TESTI
Frida Kahlo: forte come la vita
La vita e le opere della pittrice messicana Frida Kahlo continuano ad esercitare un grandissimo fascino artistico e un forte impatto emotivo. Molto probabilmente questa donna coraggiosa sarà ricordata nei tempi a venire come la più grande pittrice del Novecento. Visse appena 47 anni in uno dei paesi più belli, il Messico, e la sua passione fu la politica: comunista prese parte a tutte le lotte pacifiche e i fermenti a difesa dei molti oppressi e poveri della grande nazione centroamericana. Suo padre, Wilhelm Kahlo, al quale fu molto legata affettivamente, era un ungherese, ebreo, amante della letteratura e della musica. Molto bello è il ritratto del padre che Frida dipinse nel 1951 e la scritta che si legge in alto: una dichiarazione di grande affetto.
ENOUGH IS ENOUGH. A sostegno della Global Sumud Flottilla che navigherà verso Gaza
Di fronte ai crimini che stanno avvenendo a Gaza ogni persona, essere umano, ha il dovere di assumersi la responsabilità di dire qualcosa, soprattutto di fare qualcosa. Il dire è l’ambito nel quale i nostri politici europei, e non solo, hanno eccelso: dire per non fare nulla di concreto. Al punto in cui siamo però, 𝐞𝐧𝐨𝐮𝐠𝐡 𝐢𝐬 𝐞𝐧𝐨𝐮𝐠𝐡 e tutti siamo chiamati a prendere posizione, perché quello che sta avvenendo a Gaza sarà ricordato (speriamo) come uno degli eventi più tragici e terribili della Storia, capace persino di oscurare altri crimini che hanno caratterizzato la Storia recente.
La forma fa la differenza? Anche sulla STULTIFERANAVIS?
L’iniziativa della STULTIFERANAVIS, probabilmente sbagliando, ha la pretesa di essere diversa da altre. Diversa lo è anche nella forma, nella grafica del testo adottata, nel richiamo della pagina bianca di un testo stampato, nell’assenza di immagini, nei caratteri usati, ma anche nella lunghezza degli articoli, che qui sembrano sfidare lo sfidabile, per complessità, profondità ma anche lunghezza.
L'intelligenza artificiale può creare qualcosa di nuovo?
Una riflessione sulla IA, coinvolgendo il pensiero del pensatore francese Alain Badiou.
Piattaforme, disincanto e falò digitali (digital campfire)
Viviamo l'era del disincanto tecnologico che si manifesta come disagio, la sensazione che qualcosa nella nostra relazione con i dispositivi e le piattaforme tecnologiche non funzioni più, esprime il bisogno di cambiamento nei rapporti con la tecnologia. Racconta la fine di un amore e la sparizione di una meraviglia, il venire meno dell’entusiasmo, la sparizione della scintilla iniziale che ci aveva spinto in uno dei tanti metaversi online, l’emergere di una stanchezza crescente legata alla insoddisfazione sperimentata nelle tante interazioni digitali che caratterizzano la nostra vita online. Non ci sono soluzioni all'orizzonte, ma semplici tentativi di fuga o di costruire forme alternative di stare insieme, dentro e al di fuori delle piattaforme tecnologiche. Una di queste forme alternative è rappresentata dai 𝐅𝐀𝐋𝐎' 𝐃𝐈𝐆𝐈𝐓𝐀𝐋𝐈 𝐞 𝐝𝐚𝐥 𝐅𝐄𝐃𝐈𝐕𝐄𝐑𝐒𝐎 o da iniziative che a questi concetti si richiamano.
La tecnologia non è mai stata neutrale. Ha sempre modificato la nostra relazione col mondo
Un cambio di prospettiva non si farà con una rivoluzione né con un gesto esemplare (in qualche maniera Snowden non è la critica ma la realizzazione del panottismo liquido contemporaneo). Si farà solamente con una lunga negoziazione e presa di coscienza collettiva. Le buone pratiche devono essere reiterate. Ancora una volta è la vecchia filosofia ad avere ragione, perché è Aristotele ad averci insegnato il valore del fare e avere esperienza. Non vivremo in armonia con le macchine o con le nostre estensioni digitali (ci saranno nuove pratiche e nuove forme di digital labor) ma certo, nel lungo termine, avremmo sviluppato una migliore praxis digitale (e forse avremo imparato a far valere i nostri diritti). 𝑼𝒏𝒂 𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒗𝒊𝒔𝒕𝒂 𝒅𝒂𝒕𝒂𝒕𝒂 (𝒑𝒖𝒃𝒃𝒍𝒊𝒄𝒂𝒕𝒂 𝒔𝒖 𝑺𝒐𝒍𝒐𝑻𝒂𝒃𝒍𝒆𝒕 𝒏𝒆𝒍 2017) 𝒎𝒂 𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒕𝒆𝒎𝒑𝒐.
