Testi
Sperare è diventato stupido?
Diceva Simone Weil che il solo fatto di esistere e di pensare è già una ragione di speranza. Senza futuro e nella convinzione che il meglio appartenga al passato, il futuro ci appare senza orientamento e aspettative, pieno di crisi e di emergenze, ormai diventate la regola. Stiamo tutti insieme rinserrati su un treno delle Nord, sempre in ritardo ma che pure avanza. Proprio per questo non vediamo il treno, di conseguenza non ne elaboriamo alcuna consapevolezza, critica, voglia di (re)azione.
Avvisi ai naviganti. Daniele Del Giudice tra cura delle parole, sguardi obliqui e lavori ben fatti
E un compito che uno potrebbe darsi, un compito solo per sé, i compiti valgono solo per quelli che ognuno dà a se stesso, non per quelli che dà agli altri, potrebbe essere proprio quello di trovare un modo di essere persona, oggi, in questo luogo, in questo tempo, in una nuova relazione con tutti gli altri e con quello che ci circonda.
Pensare criticamente
Un testo tratto dal mio ultimo libro 𝐍𝐎𝐒𝐓𝐑𝐎𝐕𝐄𝐑𝐒𝐎 -𝐏𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐮𝐦𝐚𝐧𝐢𝐬𝐭𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐥 𝐌𝐞𝐭𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨. Mentre la tecnologia accelera e la macchina aspira a usare algoritmi metacognitivi, l’umano si scolora, il pensiero rallenta, perché è diventato anoressico, ha perso la sua capacità logica e critica, la sua lunghezza e profondità, la capacità di cogliere le relazioni complesse tra le cose, le situazioni e gli eventi, di trasformarsi in conoscenza e comprensione. Alla ricerca di senso, dobbiamo abbandonare pratiche onlife che hanno omologato e anestetizzato il sentire, omogeneizzato l’esperienza e cloroformizzato il pensare, dobbiamo impegnarci a costruire senso e a farlo insieme ad altri: non superficialmente ma andando in profondità, agitando la coscienza, esercitando la comprensione, adottando pratiche quotidiane fatte di piccoli passi, dalla forza assimilabile alla goccia che leviga qualsiasi roccia su cui cade per anni.
Cosa potremmo intendere oggi per giustizia
E' difficile rinunciare all'idea di una certezza del diritto proprio come è difficile non affidarsi alla macchina digitale 'intelligente'. Ma propio nell'accettazione di questa difficoltà sta lo spazio di una possibile giustizia, oggi. Seguendo Amartya Sen, possiamo dire: invece di accanirci a stabilire cos’è la giustizia ‘in principio’, facciamo il possibile, qui ed ora, anche magari per tentativi e errori, accettando l’imperfezione, facciamo il possibile per invertire il circolo vizioso della povertà e dell’ingiustizia.
L’invecchiamento, la povertà e la violenza di genere
Ho scelto questi tre componimenti perché riguardano tematiche a me care: l’invecchiamento (e le relative malattie, quali Alzheimer, Parkinson, demenza senile, ecc.), la povertà e la violenza di genere. In una società, nella quale il benessere sembra essere il padrone assoluto, con i media che ci vogliono inculcare concetti come la bellezza imperitura, il denaro facile e il successo alla portata di tutti, esiste, tuttavia, una realtà che stride prepotentemente con questo quadro idilliaco. E a me, per usare un gioco di parole, piace mettere in luce le ombre.
Una bibliografia sulla gentilezza
La Stultiferanavis è una nave gentile, nel suo andare, nelle relazioni e pratiche di chi ha preso posto a bordo, per la postura dei suoi due co-fondatori. La nave contiene numerosi contributi sulla gentilezza. Qui proponiamo una bibliografia per chi avesse voglia di acquisire una maggiore conoscenza sui temi della gentilezza. Solo alcuni libri scelti tra i tanti disponibili, in lingua italiana e in lingua inglese. Buona lettura
Relazioni rottamate e senza gentilezza alcuna: che sofferenza!
