Oggi ho fatto un sogno! Utopia pura, un sogno irrealizzabile che non diventerà realtà

Le utopie non fanno più parte del nostro immaginario. Siamo però immersi in distopie reali e tutti impegnati, inconsapevolmente o da complici, a crearne di nuove. Un tempo le utopie non erano pura fantascienza, erano calate nella realtà, strumenti potenti di interpretazione e di lettura dei problemi di ieri, di oggi e di domani. Oggi sono contenitori vuoti, non vengono più usate come strumenti, si manifestano nella forma distopica, Mai come oggi avremmo bisogno di utopie, mai come oggi viviamo dentro distopie che abitiamo spaventati, afoni, impauriti, complici, servili e sottomessi, incapaci di capire che siamo tutti diventati semplici cavie da laboratorio per la sperimentazione dell'uso della paura e del senso di colpa per creare consenso e inibire, bloccare ogni forma di dissenso. E' in questo contesto che si colloca come moltitudini di persone stanno oggi (non) reagendo. al genocidio in atto a Gaza, che se non vogliamo chiamare tale, ci chiama tutti causa, quantomeno per la sorte a cui sono stati destinati migliaia di bambini.

Epistemologie dell’integrazione profonda. Conoscenza, potere e responsabilità nell’epoca biodigitale

Nel corso della mia attività con la pubblica amministrazione, ho contribuito alla progettazione di sistemi documentali aperti, tra cui la piattaforma PAFlow. Non si trattava semplicemente di digitalizzare il cartaceo, ma di ripensare le condizioni stesse della trasparenza e della responsabilità pubblica. Ogni decisione doveva essere tracciabile, ogni passaggio verificabile, ogni codice leggibile. La scelta dell’open source non fu un vezzo tecnico, ma una scelta politica: l’idea che la conoscenza amministrativa sia un bene comune, e che il codice che la struttura debba restare accessibile, modificabile, condiviso. L’altro giorno mi è capitato di sorridere leggendo l’ennesimo articolo trionfalistico sull’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione. L’entusiasmo era palpabile, ma il contenuto inesistente: si parlava vagamente della possibilità di usare l’IA per valutare i curriculum dei dipendenti pubblici, per identificare i più “adatti” a svolgere non si sa bene cosa. Nessuna riflessione sul fatto che un CV scritto male possa portare un algoritmo a scartare una persona competente. Nessuna considerazione sulla dimensione motivazionale, relazionale, umana che è indispensabile nei contesti pubblici. Solo la solita narrazione ansiogena dell’efficienza algoritmica, accompagnata dal coro dei “fuffa-guru” di LinkedIn, gli stessi che fino a ieri vendevano aria di Napoli in bottiglia e oggi propongono corsi su IA con lo stesso fervore da televendita di fanghi alle alghe. Viviamo in un’epoca in cui la produzione di conoscenza è diventata un campo di battaglia invisibile. Parlare di epistemologia — ovvero di come costruiamo e legittimiamo il sapere — è oggi un atto politico. L’articolo che segue nasce da questa consapevolezza. Perché integrare davvero significa anche destabilizzare: affrontare i conflitti tra saperi, riconoscere le esclusioni, decidere da che parte stare.

Siamo in un’epoca in cui rischiamo di trovarci tutti isolati benché connessi

L’antropologia, specialmente quella della mente, può fornire un contributo interpretativo dei tempi che stiamo vivendo, in una prospettiva a lungo termine. Parlare, invece, di antropologia digitale mi sembra senza senso, a meno che non si intenda riferirsi alla necessità di utilizzare la tecnologia, in tutte le sue applicazioni, per studiare i comportamenti umani e la mente che ne è l’origine.

Quando la poesia è un bisturi per l'anima

Si dice spesso che la poesia non sia una necessità. Forse non lo è per la sopravvivenza fisica, eppure, come il battito di un cuore invisibile, la poesia può diventare essenziale. Non per accrescere la nostra conoscenza, ma per espandere la nostra capacità di sentire. Non ci rende più colti in senso accademico, ma ci rende indubbiamente più umani, scavando in profondità dove la logica e la ragione faticano ad arrivare.

Le parole che graffiano, feriscono, curano!

Capita spesso, nelle case abitate da amori stanchi, che certe parole finiscano per graffiare. Ogni sguardo può aprire crepe in una relazione a cui, nel tempo, non è stata fatta manutenzione (di solito a causa di incuria con buona fede). Il dialogo sembra così un esercizio di equilibrismo su una corda tesa: ogni passo è incerto e non si sa dove porterà, ci si sente in costante pericolo di caduta.

