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Il mio libro 𝗧𝗘𝗖𝗡𝗢𝗖𝗢𝗡𝗦𝗔𝗣𝗘𝗩𝗢𝗟𝗘𝗭𝗭𝗔 𝗘 𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝗧𝗔' 𝗗𝗜 𝗦𝗖𝗘𝗟𝗧𝗔 condiviso per intero sulla Stultiferanavis. Un modo per iniziare a riflettere è alimentare il senso del limite, non cedere alle proprie certezze, accettare l’ambiguità e le possibilità tra loro incompatibili, lasciarsi guidare dalla bussola della curiosità, leggere e informarsi, porsi delle domande, pretendere delle risposte, consultare e nutrire il dubbio, non lasciandosi spaventare da quello che dubitare comporta.


“Più che la verità ho l’impressione che vada scomparendo il mondo. O meglio, i tempi del mondo (per guardare, per ascoltare, per capire, per coltivare una memoria e immaginare un futuro). Gli spazi del mondo (per agire, per condividere), i suoi orizzonti, il suo darsi per essere pensato, visto a figura intera.” - Epocalisse di Marco Pacini


Il dubbio ha qui una valenza sia filosofica (Le mie scelte e i miei processi decisionali sono frutto di un algoritmo?) sia pratica (la falsificazione di false notizie e post-verità), puramente speculativa e applicata alla propria realtà ed esperienza ordinaria. Il dubbio filosofico inizia con un “no”, dal non dare per scontato alcunché, è persistente, non necessariamente finalizzato a una soluzione. Quello pratico mira a trovarne una, ad esempio a capire se e quanto si possa fare affidamento su Facebook quando promette, mentendo, di proteggere la privacy di chi usa la sua piattaforma di social networking. 

Nella vita di tutti i giorni dubitare è un modo per conoscere sé stessi, un processo creativo, di apertura, di possibilità e di disponibilità, non solo mentale ma legato alla potenza dell’immaginazione che serve a cogliere il lato oscuro della realtà e ipotizzare i suoi possibili scenari alternativi. Significa diffidare di coloro (persone, ideologie, mode, piattaforme, ecc.) che vorrebbero definire i confini del nostro mondo, predisporsi a farsi sorprendere e meravigliare, essere indecisi di fronte alle opzioni diverse in campo, dare un giudizio positivo o negativo e propendere per una scelta piuttosto che per un’altra. Nell’era delle nuvole di dati e delle false informazioni, del linguaggio mutilato dai cinguettii, il dubbio può servire come metodo di controinformazione, di ricerca continua, di ascolto e di confronto, strumento di conoscenza e di volontà, prova di forza contro l’onnipotenza tecnologica e strumento di affermazione della propria autorevolezza. Dubitare serve a ritrovare sé stessi, a ristabilire la verità della propria esistenza e della sua complessità intesa come processo, al di là di quella virtuale simulata attraverso artefatti digitali, spesso vissuta in forma autistica. 

Le nuove tecnologie ci hanno portato in una nuova era dalla quale emergerà l’uomo nuovo del futuro, un uomo forse più intelligente, ibridato con le macchine e sicuramente riprogrammato dalla rivoluzione digitale. Qualunque sia la destinazione di questa evoluzione meglio continuare ad avere dei dubbi, in modo che nessuna domanda resti senza risposta. Meglio averli ora perché l’uomo tecnologico del futuro avrà forse disimparato a pensare in modo autonomo, sarà sempre più dipendente dalle macchine e dalle loro piattaforme digitali, forse anche nelle forme del dubitare. Se questi sono i possibili scenari futuri non si può continuare a sottovalutare, come molti fanno, l’impatto delle rivoluzioni digitali sulla vita delle persone, in termini cognitivi, di lavoro, rapporti sociali e relazionali, politica, salute e benessere psichico. 

Dubitare ora dubitare sempre 

Il surplus informativo e cognitivo nel quale viviamo sta avendo effetti imprevedibili sul nostro apparato cognitivo, sulla memoria, sul nostro pensiero e il nostro cervello. Il cambiamento è in corso, invisibile, impercettibile ma costante, è una metamorfosi di cui siamo testimoni e complici insieme. Quando sarà completata saremo così diversi da non provare più l’imbarazzo o la vergogna che oggi alcuni ancora provano per i cinguettii violenti e razzisti che dominano sulle piattaforme digitali. Forse avremo anche difficoltà a discernere tra ciò che è importante o meno, etico o immorale, giusto o sbagliato, tra libertà o schiavitù. 

