Sono regista di documentari e cortometraggi, con una formazione in architettura.
Dopo la laurea, ho intrapreso un percorso professionale nell’ambito della comunicazione sociale, ideando e coordinando campagne rivolte in particolare ai giovani.
Un momento decisivo per la mia crescita professionale è stato il Summit del G8 a Genova nel 2001. In quell’occasione ho preso parte all’organizzazione del Genoa Social Forum, per poi assumere il ruolo di consulente tecnico nell’analisi di materiali audiovisivi utilizzati in ambito giudiziario, relativi ai fatti di quei giorni.
Da quell’esperienza è nata la mia passione per il documentario, che mi ha portato a realizzare lavori come Janua (2010), Black Block e La Provvista (2011), fino ai più recenti La Scelta (2022) e Persone (2024).
Inoltre, ho collaborato con diverse testate giornalistiche, tra cui Internazionale, contribuendo alla scrittura del podcast Limoni.


Che ne è della pubblica opinione?

Ci sono libri che non invecchiano mai, anzi si rigenerano. Il libro “Public Opinion” di Walter Lippmann è uno di questi. L’assunto del testo è limpido: come avviene quel complesso ed apparente processo attraverso cui le nostre opinioni diventano opinione pubblica, volontà nazionale, mente collettiva, fine sociale? Lippmann indaga e descrive i meccanismi attraverso cui le immagini “interne” elaborate nelle nostre teste ci condizionano nei rapporti con la società. L'attenzione del lettore viene richiamata sugli ostacoli che limitano le nostre capacità d’accesso ai fatti, interessante richiamo visto che oggi tutti i dati sembrano accessibili a tutti. Il richiamo va però in particolare alle distorsioni delle informazioni provocate dalla necessità di sintesi e di manipolazione volontaria della stampa e dei governi. Infine, la paura stessa dei fatti che potrebbero minacciare l’ordine dello Stato e della società. Il libro di Lippmann sembra datato ma in reltà non lo è!

Natural Born Cyborgs

Nel 1998, Andy Clark e David Chalmers scrivevano che la mente si estende oltre il cervello. È un sistema distribuito, fatto di neuroni e di taccuini, di sinapsi e smartphone. Un’idea visionaria, oggi più attuale che mai.

Il potere dell’immagine

Nell’epoca delle immagini generate dall’intelligenza artificiale, l’esperienza visiva si confronta con una realtà nuova, simulata, ma perfettamente credibile. Chi le genera non si limita a rappresentare il mondo, ma ne orienta la percezione, influenzando ciò che riconosciamo come vero e ciò in cui siamo disposti a credere. Qual è, oggi, la riflessione sul potere di chi produce immagini?

"IO" tra AI, design e controllo

Immagina di uscire di casa. Nessun telefono in mano, nessun auricolare nelle orecchie. Solo un oggetto sottile, ovale, appuntato alla camicia. Non ha schermo né vibrazione. Non emette suoni inutili. Ma sa che sei in ritardo, che hai dormito poco, che fra un'ora inizia una riunione e che fra dieci minuti pioverà. “Pioggia imminente sul tuo percorso. Vuoi un taxi?” chiede, con discrezione. Un cenno del capo basta: lui capisce. È come avere accanto qualcuno che conosce i tuoi ritmi meglio di te. Non invade, non interrompe. Ascolta. E agisce solo quando serve. Niente display, nessuna interfaccia da attivare. Solo parole necessarie, e con tono basso se ci sono altre persone.

Nulla è tuo

Non servono sbarre per costruire una prigione. Basta un principio morale condiviso, una norma diffusa, un silenzio imposto.

Umano, troppo umano?

Chi ha il potere di definire cosa sia “umano”? Chi stabilisce i criteri per cui una macchina è “utile” o “dannosa”? Chi decide quali funzioni umane devono essere automatizzate e quali preservate?