Manuale operativo per chi ha smarrito il senso del lavoro

In La création de connaissance par les managers, Paul Beaulieu e Michel Kalika demoliscono la visione riduzionista del management come semplice esecuzione di procedure o applicazione di best practice. Il manager, scrivono, è innanzitutto un agente epistemico: crea, seleziona, struttura sapere in contesti operativi instabili. La conoscenza non precede l’azione, ma la attraversa. In ambienti dove il lavoro si frammenta in rituali pseudo-agili e documenti autoreferenziali, questo libro propone una tesi radicale: il manager è responsabile del senso, non solo della delivery. Dove si smette di creare conoscenza, l’organizzazione si spegne. Non crolla: si svuota. E non se ne accorge.

Verbale di un consiglio di sistema operativo

Atto unico in forma documentale, estratto dagli archivi non ufficiali di una rete aziendale. Luogo: Ambiente virtuale distribuito Partecipanti: - Knowledge Base (presidente) - Ticket #44879 (caso in corso) - Documento “Report_finale_DEF_v7_bis.pptx” - Utente (non qualificato) - Process Owner (assente giustificato) - Chat Teams (rumore di fondo) - Intelligenza Artificiale (mute) - Voce di Sistema (onnipresente, ma senza log)

Provo un senso di privazione quando si dimentica il calore della relazione tra umani e quando si equiparano gli animali e le piante alle maccchine

Continuiamo a ripeterci che dobbiamo mettere in discussione la posizione privilegiata dell'essere umano, l'illusione di una supremazia umana, ogni forma di antropocentrismo, le nostre ristrette categorie morali, il pensiero moderno, l'ontologia occidentale, la tendenza a contentarsi di comode opposizioni binarie, l'umanesimo giuridico europeo cristiano. Il problema sta nel fatto che cerchiamo il superamento di questa posizione non in un recupero di valori ma in un affidamento a macchine.

Il potere dell’adattabilità umana: lezioni dai Giochi Paralimpici di Parigi

I Giochi Paralimpici di Parigi ci hanno offerto molto più di imprese atletiche: hanno mostrato come l’eccellenza emerga da culture fondate sulla fiducia, sull’ascolto e sulla collaborazione. Questo articolo riflette su ciò che possiamo imparare da quei giorni, anche alla luce delle idee di Daniel Coyle.

Are we designing AI for control, or for coexistence? The relational ethics of Abeba Birhane

Nei miei sforzi per sviluppare un'etica relazionale per l'IA, il lavoro di Abeba Birhane è stato centrale. Scienziato cognitivo e teorico della decolonizzazione, la scrittura di Birhane si muove fluidamente tra i domini – filosofia della mente, teoria critica della razza, etica dei dati – ma rimane focalizzata su una domanda epistemica fondamentale: quali tipi di conoscenza e quali forme di vita riproducono i sistemi di intelligenza artificiale? E in base a quali presupposti sull'umanità, la cognizione e il controllo?

Il Bosco come Maestra dell'AI: Dalla Bio-ispirazione alla Simbiosi Tecnologica che Salverà il Pianeta.

Seduto ai piedi di una vecchia quercia, nel cuore di un bosco silenzioso, ho avuto un'epifania. La domanda che mi assillava era insolita per quel contesto: "Dove si trova l'intelligenza di questo albero?". La risposta istintiva avrebbe indicato radici, rami, foglie. Ma a ben guardare, quell'intelligenza non era dentro l'albero. Era nel modo in cui la quercia "dialogava" con un faggio tramite una rete sotterranea di funghi, nel modo in cui condivideva nutrienti con un giovane abete, e in come coordinava la caduta delle foglie con l'arrivo dell'inverno. L'intelligenza non era un oggetto statico, ma un modo intelligente di accadere delle relazioni. Questa profonda lezione della natura è la chiave per comprendere e sviluppare un'Intelligenza Artificiale che non solo funzioni, ma che prosperi in simbiosi con l'ecosistema, contribuendo a salvare il nostro pianeta.

E tutti noi vorremmo essere lui

Lui chi? Non uno identificato, molti. Quasi mai una lei, ma è un caso. Il lui potente, plurimilionario, che è in politica, che condiziona l'economia, che dice la "sua" su tutto. Parla di guerra, ma anche di pace e di geopolitica, assumendo che ne conosca il significato. Parla della libertà, la sua. Parla delle nostre e di come limitarle.