Il futuro però non è ancora scritto, le sue possibili destinazioni sono ancora indeterminate, lo si può ancora costruire. Non bisogna rassegnarsi alla stanchezza che nasce dal vedere frantumarsi visioni del mondo diverse da quella oggi prevalente. Bisogna insistere nel tentativo di andare oltre la superficie, raccogliendone gli indizi per andare in profondità, di comprendere la complessità con i suoi significati, la sua molteplicità e criticità, i suoi linguaggi e principi. Un modo per contrastare la superficialità diffusa che si manifesta in forme di linguaggio atrofizzate e cinguettanti, nella perdita di memoria, nel presentismo continuo e nella sparizione della sfera pubblica. 

Chi oggi si rifà al pensiero della complessità è considerato superato, antiquato. Inadatto a comprendere le novità della nuova era tecnologica, e non a caso descritto come Immigrato Digitale, legato ancora a forme di comunicazione tradizionali. Al contrario il pensiero complesso, che richiede autocontrollo, sforzo cognitivo e disciplina (tutto il contrario di chi controlla continuamente Facebook o l’e-mail), aiuta a reagire al conformismo diffuso e all’omologazione di pensiero che caratterizza, anche nei gesti e nei comportamenti, l’interazione con la tecnologia. L’approccio complesso insinua e alimenta il dubbio, suggerisce il rifiuto di comportamenti automatizzati, dettati da algoritmi e piattaforme tecnologiche, diventati ambiti cognitivi nei quali è difficile esprimersi in modalità diverse da quelle previste. 

Il dubbio è tanto più importante quanto maggiore è l’accettazione passiva e acritica delle molte apparenti libertà della Rete. Cosa ci fa credere che ogni ricerca con Google Search ci regali collegamenti casuali? Perché pensiamo di essere noi a scegliere quale percorso seguire nella navigazione online? Perché non riflettiamo sulla illusorietà di molte scelte libere online e sul loro essere sapientemente predisposte, controllate, programmate e burocratizzate? Cosa ci porta a pensare che i nostri movimenti online siano simili a quelli al di fuori della Rete, governati dal libero arbitrio e dalla casualità?  Perché ci affidiamo alle informazioni che riceviamo ritenendole quelle giuste quando quelle disponibili sono potenzialmente molte di più?

A portarle verso di noi non è il vento o la loro forza intrinseca, ma potenti algoritmi gravitazionali, opportunamente regolati e sapientemente indirizzati. Chi li ha programmati conosce molto bene come alimentare il bisogno compulsivo, condizionare il comportamento e suggerire delle scelte. Potrebbe però sbagliarsi nel ritenere la mente umana come calcolabile e programmabile. Lo è solo quando la usiamo come se fosse un computer da applicare ad automatismi e attività ripetitive. Non lo è quando disattiviamo il pilota automatico (se è possibile perché, come ha dimostrato lo stallo del 737 Max che è precipitato in Etiopia, non sempre lo è), esercitiamo l’autocontrollo, ci prendiamo una pausa di riflessione con lo scopo di individuare, nella metafora Bersaniana alla Crozza, la mucca nel corridoio. 

Per dubitare serve una pausa 

La pausa che sempre accompagna l’esercizio del dubitare può essere l’antidoto anche per il disvelamento delle false notizie, dei fatti alternativi e delle false verità. Le post-verità sono sempre esistite fin dall’antichità, riscontrabili in tutti i grandi libri che hanno raccontato le grandi civiltà umane, da sempre in competizione tra loro, anche attraverso grandi narrazioni. Libri come la Bibbia o il Corano, la Tōrāh ma anche l’Iliade e l’Odissea, l’epopea di Gilgameš, il poema epico della Bhagavadgītā, il Mahabharata, ecc. Oggi le post-verità trovano praterie immense nelle quali spuntare, crescere e diffondersi, grazie alla scarsa attenzione ai nuovi “grandi libri” e alla sparizione di istituzioni capaci di mediare tra chi le crea e le diffonde e i destinatari delle stesse. I mediatori istituzionali sono stati stritolati dalla comunicazione digitale nella quale tutti si sono eletti protagonisti e propagatori di verità. Anche quando esse non sono state verificate, approfondite e a volte neppure comprese nel loro essere false e mistificatorie di verità. Quando si è convinti della verità di una notizia o affermazione si tende a credere anche alle motivazioni, argomentazioni e fonti che sembrano confermarla nella sua validità, anche quando queste non lo sono. 