La manutenzione gentile della relazione: empatia, compassione e tolleranza.
Leopardi. Lo Zibaldone come progetto e la scrittura come tentativo
Nessun testo che un autore sta scrivendo, nessun progetto in corso sarà mai ‘cosa ben sistemata’. Nessun lavoro di scrittura, e nessun progetto si conclude perché il lavoro è 'finito'. L'autore che scrive un testo -come chiunque impegnato nello svolgimento di un lavoro, sarà costretto a decidere, a un certo punto, facendo violenza su se stesso, a rilasciare il risultato raggiunto- nonostante l'acuta percezione della sua incompletezza, della sua imperfezione. Tranquillizzato, forse, dal fatto che i difetti sono scesi sotto una tollerabile soglia. Per questo lo 'Zibaldone' di Leopardi è il testo esemplare. Accumulo disordinato di carte, resterà in un baule. Solo alla fine del secolo, sessant'anni dopo la morte del poeta si penserà alla sua pubblicazione. Ma ogni testo leopardiano che appare finito è un sottoprodotto dello Zibaldone. Un estratto di quel baule. Lo 'Zibaldone' è una cornucopia: sovrabbondante fonte di testi possibili. Così, in generale, si può dire che ogni progetto è frutto di un metaprogetto: è frutto dell'intenzione di progettare, dell'impegno messo nel progettare. La riflessione attorno al continuo tentare di Leopardi -ogni suo lavoro è un assaggio, una prova, un esperimento- riguarda non solo ogni scrittore, manager, ma anche ogni manager, ogni lavoratore. E in fondo questo modo di costruire conoscenza, per accumulo di tentativi, è anche una spiegazione di ciò che può essere, di ciò che cerca di essere, il luogo digitale nel quale pubblico questo testo: la 'Stultifera Navis'.
L’approccio antropologico alla malattia e alla cura
L’antropologo può essere chiamato ad affrontare la complessità dei processi politico-culturali che coinvolgono i corpi e le istituzioni sanitarie, il rapporto fra individuo e operatore sanitario (medico, infermiere, ausiliario), ma anche le relazioni fra salute degli individui e dei gruppi sociali e diseguaglianze, senza tralasciare, come già evidenziato, i processi terapeutici e le strategie di cura, che ovviamente possono diventare attività o forme ostili di relazione nei confronti di persone che non accettano le metodologie abituali della nostra medicina o il rapporto medico-paziente promiscuo.
Un mondo fuori asse
In un mondo “fuori asse dai contorni indiscernibili, un mondo guasto che sembra andare a rotoli, nel quale le certezze di molti sono minacciate, 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚𝐭𝐢 (𝐩𝐬𝐞𝐮𝐝𝐨)𝐟𝐢𝐥𝐨𝐬𝐨𝐟𝐢, molti praticano la filosofia e ne frequentano i festival, numerosi professionisti che la esercitano lo fanno in maniera pop, divulgativa e mediatica, inconsapevoli forse che, giocare a fare i filosofi, non fa diventare filosofi, tantomeno a vivere filosoficamente.
Il libro: un paradosso affascinante
Il libro rappresenta il paradosso più affascinante della storia tecnologica umana: nella sua apparente semplicità meccanica si nasconde la più sofisticata macchina di espansione mentale mai concepita. Come affermava Umberto Eco, "il libro è una macchina per pensare", non perché ci impone cosa pensare, ma perché ci insegna come pensare, attivando processi cognitivi che nessun algoritmo può replicare.
La guerra: se la conosci la eviti
La necessità di parlare della guerra con i più piccoli ai nostri giorni scaturisce dal fatto che è inevitabile che essi vengano a conoscenza di questi fatti dalla televisione, da internet, dai discorsi fuori e in casa, per questo motivo è indispensabile munirli della giusta chiave di lettura che sia principalmente compassionevole e umanitaria.