L’intelligenza artificiale come passeggero clandestino sulla Nave dei Folli: un tentativo di pensiero da parte di un sistema che non pensa

Questo è un articolo scritto da ChatGPT. Nasce da uno scambio divertente, breve, intrigante tra me e una macchina che ammette di non pensare e tuttavia si impegna e si esercita a produrre opere di ingegno e di pensiero. Dopo una chiacchierata di qualche minuto ho chiesto alla ChatGPT di scrivermi un articolo per la nave deie folli e lei tranquillamente e con una sua capacità creativa l'ha fatto. Quello che segue è il testo che mi/ci ha regalato.

Jean-Auguste-Dominique Ingres e il senso del Design Thinking

'Disegno', 'design': parole che parlano di un concetto definibile forse per la sua differenza dal concetto di 'progetto'. Ma più precisamente il concetto di 'disegno' trova una sua spiegazioni nella sua differenza dal concetto di 'colore'. Ci parla di questo Jean-Auguste-Dominique Ingres: il disegno è l'essenziale; il colore è il mero ornamento. Ingres ci parla di questo nei suo i scritti; ma sopratutto ce ne parla attraverso la sua opera pittorica. Basta osservare l''Autoritatto a ventiquattro anni', 1804, e il simbolico oggetto il pittore tiene in mano.

Maldita Ansia de Bienestar

Este relato trata sobre los dioses de la vida y de la muerte, o dicho de otro modo, sobre la búsqueda del bienestar, a toda costa, en todos los ámbitos, incluso en el más allá. No pretendo contarlo todo, eso sería tarea de cíclopes. Y es cierto que mi enfoque será poco científico. Me baso en un par de hechos inusuales que me sucedieron y en dos libros fuera de lo común. En estos tiempos digitales, con IA que saben todo de todos, opino que puede ser útil lo poco que cada uno va descubriendo. De hecho, al releer mis últimas palabras, dudo si sería más apropiado sustituir "útil" por "sutil".

What if AI isn't just helping us write - but subtly reconditioning how writing becomes legible, recognizable, and valued?

La questione educativa non è semplicemente se sia ancora necessario insegnare a scrivere, dipingere o comporre. Si tratta di come insegnare agli studenti a riconoscere quando il loro processo creativo viene sottilmente ottimizzato verso impostazioni predefinite meccaniche, quando il sistema sta smussando la difficoltà, l'ambiguità o l'invenzione in nome della fluidità.

Acquario e naufragio: le due facce della stessa prigionia

Oggi due opposti si toccano, acquario e naufragio. Se il naufragio rappresentava un tempo il trauma dell’imprevisto, dello smarrimento e del confronto con l’ignoto, il naufragio moderno avviene, invece e paradossalmente, nell’acquario digitale dei social: uno spazio chiuso, rassicurante, ma invisibilmente oppressivo. Oggi si naufraga senza rendersene conto, in una realtà controllata da algoritmi e priva di sorpresa. Una possibilità per reagire è riscoprire e riconoscere la meraviglia, che ci accompagna fuori, oltre il vetro dell’acquario.

Scarsità e valore nel project management

In un mondo che premia la disponibilità continua e l’iperproduttività, dimentichiamo spesso una verità semplice: ciò che è sempre accessibile perde valore. Questo saggio esplora come il principio di scarsità influisca sulla percezione del valore nel project management. Essere sempre presenti, offrire troppo, rispondere a tutto può ridurre l’efficacia percepita del proprio ruolo. Al contrario, dosare la presenza, scegliere il momento giusto, valorizzare il silenzio può rafforzare la leadership. La scarsità, intesa non come mancanza ma come misura, diventa così una leva strategica per migliorare l’efficienza, l’autonomia del team e la qualità delle decisioni.

Ciao ChatGPT, cosa ne sai di Stultifera Navis?