La pretesa di sapere[1] e l’istantaneità con cui si passa dalla ricezione di un messaggio alla sua condivisione fanno perdere la capacità discriminante tra il vero e il falso e, nel tempo, l’abilità di comprendere forme di comunicazione diverse da quelle praticate online. Nel contesto che ne deriva, chi detiene il dominio delle piattaforme tecnologiche può applicare indisturbato il suo potere manipolatorio e di controllo, anche semantico e cognitivo di ogni forma di discorso e comunicazione. 

Alimentare il dubbio è faticoso per tutti, non tutti manifestano la disponibilità a praticarlo. Alimentare il dubbio, smontare la realtà percepita e quella degli oggetti materiali con cui si interagisce, provare a liberarsi dai concetti che anni di convivenza tecnologica hanno impiantato nel cervello di Nativi e Immigrati Digitali, serve cognitivamente. Consente di cogliere nuovi significati delle parole e dei concetti, con i quali si è abituati a raccontare e comprendere il mondo. Significati oggi spesso dettati dai risultati dei motori di ricerca come Google Search e dalle spiegazioni abbreviate dei dizionari online o di Wikipedia. Significati che in realtà nascondono ricchezze illimitate, in attesa di essere scoperte nella loro validità e verità, dopo averli confrontati con quelli di uso quotidiano e averli messi in discussione. 

Dubitare serve anche per forgiare nuovi dubbi, sfruttando la capacità analogica del cervello umano. Per categorizzarli e classificarli in modo nuovo, probabilmente diverso da quanto potrebbero fare i Big Data, con le loro intelligenze artificiali e i loro algoritmi capaci di apprendere. “Senza concetti non ci possono essere pensieri e senza analogie non ci possono essere concetti”, hanno scritto Douglas Hofstadter e Emmanuel Sander nel loro libro Superfici ed essenze – L’analogia come cuore pulsante del pensiero

Per avere concetti, generare nuovi significati, bisogna però trovare il tempo per porsi delle domande, diffidare e essere dubbiosi, porsi interrogativi intelligenti capaci di cogliere ed esplorare le connessioni esistenti tra concetti diversi. Un approccio che mette nella condizione di comprendere meglio gli avvenimenti e gli eventi, le situazioni incontrate, di parlarne in modo più appropriato confrontandosi con altri, di dare insieme a loro un senso diverso alla realtà vissuta, sia essa quella virtuale della vita digitale online, sia quella fattuale della vita incarnata e al momento non ancora completamente robotizzata. 

Rallentare la corsa del tempo presente della tecnologia, evitare l’affanno da prestazione che spesso si sperimenta con la brevità dei cento metri cinguettanti, scendere dalle molteplici piattaforme TAV digitali, staccare la spina, sono tutte esperienze utili a riaprire le finestre della nostra percezione, predisponendosi a nuove interpretazioni, sperimentando inferenze capaci di portare a galla nuovi elementi mentali di riflessione. 

Tutte attività che nessuna macchina artificiale, seppure intelligente nelle sue capacità deduttive logiche, è ancora in grado di fare, soprattutto se qualcuno ha provveduto a toglierle la spina di alimentazione che la teneva in vita.


Indice del libro

Premessa

  • Osare pensare
  • Una riflessione sulla tecnologia è necessaria
  • In viaggio
  • Qualcosa non funziona più
  • Andare oltre la tecnologia 

Introduzione

  • Un appello per scelte non binarie
  • Intelligenze artificiali e umane
  • Libertà di scelta come possibilità
  • Homo Sapiens: una evoluzione a rischio
  • Ruolo e criticità della tecnologia
  • Costruire narrazioni diverse
  • Menti hackerate e azioni da intraprendere

Tempi Moderni

  • Tempi irreali e mondi paralleli
  • Mondi virtuali, memi virali e contagiosi
  • Il ruolo che dobbiamo esercitare
  • In culo alle moltitudini 

Tempi tecnologici

  • πάντα ῥεῖ, tutto scorre
  • Il dominio delle macchine
  • Media digitali e dimensione umana
  • Leggerezza virtuale e pesantezza del reale
  • La realtà come gioco
  • Il grande inganno
  • Mettersi in cammino