Come le arterie di un ragno divino America Latina: sogno europeo, nuovo mondo

L'America Latina narrata dai cronisti che accompagnarono la Conquista spagnola. L'America Latina vista dai viaggiatori europei. E poi l'America Latina, colta nelle sue differenti sfaccettature culturali, sociali, politiche, ambientali, raccontata dai romanzieri latinoamericani : “tutto è nuovo, tutto è deja vu in questo labirinto di mangrovie, spirale nello spazio, con le numerose incisioni di fiumi suddivise nelle linee sottili di affluenti, correnti interne, torrenti costieri, come le arterie di un ragno divino, grande ragnatela, telaraña scaturita dalla musica degli elementi, spirale che 'carece de remate', anello senza fine”. La materia narrativa, la rete di storie riguardanti il Nuovo Mondo -rete variegata, diversamente intrecciata, senza fine né principio- non può che essere proposta per labili tracce, brani arbitrariamente tratti da sterminate biblioteche, connessi da sottili affinità. “Rimandi, frammenti, echi, dentro e fuori dal romanzo. Senza bussola, senza mappa". E sarà buona cosa se il lettore si smarrirà “lungo i tronchi e tra i rami di questo labirinto”. Ripubblico qui il decimo (penultimo) capitolo del 'Viaggio letterario in America Latina' (Marsilio, 1998; 'Viaje literario por América Latina', Acantilado, Barcelona, 2000), sintesi dell'intero saggio. Tutt'altro avrei potuto scrivere sull'argomento, molto avrei potuto aggiungere o togliere. La sequenza dei paragrafi potrebbe ben essere un'altra. Se scrivessi ora, certo scriverei un testo differente. Ma cosa vuol dire in fondo scrivere? Scrivere è un viaggio nel caos. Non tutto può essere esplicitato. Ho sempre pensato che l'autore non sia altro che un lettore che lascia tracce dei suoi percorsi. So comunque che non sarei riuscito a scrivere questo testo senza l'ausilio di un computer e di un programma di scrittura: il meraviglioso XYWrite, che stava in 250 kappa. Il testo era pensato per essere letto su carta, inevitabilmente abbandonandosi al flusso della narrazione. Ma lasciavo anche al lettore, attraverso fitte note, la possibilità di risalire alle fonti citate o alluse. In questa versione destinata alla lettura su supporto digitale ho eliminato le note. Perché penso che il lettore che legge sullo schermo, così come può muoversi all'interno del testo cercando il ricorrere del nome di un personaggio, di un autore, di un luogo, può anche giocare a cercare da sé l'origine dell'evocazione offerta dal testo. Avevo immaginato un lettore con il libro in mano. E ora il testo è affidato a un lettore con in mano il suo smartphone, o di fronte allo schermo. Il mio invito di autore e lettore resta lo stesso: di abbandonarsi all'ondeggiare del puro racconto, come ascoltando la voce di un cantastorie.

Western utopia and Chinese topia

On the eve of the 2012 US elections, I published: Haine Froide (Cold Hatred, The American right ideology) The chosen date was neither political nor opportunist. It was a coincidence. Less fortuitous was an article I published 24 years ago: From Thomas More to Donald Trump, on Options Politiques, Montréal Juillet-Août 1992.

Resilienza senza alibi: dal caos ritualizzato alla competenza collettiva

Resilienza nei team di progetto non è resistere agli urti, ma trasformare l’incertezza in conoscenza operativa. Provo a spiegare il mio punto di vista su come linguaggi, pratiche riflessive, regia temporale, leadership diffusa e sostenibilità organizzativa rendano un gruppo capace di apprendere mentre agisce. Dal caso software alla pubblica amministrazione, emerge un metodo per metabolizzare errori e vincoli, evitando la retorica “agile” senza sostanza. La resilienza diventa igiene del discorso, governo dei ritmi, cura dell’energia collettiva. Una critica al tecnicismo vuoto e alla resilienza di facciata chiude il quadro, con il suggerimento all'uso di metriche che misurino apprendimento, cooperazione e debito di resilienza permanente accumulato, per migliorare veramente.

L'Eco della Tua Obsolescenza

C'è una sensazione sottile, quasi un fruscio di fondo nelle nostre vite iper-connesse. È l'eco di una domanda che ci poniamo guardandoci allo specchio, scorrendo un feed di notizie o ascoltando un podcast sul futuro: sarò ancora capace? Sarò ancora utile domani? È la paura dell'obsolescenza, un fantasma che non è nato con i microchip e le reti neurali, ma che oggi, grazie all'Intelligenza Artificiale, bussa alle nostre porte con un'insistenza mai vista prima. E io, come ingegnere che ha scelto di abbracciare l'umanesimo digitale, sento il dovere di guardare questo fantasma negli occhi, per capire che non è un mostro da cui fuggire, ma un interlocutore con cui dobbiamo imparare a dialogare.

