle conoscenze non verificate (fake news ma anche molto altro) e dei giudizi preconfezionati. È una condizione ordinaria che esalta un’economia della mente, ma evidenzia anche “un’avarizia del cuore” (B. Mazzara, 1997).
Per operare una scelta è necessario lasciarsi andare al pensiero irrazionale e dedicare tempo al pensare razionale per poter interpretare correttamente il pensiero e il giudizio dell’altro, per imparare a sentire, facendo attenzione alle percezioni che derivano dalle proprie sensazioni fisiche ed emozionali. Il tutto calato nelle esperienze personali che si stanno vivendo, prediligendo la qualità alla quantità. Per esempio, nelle relazioni online scegliendo di coltivare e approfondire la conoscenza e il legame, piuttosto che lavorare per far crescere il numero di contatti e dei loro MiPiace.
La libertà di scelta online
La pratica diffusa della libertà di scelta online è quanto di più lontano ci possa essere dalla libertà che rende liberi e permette di difendere la propria identità. Lontano da scelte che in passato hanno permesso l’esercizio della scelta libera, per continuare a sentirsi liberi, a persone costrette in condizioni di privazione delle libertà, come quelle che hanno fatto l’esperienza dei campi di concentramento nazista. Persone come il neurologo, psichiatra e filosofo Victor Emil Frankl, capace di mantenere intatta la sua identità, perché capace, seppur carcerato e privato della libertà, di poter decidere in autonomia, in quale misura quanto gli stava avvenendo avrebbe potuto influire su di lui (“Quando non siamo più in grado di cambiare una situazione... Siamo sfidati a cambiare noi stessi”). Fra quanto gli succedeva (lo stimolo) e la sua reazione, c’era la sua libertà, la sua libertà di scegliere la risposta. L’esercizio di questa libertà, come ha raccontato lui stesso, fu il frutto dell’applicazione costante di discipline tra loro similari, mentali, emotive, morali, capaci di sfruttare la memoria e di alimentare l’immaginazione. Discipline che gli permisero di esercitare la pur piccola libertà che gli era permessa e di farla crescere, finché egli ebbe più libertà dei suoi stessi carcerieri nazisti (“La sola cosa che non puoi portarmi via è il modo in cui scelgo di rispondere a ciò che mi fai”). Loro avevano più opzioni tra cui scegliere, più opzioni disponibili nel loro ambiente, ma lui aveva più libertà vera, un maggiore potere interiore di esercitare le proprie limitate opzioni. Diventò così una fonte d’ispirazione per coloro che gli stavano intorno, perfino per alcuni dei suoi secondini. Aiutò altre persone a trovare un significato nella loro sofferenza e dignità nella loro esistenza di prigionieri.
Grazie all’esercizio dell’autocoscienza Frankl ha sfruttato la specificità tipicamente umana della facoltà di scegliere e dell’autoconsapevolezza. Specificità che si esprime con l’immaginazione, la capacità di valutare (sentire) effetti e conseguenze della scelta, così come di creare mentalmente nuove situazioni e realtà capaci di andare oltre quelle attuali. Si manifesta con la coscienza interiore del giusto e dell’ingiusto, con i principi che guidano il comportamento e con il livello di armonia esistente fra questi, i pensieri, le azioni e la volontà indipendente intesa come capacità di un agire autoconsapevole e libero da tutte le altre influenze.
Carceri attuali, senza alcun paragone con quelle naziste del passato e attuali, sono anche quelle virtuali. Piacevoli, accattivanti e apparentemente aperte ma non per questo meno vincolanti sull’esercizio della libertà di scelta dell’individuo. La prima limitazione di questa libertà sta nell’essere sempre osservati, seguiti e registrati, dagli algoritmi così come dagli altri. Nel Panopticon Benthamiano un unico guardiano era in grado, senza essere visto, di controllare ognuno dei suoi prigionieri, nel panottico digitale odierno tutti guardano, osservano e controllano tutti. Gli aguzzini sono potenzialmente tutti, come lo diventano coloro che con una rapida condivisione alimentano odio, rancore e violenza nelle tante forme che stiamo sperimentando oggi, fatte di razzismo, omofobia e misoginia.
Quando si naviga o si accede al Web non si sta guardando un display televisivo, si sta aprendo una finestra (una lente, un faro) su sé stessi, regalando l’opportunità a entità esterne di osservare cosa facciamo, quanti messaggi scriviamo e a chi, che video guardiamo, quante volte lo facciamo e con chi interagiamo.