Velocità e senso dell’urgenza

  • Il tempo tecnologico è viscoso e agitato
  • L’illusione del tempo presente
  • Immediatezza come registrazione
  • Il recupero della lentezza
  • Deleghe in bianco e scelte fuori dal coro
  • Potenza, vitalità e velocità delle immagini
  • Il tempo dimenticato

Immersi in realtà multiverso

  • Reale e virtuale convivono
  • Finzioni digitali e realtà
  • Multiverso lento
  • Via dalla pazza folla
  • Il ruolo delle emozioni 

Libertà di scelta ed emozioni

  • Emozioni chimiche digitali
  • Emozioni algoritmiche
  • Macchine intelligenti e assistenti personali
  • Emozioni e sofferenza

Siamo scimmie intelligenti?

  • Tecnologia strumento di libertà
  • Trasformazioni cognitive
  • Interazioni uomo-macchina
  • Esseri umani o burattini
  • Scimmie allevate per consumare 

Sentirsi liberi

  • Internet da spazio libero a mondo chiuso
  • Libertà perdute, libertà simulate
  • Libertà illusorie
  • Scelte binarie e libertà illimitata
  • La libertà non fa regali
  • Sapere di non sapere

Gli strumenti che servono

  • Strade accidentate e coraggio
  • Coltivare gli orti del pensiero
  • Pratica del silenzio e tempi lenti
  • Metterci la faccia 

Alimentare il dubbio

  • Dubitare ora dubitare sempre
  • Per dubitare serve una pausa

Gatti, asini e canarini, voliere, acquari e gabbie di vetro

  • Comportiamoci da gatti
  • Pesci in acquario
  • Le voliere di Twitter
  • La gabbia è di vetro ma riscaldata
  • Cambiare aria
  • Mura ciclopiche, barriere e porti chiusi
  • La metafora dell’asino

Attraversare la cornice del display

  • Oltre la cornice dello schermo
  • Contestualizzare la tecnologia
  • La potenza delle immagini che ci guardano
  • Perdere la vista

Interrogarsi sulla solitudine

Isolati nella realtà, soli online
Costretti a stare soli
Voglia di comunità e social networking
Consapevolezza e responsabilità
Solitudine e impegno

Il potere degli algoritmi

  • Attenzione distratta
  • Algoritmo maggiordomo ruffiano
  • Algoritmo invisibile ma non trasparente
  • Un algoritmo fintamente autonomo
  • L’algoritmo calcolatore
  • Ribellarsi all’algoritmo

Poteri forti e monopolistici

  • Poteri totalitari ma sorridenti
  • Fedeltà vado cercando
  • Tecnocrazie nichiliste alla ricerca di delega
  • Libertà, lavoro e diritti
  • Preoccuparsi è meglio che non farlo
  • L’esercizio politico della critica
  • Le chiese della Silicon Valley
  • La politica cinguettante
  • Fake news e analisi dei fatti

Le domande da porsi

  • Domande, domande, domande
  • Dipendenze e rinunce alle dosi quotidiane
  • Esercitare l’arte delle domande
  • Un elenco di domande possibili

Scegliere è difficile

  • Le opzioni della scelta
  • Difficoltà esistenziale della scelta
  • Scelte lenti e consapevoli
  • La libertà di scelta online
  • Scegliere la gentilezza 

Addestramento alla gentilezza

  • C’è bisogno di amicizia e solidarietà
  • Reti di contatti e reti amicali

Alcune considerazioni finali

Webgrafia/Bibliografia


Note

[1]Gli uomini hanno la notevole abilità di sapere e non sapere allo stesso tempo. O più correttamente, possono sapere qualcosa quando davvero ci pensano, ma per la maggior parte del tempo non ci pensano, così con lo sanno.” -  Yuval Noah Harari

StultiferaBiblio

Pubblicato il 28 aprile 2025

Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – Co-fondatore di STULTIFERANAVIS

c.mazzucchelli@libero.it http://www.stultiferanavis.it

Gli uomini hanno la notevole abilità di sapere e non sapere allo stesso tempo. O più correttamente, possono sapere qualcosa quando davvero ci pensano, ma per la maggior parte del tempo non ci pensano, così con lo sanno.” -  Yuval Noah Harari