Perchè si viaggia? Meditazioni solitarie durante un bellissimo viaggio in Madagascar
𝐑𝐞𝐝𝐮𝐜𝐞 𝐝𝐚 𝐮𝐧 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐢𝐬𝐬𝐢𝐦𝐨 𝐯𝐢𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐢𝐧 𝐌𝐚𝐝𝐚𝐠𝐚𝐬𝐜𝐚𝐫, reso tale dall’itinerario proposto dall’agenzia (Kailas) alla quale mi sono affidato, dalla guida (Mirko) che ci ha accompagnato e guidato magistralmente per quasi sedici giorni, e dall’affiatamento del gruppo (Anna, Marina, Federica, Massimo, Daniela, Andrea, Stefano, Lidia) che si è creato fin dal primo incontro, ho deciso di provare a rispondere a una domanda: perché si viaggia? Una domanda che, nelle conversazioni di gruppo o individuali, è emersa più volte, suggerendo risposte che quasi mai sono state capaci di soddisfare l’interlocutore o l’interlocutrice che, di volta in volta, la domanda aveva posto.
Abbiamo uno Scoop! Intervistata la Regina di Biancaneve
L'angoscia esistenziale di ogni narcisista. Se potessero riconoscerla in sè, e accoglierla per prendersi cura della propria sofferenza, invece che evitarla, camuffarla, combatterla...
Cornetti, brioches e croissant e il mondo nascosto dei knowledge graphs.
Non molto tempo addietro, durante uno dei miei tanti sabati liberi, ho passato del tempo in una libreria della catena Il Libraccio. Mi sono perso tra gli scaffali per non so quanto tempo - forse persino due ore, ma il tempo vola quando si è circondati dai libri. In quella spedizione libresca ho scovato due volumi che hanno catturato la mia attenzione, entrambi dedicati a un tema che sta rivoluzionando il modo in cui l'intelligenza artificiale comprende e organizza la conoscenza: i knowledge graphs. Quello che segue è un condensato dei miei appunti di lettura, un tentativo di mettere insieme le intuizioni di due prospettive molto diverse su una delle sfide più affascinanti del nostro tempo tecnologico.
La sfida della (auto)coscienza: intelligenza artificiale e produzione di senso
L'intelligenza artificiale contemporanea ci pone di fronte a interrogativi fondamentali sulla natura della mente e della coscienza. Dagli anni Ottanta, programmi come BACON di Langley, sviluppato per simulare la scoperta scientifica attraverso l'analisi di dati numerici, e SME (Structure-Mapping Engine) di Gentner, progettato per modellare il ragionamento analogico umano, hanno tentato di riprodurre computazionalmente funzioni cognitive complesse. Tuttavia, questi sistemi operano su rappresentazioni già strutturate, eludendo il problema cruciale di come la mente costruisca significato a partire dall'esperienza grezza. Questo articolo esplora l'ipotesi che l'autentica agenzia cognitiva richieda una funzione sintetica capace di unificare percezione e concettualizzazione sotto un'identità soggettiva. Attraverso l'analisi critica dei modelli computazionali attuali e il confronto con dispositivi meramente reattivi, argomento che il problema della coscienza artificiale non può essere risolto solo mediante l'incremento della sofisticazione algoritmica, ma necessita di un ripensamento radicale della natura stessa della soggettività e dell'esperienza cosciente.
On The Epistemological Barrier to a Science of (Artificial) Intelligence
Artificial intelligence is nonsense, so let us begin with a word on nonsense. In what follows, nonsense per se is not meant as equivalent to stupid, or silly. Rather, nonsense is a string of words that make no sense. What is said contains no meaning. An example of nonsense (by philosopher Peter Hacker): the number 3 married number 2 on planet number 2. What would lead to stupidity or silliness, however, was if someone were now to insist that it is intelligible that numbers can actually marry, and that they were engaged in scientific research that might prove this.