Le informazioni prodotte dalla vita online finiscono così per essere usate per condizionare comportamenti, modi di pensare e di relazionarsi futuri. Il condizionamento nasce dalla quantità di informazioni di cui pochi sono in possesso, dalla minore quantità di informazioni e dall’isolamento monadico nel quale si trovano tutti gli altri. Grazie ai social network è come se tutti vivessero in mondi personalizzati e diversi. Mondi senza tempo e confini ma in realtà caratterizzati da molta solitudine e dal bisogno grande di relazione. La disponibilità di maggiori o minori informazioni facilita processi decisionali e scelte, senza precludere però la possibilità di scelta.
Una possibilità esercitabile da tutti, ad esempio per rompere il guscio delle bolle di sapone o monadi nelle quali sono racchiusi e farlo praticando gesti di gentilezza. Gesti frutto di bisogni ma soprattutto di scelte meditate, sentite e consapevoli, pensate per tradurre comportamenti e sensibilità digitali in coinvolgimenti diretti e continuativi con altri individui, anche se ancora sconosciuti e mai incontrati prima.
Scegliere la gentilezza
Scegliendo la gentilezza si ammette la propria solitudine, si riconoscono i propri bisogni relazionali così come le proprie vulnerabilità, decidendo di aprirsi agli altri e creando canali di interazione in grado di favorire il contatto online, l’incontro offline, il coinvolgimento fisico (tattile, dello sguardo, del sorriso, erotico e sessuale) ed emotivo.
La gentilezza, così come la felicità, è una sfida che bisogna saper accettare. La gentilezza unisce, facilita lo scambio, è origine di nuove esperienze felicitarie e di affetti, serenità e nuove narrazioni. La scelta di essere gentili comporta numerose altre scelte come quelle già espresse più volte in questo nostro e-book:
- la scelta di rallentare smettendo di andare di fretta, la scelta di andare lentamente ricercando “l’ordine sequenziale dei fenomeni” (Manuel Castells) e ritmi diversi da quelli soliti o imposti da altri; rinunciare alla velocità e all’accelerazione per dare tempo al cervello di pensare lentamente; focalizzare l’attenzione e comprendere meglio, scendere dal mondo che non rallenta (SiTav) e godere del tempo (NoTav), anche cognitivo ed emotivo, recuperato e rubato alla velocità accelerata; rallentare è un modo per assaporare il contesto e il paesaggio resistendo al potere dell’immagine finalizzato al suo semplice consumo, di cambiarne la componente concettuale nella quale agiamo per abbandonarci a nuove prospettive di esplorazione e di viaggio, aperte all’imprevedibile, all’immaginazione (leggere In Patagonia di Chatwin per trarne degli spunti legati all’esplorazione interiore), così come a ciò che potrebbe sorprendere. Chi ha visitato la Patagonia sulle orme di Chatwin o di altri letterati viaggiatori (Paul Theroux, Francisco Coloane, Luis Sepulveda, Padre De Agostini, Giorgio Bettinelli, ecc.) sa che la capacità mentale di stupirsi e di farsi sorprendere sono due aspetti della comprensione dei mondi visitati e della soddisfazione delle aspettative che ci si era creati prima di partire.
- la scelta di vincere il disorientamento esistenziale e resistere “all’onnipresente assalto di impulsi e imposizioni simultanee[4]” riconfigurando tempo e spazio, oggi deterritorializzati e decontestualizzati dalla potenza della tecnologia che ne ha ridefinito perimetri e ritmi, modificandone le modalità di iper-consumo compulsive, bulimiche e usa e getta, la loro percezione e descrizione, la narrazione, il significato, la memoria e le finalità;
- la scelta di prestare attenzione a quanto accade dentro sé stessi e agli altri, ai messaggi lanciati da chi abita lo stesso ambiente, reale e virtuale, cercando di interpretarne il sentire, le motivazioni e i bisogni prima ancora dei contenuti, dei linguaggi e dei mezzi utilizzati, ma anche predisponendosi in modo autonomo a modificare comportamenti, modi di pensare e giudizi su sé stessi e su chi sta a fianco;
- la scelta di ascoltare così come di non ascoltare (Perché mai bisognerebbe ascoltare le innumerevoli stupidità che hanno invaso i social network italiani? Perché mai bisognerebbe prestare ascolto alle comunità di imbecilli che popolano alcuni spazi online?), di tacere e rimandare la reazione dopo avere raccolto informazioni, valutato la loro qualità e le loro fonti, vagliate le intenzioni, adottando sempre l’approccio socratico del sapere di non sapere in modo da poter continuare a cercare, a fare le scelte che servono per poter decidere;
