Paolo Fabbri. Lo sguardo etnografico e il confine etico della retorica

La lezione 'Il confine etico della retorica', tenuta vari anni fa dal semiologo e filosofo Paolo Fabbri nel quadro del percorso di alta formazione promosso da Assoetica parte da una constatazione: la retorica in sé è una risorsa etica, perché è una alternativa alla guerra, perché il confronto attraverso le parole prende il posto dell'uso delle armi. Ma poi, entrati a guardare il modo di usare gli strumenti della retorica, ci si accorge di come sempre si sfiora un confine etico: dove termina il rispettoso tentativo di convincere l'altro, e dove comincia il subdolo tentativo di ingannarlo? In conclusione, Paolo Fabbri associa l'etica alla responsabilità. La lezione di Paolo Fabbri è raccontata in questo articolo a partire dalla sua lontana genesi. Quando l'autore di questo articolo in anni ormai lontani si interrogava sui confini etici del suo lavoro di etnografo, lesse un articolo did Paolo Fabbri...

No more kings: Europe's last chance to matter

This is no longer about Europe's renewal for its own sake. It is about a global struggle between solidarity and subjugation. In an interdependent world, democracy cannot endure where domination thrives. Europe must refuse thrones—not only in its past, but in its future.

I filosofi devono affiancare ed aiutare i giovani a liberarsi dell’universo luccicante delle merci.

Sul piano del potere, si continuano a utilizzare termini propri della modernità come ‘cittadini, ‘opinione pubblica’, ‘intellettuali’, ma sono contenitori che esprimono ormai concetti diversi da quelli originari. Lo sviluppo dell’industrializzazione e della mondializzazione economica, la prevalenza del potere extra-nazionale e l’alleanza tra scienza, tecnica ed economia fanno sì che gli individui si sentano impotenti rispetto a decisioni che vengono prese altrove e cerchino il senso della propria vita nello spazio personale (il cibo, il ballo etc..) Il controllo sociale viene realizzato non attraverso la coartazione, ma attraverso la seduzione attuata dal mercato dei media.

Mundanal ruido. Un colloquio con ChatGPT4 avvenuto mercoledì 28 giugno 2023 tra le 19:30 e le 20:05. La macchina ha sbagliato di grosso, per fortuna conoscevo l'argomento

Giusto due anni fa, per la precisione il 28 giugno 2023, tra le 19:30 ero seduto qui alla mia scrivania a Portoferraio. Non ho i miei libri qui. Cercavo di ricostruire a memoria il contesto attorno a un verso famoso di Fray Luis de León: “lejos del mundanal ruido” (verso famoso nella letteratura spagnola quasi tanto può esserlo nella poesia italiana l'incipit di Dante: “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura”). Google Search non mi soccorreva. Decisi allora di ricorrere a ChatGPT. E' stato il mio battesimo. Battesimo: greco antico 'baptismós': 'immersione'. Immersione in un colloquio da pari a pari con la macchina. Ho letto con interesse, in questi due anni, numerosissimi articoli e libri interi basati su colloqui con la macchina. E' giusto che ognuno faccia la sua esperienza e la racconti. La prima volta è importante. Perché poi si finisce, credo, per ripetere, nell'interazione, la stessa strategia. Conta il contesto, la motivazione.

La forza della gentilezza

Essere gentili oggi è uno degli atti più coraggiosi che possiamo compiere. Gentilezza non è buonismo. È potere relazionale. È responsabilità. È leadership autentica. È la forza invisibile che tiene insieme i rapporti, i team, le comunità. È una competenza umana che produce benessere, appartenenza, fiducia.

Il potere dello spettacolo. Commento al romanzo di Norman Spinrad 'Bug Jack Barron'

Romanzi che dovremmo leggere o rileggere: Norman Spinrad, 'Bug Jack Barron', 1969. Politici e imprenditori prendono lezioni dal conduttore di talk show Jack Barron. Ma presto risulta chiaro che se Barron si presenta alle elezioni, la vittoria sarà sua. Nel romanzo 'Bug Jack Barron', pubblicato nel 1969, Norman Spinrad riesce a immaginare che Ronald Reagan si candiderà, e vincerà a mani basse. Ma ora, mezzo secolo dopo, sappiamo che era solo l'inizio.

𝐖𝐡𝐞𝐧 𝐖𝐫𝐢𝐭𝐢𝐧𝐠 𝐒𝐭𝐨𝐩𝐬 𝐓𝐡𝐢𝐧𝐤𝐢𝐧𝐠: Automation, Authorship, and the Ethics of Conceptual Rigor from Mark Twain to AI

This essay examines the growing disconnect between language and thought in contemporary discourse, particularly in the context of EdTech, AI, and academic theory. Beginning with reflections on the author’s recent engagement with theoretical dialogue on LinkedIn—a platform marked by performance-driven visibility rather than conceptual depth—it traces how theoretical vocabulary has increasingly come to function as professional shorthand, signaling intellectual alignment while often bypassing the labor of thinking. Drawing on examples from education discourse and the historical figure of Mark Twain—whose engagement with the typewriter and notions of automatic writing challenged humanist ideas of authorship—the essay situates current anxieties around AI-generated language within a longer tradition of mechanical mediation. Rather than framing authorship as a question of human versus machine, the essay argues for conceptual rigor as the true index of intellectual integrity. It calls for a renewed attention to friction, difficulty, and specificity in writing—not as barriers to communication, but as signs that thought is actively being done.