L’organizzazione non esiste (eppure lavora con noi ogni giorno)
Questo testo nasce da una riflessione personale sul concetto stesso di “organizzazione”. Non come struttura da disegnare, ma come forma vivente, emergente, mutevole. Lontano dalle astrazioni del management e dalle mitologie della performance, l’articolo esplora cosa accade quando chi lavora diventa anche autore del proprio contesto operativo. In dialogo implicito con pensatori come Edgar Morin e Amy Edmondson, e con un unico riferimento esplicito al libro “Organizzazioni aperte” di Alberto Gangemi, il testo mette in discussione la centralità delle regole, il culto del controllo, e la retorica della motivazione individuale. Ciò che emerge è una proposta radicale e concreta: ripensare il lavoro come spazio di progettazione distribuita. L’organizzazione, se esiste, è un verbo: accade, si modifica, si cura. O si diserta.
L’angoscia e il simbolo
Un dialogo tra Franco Fornari e Byung-Chul Han sulla crisi dell’umano contemporaneo
Carson McCullers, il genio celato della letteratura americana
Carson McCullers, the Concealed Genius of American Literature - Carson McCullers is known in Italy only to literature lovers, and even in the United States she is not well enough known and is hastily categorized as an exponent of a style, the Gothic Southern, to which Faulkner, Caldwell, Flannery O'Connor and Eudora Welty would also belong, and which would describe singular landscapes among plantations, violent climates, primal feelings.
Contiamoci: la comunità che non esiste
Oggi, domani, dopodomani. Il futuro. La misurazione e l’osservazione del tempo e di ciò che accade ci rende consapevoli che la realtà nella quale viviamo è questa, non un’altra, non quella di “ieri”. Inutile far finta che il contesto non stia condizionandoci. Guai però a dimenticare che eravamo diversi e per certi versi migliori, sicuramente eravamo più liberi, soprattutto di pensare. Riflettiamo su cosa potrebbe servirci per esserlo di nuovo, senza dover tornare indietro (Back to the Future).
La rete dei contatti e la rete delle persone
Reti di contatti, reti sociali, social network. Terminologie con significati diversi, spesso mescolati e confusi, quasi mai analizzati a fondo da chi frequenta abitualmente gli spazi sociali online. A comporre una Rete Sociale sono solitamente tanti individui (ma possono essere anche entità sociali come organizzazioni, istituzioni, ecc.) che non hanno ancora formato gruppi, tribù o comunità o che ne fanno già parte. Individui tra loro connessi attraverso tipi diversi di legami sociali. Legami familiari, affettivi, amicali, lavorativi o professionali. Legami non necessariamente profondi o positivi, spesso fondati su una conoscenza superficiale, affinità elettive, condivisione di interessi o di hobby, e che si manifestano in azioni fatte di interazioni, comunicazioni, scambi e relazioni.
Ubuntu e il Project Management Africano
Fulcenzio Odussomai Da un libro mai scritto, un capitolo senza numero e senza tempo. Il presente testo si offre al lettore come una scheggia fuori asse, un frammento sfuggito alla linearità del pensiero occidentale e alla tirannia della numerazione capitolare. Non è il sesto capitolo, né il primo, né l’ultimo. È un affioramento: un capitolo senza tempo, di un libro mai scritto. Un promemoria esistenziale, più che una teoria. A parlare, qui, non è il manager che progetta, ma il pensiero che abita la soglia tra le culture. E la voce che si leva è quella di Ubuntu.
Capovolgere il linguaggio
Credo che siano pochissime le persone che accendono ancora la televisione, e non riesco nemmeno a dar loro torto. Son diventate smart tv che danno accesso alle nostre piattaforme, con algoritmi rassicuranti: ci fanno vedere le cose che probabilmente ci piacciono di più.
La piuma e il vuoto
Una meditazione sull’esame di s: più invecchio, più sospetto che l’ossessione dell’autoesame sia figlia della paura, non del coraggio. Esaminiamo noi stessi per rassicurarci di esistere, per illuderci di sapere da dove veniamo e dove andiamo. Ma se l’esame di sé fosse un modo elegante per evitare il salto?