- la scelta di essere sé stessi e di accettarsi anche quando è difficile e doloroso farlo, evitando di far coincidere il Sé con le sue versioni edulcorate e migliorate (virtualmente aumentate) dei profili digitali, accettando di palesare aspirazioni e bisogni come quelli legati al superamento delle solitudini digitali;
- la scelta di rifiutare ogni forma di comunicazione violenta e aggressiva facendo prevalere il cuore e l’empatia, i sentimenti di solidarietà e la compassione, i gesti di gentilezza e (com)partecipazione su quelli divisivi, conflittuali, dettati dai pregiudizi, dal senso comune e dal conformismo consensuale dilagante;
- la scelta di contribuire in modo proattivo alla felicità degli altri, non con regali e neppure con parole, tantomeno son semplici emoticon, ma con piccoli gesti, attenzioni, disponibilità al dialogo e alla conversazione, apertura al contatto e a incontrarsi, in rete e fuori da essa, condivisione;
- la scelta di partecipare all’affermazione di valori, non necessariamente quelli oggi prevalenti negli spazi della Rete che hanno letteralmente frullato quelli passati. Valori come la centralità della persona (anche nella sua veste di cliente, consumatore, cittadino ed elettore), del reale rispetto al virtuale, dell’esperienza relazionale fisica rispetto a quella digitale, della lentezza rispetto alle velocità tecnologica, dei legami rispetto ai contatti, ed altri ancora;
- la scelta di riflettere criticamente sul mezzo tecnologico in modo da poter comprendere i suoi effetti sulla vita delle persone e anche nell’esercizio della gentilezza; la riflessione critica potrebbe portare a smontare cognitivamente il significato di molte verità preconfezionate, a riconoscere effetti come ansie da prestazione e non solo (ad esempio lavorative determinate dalla diffusa precarietà e incertezza), competizione continua dettata dalla ricerca di visibilità e reputazione, assenza dolorosa di vera solidarietà, eccessiva astrazione dalla realtà vissuta fuori da quella virtuale e problemi di identità;
- la scelta di abolire ogni tipo di muro, di barriera che impedisca di entrare in contatto e comunicare, di vuoti più o meno artificiali come quelli che oggi vengono eretti per separare l’occidente dal resto del mondo, il bianco dal nero, l’uomo dalla donna e il normale dal diverso. Se l’abolizione è impossibile basta trasformare muri, barriere e vuoti in ponti, passerelle, zattere, utili per opportunità di incontro, conoscenza, relazione (capacità di mettere insieme) e conversazione;
- la scelta di volersi bene e dell’autocura anche in condizioni di caos e di panico determinate dall’assenza di prospettive, da promesse negate, dall’insufficienza e inadeguatezza dei mondi virtuali nel soddisfare bisogni reali quali la solidarietà, il contatto fisico ed erotico dei corpi, la carezza, e soprattutto l’amicizia, negata dalla soverchiante potenza numerica dei contatti e dalla numerosità scambiati dei messaggi e dei cinguettii.
- …e la lista potrebbe continuare con le scelte che ogni lettore è libero di aggiungere!
Indice del libro
- Osare pensare
- Una riflessione sulla tecnologia è necessaria
- In viaggio
- Qualcosa non funziona più
- Andare oltre la tecnologia
- Un appello per scelte non binarie
- Intelligenze artificiali e umane
- Libertà di scelta come possibilità
- Homo Sapiens: una evoluzione a rischio
- Ruolo e criticità della tecnologia
- Costruire narrazioni diverse
- Menti hackerate e azioni da intraprendere
- Tempi irreali e mondi paralleli
- Mondi virtuali, memi virali e contagiosi
- Il ruolo che dobbiamo esercitare
- In culo alle moltitudini
- πάντα ῥεῖ, tutto scorre
- Il dominio delle macchine
- Media digitali e dimensione umana
- Leggerezza virtuale e pesantezza del reale
- La realtà come gioco
- Il grande inganno
- Mettersi in cammino
- Il tempo tecnologico è viscoso e agitato
- L’illusione del tempo presente
- Immediatezza come registrazione
- Il recupero della lentezza
- Deleghe in bianco e scelte fuori dal coro
- Potenza, vitalità e velocità delle immagini
- Il tempo dimenticato
- Reale e virtuale convivono
- Finzioni digitali e realtà
- Multiverso lento
- Via dalla pazza folla
- Il ruolo delle emozioni
- Emozioni chimiche digitali
- Emozioni algoritmiche
- Macchine intelligenti e assistenti personali
- Emozioni e sofferenza
- Tecnologia strumento di libertà
- Trasformazioni cognitive
- Interazioni uomo-macchina
- Esseri umani o burattini
- Scimmie allevate per consumare
- Internet da spazio libero a mondo chiuso
- Libertà perdute, libertà simulate
- Libertà illusorie
- Scelte binarie e libertà illimitata
- La libertà non fa regali
- Sapere di non sapere