Parlando di filosofia

Filosofia. Quando parliamo di filosofia di cosa stiamo esattamente parlando? Certo tutti sappiamo l’origine etimologica. L’Amore per il sapere. Ma questo, a ben pensarci, non ci porta molto lontano. Ogni uomo di scienza è spinto da un’attrattiva per il sapere. Se la filosofia rispondesse solo a quella definizione allora dovremmmo ammettere che la sua ragione d’essere è stata via via devoluta alle scienze. A partire dal 600 gli assalti di fisica, matematica, medicina, chimica, psicologia e altro hanno soppiantato la riflessione filosofica, relegandola, al più, ad un ruolo di comprimaria o di progenitrice del pensiero, quindi ancorata ad una collocazione storica, fuori dall’attualità.

The cognitive turn: locating the cognitive difference in the age of AI

There’s a certain bleak ingenuity to the idea that our best response to AI’s unsettling fluency is to manually downgrade its pronouns. A recent Boston Globe op-ed recommends that we stop referring to generative systems as coworkers or collaborators, and instead swap the “o” for a zero: c0workers, c0companions. It’s not language that’s the problem here—it’s the use of language to shut down thought just when it’s most needed. Rather than open space for describing what resists classification, this symbolic tweak tries to pin the world back into place with a single keystroke.

La stupidità che avanza (The advanced stupidity)

A costo di essere considerato un tecnofobo, mi permetto di affermare che il massiccio ricorso a IA generative rischia di creare macchine sempre più intelligenti (entro i canoni con cui oggi molti definiscono cosa sia intelligenza) e umani sempre più stupidi (Google ci sta rendendo stupidi?" scriveva Nicholas Carr nel 2008), per la loro pratica inconsapevole di delega, delle loro capacità cognitive, alla macchina, che sembra aver puntato a sostituire l’atto del pensare umano.

Il segreto del Feedforward

Da sempre amo il confronto di idee e sono contento che questa cosa possa accadere su queste pagine: Stultifera Navis rappresenta una bella opportunità. Raccolgo quindi lo stimolo nato dalla lettura di “Generazioni feedforward. Per una educazione all’anticipazione” di Riccardo Santilli, per riproporre un mio articolo, originariamente pubblicato su Harvard Business Review (2022), sullo stesso tema. L’articolo ripercorre l’origine e la storia di questo concetto e il suo influsso nelle teorie della comunicazione.

Agile in assenza di ordine. Sul disallineamento strategico e la nobiltà di carta

Questa riflessione nasce da una conversazione avvenuta in forma privata, dopo la pubblicazione di un mio articolo su Stultifera Navis. Un lettore mi ha contattato per chiedermi un parere. Lavora in un contesto complesso, con un team sotto-dimensionato, risorse scarse, e un flusso di priorità che muta più volte nel corso della stessa giornata. La sua area è quella della documentazione tecnica, ma le sue parole potrebbero valere per molti altri settori marginalizzati nella retorica agile. Il problema che mi pone è semplice, e insieme radicale: “Ci sono giorni in cui la documentazione viene trattata come un fardello, appena meno trascurabile dei test. Posso usare l’Agile per proteggere il mio lavoro? O rischio solo di essere travolto dall’ennesimo giro di sprint che non tiene conto della realtà?” A questa domanda ho deciso di rispondere così: non con un consiglio, ma con una presa di posizione.

Pubblicanti o narranti?

Il rischio, mi sembra, è quello di smettere – per noia, per inettitudine, per sopravvenuta incapacità - di essere entità narranti per diventare invece delle mere entità pubblicanti…  un ambito in cui tutto ciò che normalmente collochiamo nel concetto di “intelligenze artificiali” già ci batte a mani basse.

Generazioni “feedforward”. Per un’educazione all’anticipazione

Le generazioni formate ai media del XX secolo hanno costruito identità e conoscenze basate sul tempo esperito. Il loop epistemologico che fino a pochi anni fa sembrava l’unico possibile era basato su azione, feedback, valutazione e conferma o modifica degli schemi di azione. Questo schema – tipico dell’educazione, del lavoro, della socializzazione – ha rappresentato un modello di riferimento per intere generazioni. Oggi, per la prima volta, assistiamo a un cambiamento radicale, che rompe il monopolio del feedback come momento centrale di ogni processo esperienziale.

Documentare ut regere

Nel contesto dei sistemi informativi complessi, la documentazione non è un’attività accessoria ma una funzione strutturale di governo. Documentare significa modellare la conoscenza, rendere persistenti le decisioni progettuali, abilitare la tracciabilità, la revisione e il miglioramento continuo. Ogni modello metodologico – dal Waterfall all’Agile, fino al modello a spirale – riflette una specifica epistemologia operativa, che si manifesta nei formati, nei tempi e nei processi documentali. Questo articolo propone un’analisi tecnico-concettuale delle architetture documentali come strumenti di controllo cognitivo, esaminando ambienti come SharePoint, Confluence e Git, e ridefinendo la documentazione come prerequisito della progettualità consapevole.

Voglia di comunità, di comunitarismo

Le guerre non sono che l'ultimo tassello aggiunto a una situazione di crisi generalizzata, di cambio paradigmatico, dentro un mondo che è pieno di mappe ma ha perso la bussola. Senza bussola vaghiamo sempre più al buio, nell'incertezza più assoluta, pieni di ansia e attanagliati dall'angoscia. Individualisti come siamo diventati non riusciamo a condividere quello che sentiamo con altri da noi. A poco servono i numerosi contatti (in forma di profili digitali) di cui tutti disponiamo, assenti di capitale relazionale e privati di empatia, come quelli che coltiviamo online. Non ci rimane che ascoltare il bisogno di legami, di relazioni, di comunità che accomuna molti nella ricerca di una via di uscita, di una alternativa possibile, in forma comunitaria e sociale.