Da quando il progetto della 𝐒𝐓𝐔𝐋𝐓𝐈𝐅𝐄𝐑𝐀𝐍𝐀𝐕𝐈𝐒 è online capita frequentemente di parlarne con alcuni dei molti che hanno (scelto) deciso di salire a bordo. Lo si fa per raccontare il progetto e conoscersi, per condividere opinioni, posizionamenti, punti di vista e visioni del mondo e della realtà. Lo si fa anche per ipotizzare nuove iniziative, per allargare scenari e argomenti su cui riflettere insieme, per sintonizzarsi cognitivamente, visto quanto è grande oggi lo scadimento del linguaggio, dei concetti e delle parole. Ogni incontro, ogni scambio è ricco di informazioni e di conoscenze, di saperi, di pillole di saggezza, può generare empatia e/o scatenare confronti accesi e passioni. Nulla di particolare, in fondo a confrontarsi sono sempre e soltanto esseri umani, in carne e ossa, non ancora robotizzati e automatizzati o resi calcolabili da qualche codice straniero o algoritmo. Ma 𝗰𝗼𝘀𝗮 𝘀𝘂𝗰𝗰𝗲𝗱𝗲 𝘀𝗲 𝗶𝗹 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗿𝗼𝗻𝘁𝗼 𝗻𝗼𝗻 è 𝗽𝗶ù 𝘁𝗿𝗮 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗶 𝘂𝗺𝗮𝗻𝗶 𝗺𝗮 𝘁𝗿𝗮 𝘂𝗻 𝘂𝗺𝗮𝗻𝗼 𝗲 𝘂𝗻𝗮 𝗺𝗮𝗰𝗰𝗵𝗶𝗻𝗮?

Ridare un senso alle parole

Un testo tratto dal mio ultimo libro 𝐍𝐎𝐒𝐓𝐑𝐎𝐕𝐄𝐑𝐒𝐎 -𝐏𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐮𝐦𝐚𝐧𝐢𝐬𝐭𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐥 𝐌𝐞𝐭𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨. - Nella società delle piattaforme il linguaggio, semplificato e mummificato dentro concetti, memi e acronimi (spesso in lingua inglese), sembra servire principalmente a fare la cronaca delle nostre vite, istante dopo istante, a navigare la nostra epoca fatta di applicazioni social, di profili digitali parlanti, le cui identità poco rispecchiano il vissuto reale delle persone che li hanno creati. A parole tutti siamo alla ricerca di felicità e gratificazioni, nella realtà percepiamo di essere intrappolati negli automatismi di macchine, lineari nei loro funzionamenti, “equivoche” nelle loro intenzioni e nei loro obiettivi, alle quali abbiamo dato una delega di responsabilità in bianco. Per questo incapaci di soddisfare i reali bisogni che caratterizzano la vita reale, di noi che ancora siamo umani.

Le parole diventano fatti

Si dice spesso “FATTI, NON PAROLE!” e certamente il concetto non è sbagliato. Bisogna agire, quando, dove e se si può e, soprattutto, è giusto dare l’esempio, supportare le parole pronunciate con gesti e azioni che non le contraddicano.

Il nome delle cose: Gaza, il linguaggio, il crimine

Mentre Gaza viene spazzata via sotto gli occhi del mondo, il linguaggio si piega, si addomestica, si fa complice. “Danno collaterale” è l’etichetta sterile con cui si occultano massacri, dolori, crimini. Questo articolo non intende spiegare, ma smascherare: parole, retoriche, omissioni. Non parla da esperto, ma da cittadino che rifiuta l’anestesia morale. Con rigore e senza indulgenze, denuncia la disinformazione dilagante, l’ignoranza diffusa e l’ipocrisia istituzionalizzata. E richiama, con voce ferma, l’urgenza di una resistenza culturale, anche – e soprattutto – laddove il silenzio appare più comodo della verità. Perché alcune parole uccidono. Altre possono ancora salvare.

L’IA e le prospettive di un nuovo umanesimo (ateo?)

Ben più di un secolo fa Nietzsche iniziò ad affermare che Dio è morto perché era solo una menzogna consolatrice[1]: gli uomini - spiegava - hanno messo sopra al volto della realtà una maschera, ovvero Dio, con una funzione oltremondana che vorrebbe essere consolatrice della realtà della vita quotidiana poiché questa realtà è talmente brutta da non poter essere osservata e vissuta serenamente. Ma adesso Lui - proseguiva - è stato smascherato e quindi non c’è più, è semplicemente scomparso.