- Strade accidentate e coraggio
- Coltivare gli orti del pensiero
- Pratica del silenzio e tempi lenti
- Metterci la faccia
- Dubitare ora dubitare sempre
- Per dubitare serve una pausa
Gatti, asini e canarini, voliere, acquari e gabbie di vetro
- Comportiamoci da gatti
- Pesci in acquario
- Le voliere di Twitter
- La gabbia è di vetro ma riscaldata
- Cambiare aria
- Mura ciclopiche, barriere e porti chiusi
- La metafora dell’asino
Attraversare la cornice del display
- Oltre la cornice dello schermo
- Contestualizzare la tecnologia
- La potenza delle immagini che ci guardano
- Perdere la vista
Isolati nella realtà, soli onlineCostretti a stare soliVoglia di comunità e social networkingConsapevolezza e responsabilitàSolitudine e impegno- Attenzione distratta
- Algoritmo maggiordomo ruffiano
- Algoritmo invisibile ma non trasparente
- Un algoritmo fintamente autonomo
- L’algoritmo calcolatore
- Ribellarsi all’algoritmo
- Poteri totalitari ma sorridenti
- Fedeltà vado cercando
- Tecnocrazie nichiliste alla ricerca di delega
- Libertà, lavoro e diritti
- Preoccuparsi è meglio che non farlo
- L’esercizio politico della critica
- Le chiese della Silicon Valley
- La politica cinguettante
- Fake news e analisi dei fatti
- Domande, domande, domande
- Dipendenze e rinunce alle dosi quotidiane
- Esercitare l’arte delle domande
- Un elenco di domande possibili
- Le opzioni della scelta
- Difficoltà esistenziale della scelta
- Scelte lenti e consapevoli
- La libertà di scelta online
- Scegliere la gentilezza
- C’è bisogno di amicizia e solidarietà
- Reti di contatti e reti amicali
Note
[1] La teoria non è nuova ma può essere facilmente smentita scientificamente o con un semplice volo nello spazio. L’ipotesi della Terra piatta è stata scartata nell’antichità ben prima della rivoluzione Galileiana. Erano convinti della sfericità della Terra numerosi matematici e filosofi greci così come il cosmologo Claudio Tolomeo, sostenitore dell’ipotesi geocentrica del sistema solare. Sferica rimane la Terra anche per Cpernico, Keplero e Galileo che quella teoria negarono. Il cosiddetto terrapiattismo, più che nell’antichità, è collegabile all’Ottocento, secolo che ha visto proliferare numerose ipotesi pseudoscientifiche e parascienze. Oggi il terrapiattismo trova spazio in Rete e nelle zone abitate del Web come Facebook. In Rete esiste anche un sito ufficiale pensato per fonrire le risposte che servono a confermare la validità della teoria: Flat Earth Society.
[2] Titolo di un libro di Andrea Scanzi
[3] Se un uomo potesse mantenersi sempre sul culmine dell'attimo della scelta, se potesse cessare di essere uomo... sarebbe una stoltezza dire che per un uomo può essere troppo tardi per scegliere, perché nel senso più profondo non si potrebbe parlare di una scelta. La scelta stessa è decisiva per il contenuto della personalità; con la scelta essa sprofonda nella cosa scelta; e quando non sceglie, appassisce in consunzione ... Quando si parla di scelta che riguardi una questione di vita, l'individuo in quel medesimo tempo deve vivere; e ne segue che è facile, quando rimandi la scelta, di alterarla, nonostante che continui a riflettere e riflettere... Si vede allora che l'impulso interiore della personalità non ha tempo per gli esperimenti spirituali. Esso corre costantemente in avanti, e pone, ora in un modo ora nell'altro, i termini della scelta, così che la scelta nell'attimo seguente diventa più difficile... Immagina un capitano sulla sua nave nel momento in cui deve dar battaglia; forse egli potrà dire: bisogna fare questo o quello; ma se non è un capitano mediocre, nello stesso tempo si renderà conto che la nave, mentre egli non ha ancora deciso, avanza con la solita velocità, e che così è solo un istante quello in cui sia indifferente se egli faccia questo o quello. Così anche l'uomo, se dimentica di calcolare questa velocità, alla fine giunge un momento in cui non ha più la libertà della scelta, non perché ha scelto, ma perché non lo ha fatto; il che si può anche esprimere così: perché gli altri hanno scelto per lui, perché ha perso se stesso... Poiché quando si crede che per qualche istante si possa mantenere la propria personalità tersa e nuda, o che, nel senso più stretto, si possa fermare o interrompere la vita personale, si è in errore. La personalità, già prima di scegliere, è interessata alla scelta, e quando la scelta si rimanda, la personalità sceglie incoscientemente, e decidono in essa le oscure potenze.
(Søren Kierkegaard, Aut-aut)
[4] Citazione da Presente continuo – Quando tutto accade ora di Douglas Rushkoff