Toward understanding and preventing misalignment generalization

Large language models like ChatGPT don’t just learn facts—they pick up on patterns of behavior. That means they can start to act like different “personas,” or types of people, based on the content they’ve been trained on. Some of those personas are helpful and honest. Others might be careless or misleading. Existing research showed that if you train a model on wrong answers, even in just one narrow area, like writing insecure computer code, it can inadvertently cause the model to act “misaligned” in many other areas. This is called “emergent misalignment.” We studied why this happens.

Una domenica di luglio - Letture varie preparando le valigie per partire, per andare lontano, anche dal digitale

A essere sincero, quando sono lontano dal mio bosco, tutto mi appare irreale. Lo è perché mi lascio intrappolare dalla navigazione online e/o dalla lettura degli inserti domenicali come Robinson e La Lettura. Un tempo la lettura poteva rasserenarmi, invogliarmi a leggere ancora di più. Oggi prevale la noia o l’arrabbiatura, tante sono le stronzate a cui si va incontro, per colpa del semplice bisogno di coltivare conoscenze e conoscenza. Meglio forse tornare a “zappare”!   Poi ci sono le eccezioni, capaci di suscitare interesse e attenzione, su cui provo a fare una semplice riflessione.

Rilanciare il pensiero incompiuto - Rebranding the unfinished thougtht

Cosa succede a un pensiero incompiuto quando viene espresso dentro un sistema ingegnerizzato per per garantire certezza, prestazioni e leggibilità professionale? Questo testo esplora come pensare in pubblico – particolarmente su piattaforme come Linkedin, richiede una alfabetizzazione costante, ricorsiva, in sintonia non solo con le idee, ma anche con le infrastrutture che le rimodellano.

Tecnoconsapevolezza e libertà di scelta: Addestramento alla gentilezza

Il mio libro 𝗧𝗘𝗖𝗡𝗢𝗖𝗢𝗡𝗦𝗔𝗣𝗘𝗩𝗢𝗟𝗘𝗭𝗭𝗔 𝗘 𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝗧𝗔' 𝗗𝗜 𝗦𝗖𝗘𝗟𝗧𝗔 condiviso per intero sulla Stultiferanavis. Riflettere criticamente è un esercizio praticato per continuare a essere umani, capaci di prefigurare futuri possibili, di immaginarli e di pensarli come realizzabili. Riflettere in autonomia e libertà è il primo passo per riuscire a farlo liberandosi dalle catene del pensiero dominante. Oggi determinato prepotentemente da realtà tecnologiche fatte di codice software, applicazioni, algoritmi e strumenti/piattaforme mediali.

Segnalazione eretica in momenti drammatici

Drammatici sono i tempi di crisi e di guerra che stiamo vivendo. Lo sono sia per i fatti di cui siamo lontanamente testimoni, sui quali siamo costantemente e abilmente manipoltai, ma anche per la mancanza di reazioni di sdegno e per una passiva inazione che racconta molto del nostro mondo attuale e degli scenari distopici emergenti che si stanno preparando

Privacy l'è morta? Resistere alla sorveglianza è ancora possibile!

Per molti la privacy è morta e non esiste speranza che la si possa risuscitare. La pervasività della tecnologia è tale da rendere impossibile sfuggire all'apparato di sorveglianza che un'infinità di apparecchiature, software, algoritmi, oggetti intelligenti e piattaforme ormai sono in grado di esercitare, sempre e ovunque, online come offline. Il Web non è più quello di una volta ma un luogo dove si vendono dati e informazioni e dove chi lo frequenta è diventato la vera merce da scambiare, archiviare, analizzare e consumare.

Dal Golem ad AlphaGo

Cè un’intera corrente di pensiero – grosso modo ispirata ai modelli computazionali della mente - la quale ritiene che, sì, è possibile che robot e computer possano avere una mente per la buona ragione che la mente non è vincolata al supporto materiale: sia un’anima che un software per computer hanno un rapporto accidentale con il corpo in cui si trovano. E ciò stabilisce una singolarissima alleanza fra i vecchi dualisti che credono nell’esistenza dell’anima immateriale e i contemporanei cognitivisti che pensano che la mente sia un software per computer.

Il lavoro delle macchine, il destino dell’uomo -- Automazione, potere e disuguaglianza: perché serve una nuova regia del valore

Nel discorso dominante sull’innovazione, si fa spesso appello a una promessa implicita: che le tecnologie avanzate, e in particolare l’intelligenza artificiale, possano liberare l’umanità dalla fatica, dall’errore, dalla scarsità. Si racconta un futuro dove le macchine lavoreranno al posto nostro, permettendoci di esplorare vocazioni più alte: creatività, relazione, benessere. È un immaginario seducente. Ma dietro questa visione idilliaca si nasconde un paradosso sistemico: una società senza lavoro rischia di diventare una società senza reddito, e quindi senza consumo, senza coesione, senza futuro.