The AI Hype is a Dead Man Walking. The Math Finally Proves It.
For the past two years, the AI industry has been operating on a single, seductive promise: that if we just keep scaling our current models, we'll eventually arrive at AGI. A wave of new research, brilliantly summarized in a recent video analysis, has finally provided the mathematical proof that this promise is a lie.
L'asticella si è semplicemente spostata
Possiamo divincolarci. Possiamo piagnucolare. Possiamo temporeggiare, resistere, pattugliare e torcerci le mani davanti allo spettro dell'apocalisse. Ma nulla di tutto ciò cambia un fatto semplice e irreversibile:
Rendere invisibile un genocidio
Non è il silenzio che colpisce, ma la retorica che si sostituisce alla verità. Gaza viene distrutta, centimetro per centimetro, ma nei giornali, nei telegiornali, e nei comunicati delle cancellerie di stato si parla d’altro. Si parla di “conflitto”, come se ci fosse simmetria tra chi bombarda e chi fugge. Si parla di “reazione”, come se la distruzione sistematica di una popolazione potesse essere iscritta nel diritto alla difesa. Nessuno parla di genocidio. Non è un termine vietato, ma è come se lo fosse: troppo preciso, troppo compromettente. È questa la forma più moderna della menzogna: non negare i fatti, ma sbriciolarli. Isolarli. Disinnescarli. Una bomba su un ospedale diventa “un episodio”; cento bambini morti, “una tragedia”; la fame imposta, “una crisi umanitaria”. Le parole diventano prudenti, sfumate, come se avessero paura. O come se sapessero troppo.
Le competenze di lettura ravvicinata si trasferiscono all'intelligenza artificiale?
C'è stata, di recente, una raffica di proclami ben intenzionati sulle virtù inaspettate dell'educazione letteraria nell'era degli interlocutori algoritmici. Un eccellente pezzo di Nick Potkalitsky, PhD offre quello che potrebbe essere definito un riavvicinamento pedagogico tra le testualità disordinate della narrativa e la peculiare fluidità dell'IA generativa.
Noi siamo vivi, voi siete tutti morti
Leggendo i numerosi post di Otti Vogt, autore della Stultiferanavis e attivista globale per una "leaderships for good", condividendo molte delle cose che scrive e come le scrive, mi è venuto da pensare che ciò che serve oggi è un racconto diverso della realtà.
L’Anatomia del “Lampo di Genio”: quando la scienza svela i segreti dell’Intuizione
C’è qualcosa di profondamente magico nel momento in cui una soluzione emerge dal nulla, cristallina e improvvisa come un fulmine a ciel sereno. Quel “lampo di genio” che attraversa e illumina la mente sembra appartenere a una dimensione quasi mistica del pensiero umano, sfuggendo a ogni tentativo di catalogazione scientifica. Per secoli, filosofi, psicologi e neuroscienziati si sono interrogati su questi momenti di illuminazione: da dove arrivano? Seguono leggi riconoscibili o sono davvero eventi casuali che balenano nell’oscurità della mente?
Tecnoconsapevolezza e libertà di scelta: L’illusione della concentrazione nel mondo digitale
L’attenzione costantemente regalata a un display e alle intermittenti ma persistenti interazioni tecnologiche ha reso impossibile l’arte della concentrazione. Non è un caso che anche Hollywood e la televisione stiano realizzando telenovele brevi, da 10-15 minuti. Un tempo ritenuto ormai associato al massimo di attenzione possibile che l’utente, modificato cognitivamente dalla frequentazione di YouTube è disposto a concedere. Anche per contenuti di qualità!
Restiamo Umani
Occorre tanta attenzione per rimanere umani, per onorare il valore delle connessioni umane, per “praticare l’umanità” anche nelle relazioni digitali.
Talking existential risk into being: a Habermasian critical discourse perspective to AI hype
Un paper scritto e pubblicato da Salla Westerstrand, Rauli Westerstrand & Jani Koskinen che la Stultiferanavis sottopone all'attenzione dei suoi numerosi naviganti e lettori. Il paper è disponibile anche come "download" dal link sotto fornito.