Oltre lo strumento: come costruire una cultura della qualità che sopravvive ai tool

La domanda che ogni organizzazione si pone dopo aver esaminato gli strumenti disponibili è apparentemente pragmatica: quale bug tracking system dovremmo adottare? La risposta vera, quella che raramente viene pronunciata esplicitamente, è che la domanda stessa è formulata male. Non esiste uno strumento universalmente superiore, così come non esistono processi universalmente applicabili. Esistono contesti organizzativi specifici, ciascuno caratterizzato da vincoli, obiettivi e livelli di maturità differenti, e strumenti che si adattano meglio o peggio a questi contesti particolari. La selezione appropriata richiede un esercizio di auto-diagnosi organizzativa che precede qualunque valutazione tecnologica. Prima di confrontare feature list, prima di calcolare costi di licensing, prima ancora di installare versioni di prova, l'organizzazione deve comprendere sé stessa attraverso sei dimensioni critiche che determinano quale compromesso tecnologico risulterà sostenibile nel tempo.

La chiamata della Stultifera

Un invito inatteso, una nave immaginaria che attraversa la notte, una scelta di follia lucida. La chiamata della Stultifera è il racconto del mio imbarco simbolico sulla nave degli stolti: un viaggio verso la complessità, la cultura e il pensiero libero, lontano dalle rotte predefinite dell’era algoritmica.

Jean-Auguste-Dominique Ingres e il senso del Design Thinking

'Disegno', 'design': parole che parlano di un concetto definibile forse per la sua differenza dal concetto di 'progetto'. Ma più precisamente il concetto di 'disegno' trova una sua spiegazioni nella sua differenza dal concetto di 'colore'. Ci parla di questo Jean-Auguste-Dominique Ingres: il disegno è l'essenziale; il colore è il mero ornamento. Ingres ci parla di questo nei suo i scritti; ma sopratutto ce ne parla attraverso la sua opera pittorica. Basta osservare l''Autoritatto a ventiquattro anni', 1804, e il simbolico oggetto il pittore tiene in mano.

Agile in assenza di ordine. Sul disallineamento strategico e la nobiltà di carta

Questa riflessione nasce da una conversazione avvenuta in forma privata, dopo la pubblicazione di un mio articolo su Stultifera Navis. Un lettore mi ha contattato per chiedermi un parere. Lavora in un contesto complesso, con un team sotto-dimensionato, risorse scarse, e un flusso di priorità che muta più volte nel corso della stessa giornata. La sua area è quella della documentazione tecnica, ma le sue parole potrebbero valere per molti altri settori marginalizzati nella retorica agile. Il problema che mi pone è semplice, e insieme radicale: “Ci sono giorni in cui la documentazione viene trattata come un fardello, appena meno trascurabile dei test. Posso usare l’Agile per proteggere il mio lavoro? O rischio solo di essere travolto dall’ennesimo giro di sprint che non tiene conto della realtà?” A questa domanda ho deciso di rispondere così: non con un consiglio, ma con una presa di posizione.

L'ignoranza come sapienza: riflessioni sull'arte di non sapere nel governo dei progetti

Esiste un paradosso al cuore dell'esperienza manageriale contemporanea che merita una riflessione più profonda di quella che solitamente gli riserviamo. Osservo da anni, nelle sale riunioni e nei corridoi delle aziende dove si decidono le sorti dei progetti, un fenomeno curioso: più informazioni accumuliamo, più sembriamo perdere la capacità di comprendere. Più strumenti di misurazione raffiniamo, più ci allontaniamo dalla sostanza di ciò che dovremmo misurare. Non si tratta della banale osservazione che "troppa informazione confonde" — questa sarebbe una critica superficiale che non coglie la natura più sottile del fenomeno. Si tratta piuttosto di riconoscere che l'ignoranza, in molti contesti organizzativi, non è un accidente ma una costruzione deliberata, una forma di sapienza mascherata che permette al sistema di funzionare secondo logiche che altrimenti entrerebbero in crisi.

Pensare il tempo

C'è un momento, nella giornata di ogni sviluppatore, project manager o consulente, in cui si ferma davanti al monitor e si chiede: "Quanto tempo ci vorrà davvero per completare questo task?" È un istante di vulnerabilità professionale, dove l'esperienza incontra l'incertezza, dove la metodologia si scontra con la realtà imprevedibile del lavoro umano. Quei numeri che abbiamo imparato a chiamare "story points" promettono di risolvere questo dilemma, di trasformare il caos della creatività in sequenze ordinate e prevedibili. Ma cosa accade quando la promessa non mantiene la realtà?