Intervista ImPossibile a Pablo Picasso (IIP #12)

Il minotauro e l’algoritmo Che cosa resta dell’istinto creativo nell’epoca delle immagini generate automaticamente? In che modo la tecnologia sta trasformando la nostra idea di autenticità, responsabilità e libertà artistica? Da una parte c’è il minotauro, la creatura metà uomo e metà animale che Picasso. Dall’altra parte c’è l’algoritmo, il simbolo della nostra epoca digitale, una logica impersonale che ordina, calcola e genera immagini decidendo cosa possiamo vedere ogni giorno. Accostare queste due figure significa raccontare la tensione tra ciò che nasce dall’esperienza umana e ciò che viene prodotto da sistemi che imitano tutto senza vivere nulla. Il Minotauro rappresenta la parte irrazionale, emotiva e imprevedibile della creazione, l’Algoritmo, la macchina che combina e simula. Pablo Picasso è stato un’esplosione di energia creativa e distruttiva al tempo stesso, che ha spesso usato come suo alter ego, il minotauro, una figura istintiva, capace di incarnare la forza creativa ma anche la violenza del mondo. Un artista che ha denunciato la violenza, ha rifiutato compromessi e ha sempre rivendicato la responsabilità dell’artista. La sua visione dell’arte è ancora attuale, come ad esempio l’idea che “l’arte sia una menzogna che ci permette di conoscere la verità”. Questa Intervista ImPossibile prova a interrogarlo per un confronto immaginario su arte, falsificazione, allucinazioni algoritmiche e potere delle immagini in un periodo in cui il confine tra vero e falso è diventato il cuore del dibattito sulla crisi dell’autenticità, sulla delega creativa e sul futuro della libertà artistica nell’era delle macchine generative.

Intervista ImPossibile a Stanley Kubrick (IIP #09)

AI, potere e fine dell’umano Come leggere l’intelligenza artificiale attraverso lo sguardo di Stanley Kubrick? Stanley Kubrick (1928–1999), regista, sceneggiatore e fotografo, è stato uno dei più lucidi interpreti del rapporto tra essere umano, potere e tecnologia. La sua opera ha raccontato il Novecento come un laboratorio di controllo e alienazione, ma anche come una tensione costante verso il mistero e l’insondabile. Da 2001: Odissea nello spazio a Arancia meccanica, da Shining a Full Metal Jacket, Kubrick ha osservato l’essere umano nel momento in cui la tecnica smette di essere strumento e diventa habitat, quando la macchina si fa specchio del suo creatore. Il suo cinema non immagina il futuro, lo interroga. Ogni film è un esperimento morale che indaga i limiti della ragione, la fragilità della coscienza e l’impossibilità di separare l’etica dalla conoscenza.

Quando Maurizio Ferraris ha abbandonato la filosofia?

Tornando a leggere il saggio di Maurizio Ferraris 'L'ermeneutica di Proust', 1987, sovvengono pensieri a proposito di come si evolve il pensiero di un filosofo. Appare stridente la distanza tra queste pagine sincere, volte all'autoriflessione, attente alla contiguità tra filosofia ed arte, e la successiva produzione del filosofo. Viene da chiedersi: come è possibile che quel Maurizio Ferraris sia trasformato in tronfio e cinico apologista del telefonino, banale critico di Gesù Bambino, impenitente inventore di formule che ricicciano l'ovvio -dal nuovo realismo alla documentalità-, sempre in cerca di gerghi tesi ad annichilire i lettori, e a rinserrare le fila degli addetti ai lavori.

L'ombra sul muro di pietra. Artisti al lavoro

Un artista, Andrea Martini, racconta come lui e il suo maestre Enzo Pituello hanno realizzato insieme una scultura. Il senso dell'opera -un toro- emerge nel corso del lavoro, sorprendendo gli stessi creatori. Appare così un modo di intendere l'arte: l’arte in realtà è in ognuno di noi e se è vero che “l’arte salverà il mondo”, questo potrà avvenire solo quando ciascuno di noi farà la propria parte.

Jean-Auguste-Dominique Ingres e il senso del Design Thinking

'Disegno', 'design': parole che parlano di un concetto definibile forse per la sua differenza dal concetto di 'progetto'. Ma più precisamente il concetto di 'disegno' trova una sua spiegazioni nella sua differenza dal concetto di 'colore'. Ci parla di questo Jean-Auguste-Dominique Ingres: il disegno è l'essenziale; il colore è il mero ornamento. Ingres ci parla di questo nei suo i scritti; ma sopratutto ce ne parla attraverso la sua opera pittorica. Basta osservare l''Autoritatto a ventiquattro anni', 1804, e il simbolico oggetto il pittore tiene in mano.

Arte come improvvisazione: il gesto che emerge dal presente

Parlare dell’arte, si sa, è pericoloso. Non solo perché ci si avventura in una selva semantica dove ogni parola è già usata, abusata, svuotata, risignificata e poi ancora capovolta; ma anche perché chi ne parla troppo, spesso non crea nulla. Eppure, ci ostiniamo a voler dire cosa sia l’arte, come se una tale entità — sfuggente, meticcia, proteiforme — potesse davvero essere contenuta in un lemma o, peggio ancora, in un saggio. Tuttavia, anziché inseguire una definizione essenziale, come farebbe un metafisico neoplatonico, si potrebbe tentare un approccio più fenomenologico: non chiedersi cos’è l’arte, ma come si manifesta, cosa fa, a quali logiche risponde quando agisce nel mondo.

L’IA e l’arte di prevedere l’inatteso

A breve visiterò la mostra Le Monde selon l’IA al Jeu de Paume, ma ho già deciso di scriverne. Non per presunzione divinatoria – mi manca l’API – ma perché questa mostra è già un oggetto teorico ancor prima di essere esperita. Il suo allestimento è disponibile, le opere accessibili, i dispositivi curatoriale leggibili. E l’intelligenza artificiale, si sa, ha la brutta abitudine di precedere sempre la nostra comprensione.